La poesia “dialettale” secondo PPP, di Mario Brandolin

Pubblichiamo una recensione al volume, curato da Giampaolo Borghello e Angela Felice, Pasolini e la poesia dialettale, che arricchisce con una quarta uscita la collana Marsilio “Pasolini. Ricerche”, progettata dalla casa editrice veneziana in sinergia progettuale con il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia. Come per i precedenti numeri, la nuova pubblicazione raccoglie e riposiziona secondo un indice organico i contributi prodotti dagli studiosi convenuti a Casarsa per il convegno omonimo del 2012 (16-17 novembre).
La recensione, firmata dal giornalista Mario Brandolin, coglie l’occasione per riflettere anche sul ruolo decisivo svolto dal Pasolini poeta friulano sul futuro e sulle caratteristiche della lirica dialettale del secondo Novecento italiano.

di Mario Brandolin
www. messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/news/cosi-il-poeta-corsaro-sdogano-il-friulano
31 gennaio 2015

Caso più unico che raro nella storia del nostro paese, Pier Paolo Pasolini continua ad animare il dibattito culturale contemporaneo con la sua opera multiforme e con le sue riflessioni, ancora oggi di sconcertante attualità. Tra gli artefici del rinnovato interesse per la sua opera, c’è il Centro Studi di Casarsa a lui intitolato, che al suo ruolo di intellettuale interprete critico del suo tempo dedica, tra le molteplici iniziative, un convegno annuale di volta in volta, in modo specifico e approfondito, incentrato su un aspetto del suo pensiero e della sua produzione artistica.
Frutto di questi convegni una collana, “Pasolini.Ricerche”, edita dalla Marsilio, che in questi giorni si è arricchita di un nuovo volume, il quarto, Pasolini e la poesia dialettale, curato da Angela Felice e Giampaolo Borghello.
Come per i precedenti – Pasolini e la televisione (2011), Pasolini e il teatro (2012) e Pasolini e l’interrogazione del sacro (2013) – anche questa pubblicazione raccoglie i contributi dei tanti esperti che sono stati impegnati a riflettere con approcci disciplinari aggiornati, linguistici e letterari, sulla produzione lirica in friulano del giovane Pasolini, «esempio – come scrive nella premessa Angela Felice – della fondazione di un canone lirico valido o condizionante anche per la successiva ondata dei poeti neo-dialettali del secondo Novecento italiano». Con il suo primo lavoro in poesia, Poesie a Casarsa del 1942, 14 testi scevri di qualsiasi compiacimento vernacolare o popolareggiante, Pasolini rivendica al dialetto il suo statuto di “lingua pura per poesia”. Nel suo caso era il dialetto di Casarsa, idioma di periferia letterariamente vergine. «Con quella operazione – conclude Angela Felice – Pasolini fornì un geniale esempio di sublimazione a significatività universale del particolare locale e introdusse una sintesi poetica che poi connotò il fenomeno vistoso della poesia in dialetto del secondo Novecento italiano».

"Academiuta di lenga furlana". Emblema e motto
“Academiuta di lenga furlana”. Emblema e motto

«Fu un’influenza decisiva e imprescindibile – ricorda Giampaolo Borghello –: la scelta del friulano fu per Pasolini la ricerca di un linguaggio nuovo alternativo rispetto a una lingua letteraria come l’italiano considerata stanca, esaurita. La sua fu un’operazione assolutamente antifolcloristica, raffinata, il cui obiettivo fu quello di assicurare di fatto alla poesia in dialetto pari dignità di quella in lingua».
Pasolini dopo le prove degli anni ‘40 torna al friulano con la pubblicazione nel 1975 de La nuova gioventù, in cui ripensa anche il friulano. Per lui cosa sarebbe oggi il friulano? «Difficile dirlo – spiega Borghello –. Certamente quando ripubblica le poesie in friulano, le riscrive, perché quel linguaggio non corrisponde più al mondo idilliaco, al Friuli materno. Di fatto l’interesse per il linguaggio nell’ultimo Pasolini si lega indissolubilmente con la società che lo esprime, e quindi come questa degradato e omologato».
Perché Pasolini continua a “parlare” a differenza di tanti altri scrittori del nostro ‘900, praticamente spariti? «Io credo – risponde Borghello – che abbia influito molto la modalità della sua morte. La sua non è stata una carriera letteraria che si è andata spegnendo o esaurendo, ma fu interrotta bruscamente. Un taglio verticale che ha focalizzato l’attenzione soprattutto sul Pasolini eretico e corsaro, l’intellettuale ribelle, che però rischia di oscurare invece tanti altri interessanti aspetti della sua opera».