Enzo Lavagnini, responsabile dell’Archivio Pasolini di Ciampino, recensisce in modo ampiamente positivo il recente film di Antonio Andrisani e Pascal Zullino Il Vangelo secondo Mattei, che già nel titolo rinvia in modo strisciante al Vangelo di Pasolini girato a Matera nel 1964. Un film nel film e una commedia amara, per una fotografia dolente del nostro Paese di cui, tuttavia, auspicare il riscatto morale. Grazie all’autore per l’invio di questa sua analisi.
Che sorpresa questo Vangelo. Si sorride (amaro) tra Mattei e Pasolini
di Enzo Lavagnini
www.bookciakmagazine.it – 20 ottobre 2017
Davvero una piacevole sorpresa Il Vangelo secondo Mattei, film di Antonio Andrisani e Pascal Zullino. Una commedia amara sul nostro Sud, bello e dimenticato, che, con pazienza, semplicità e capacità, riconcilia col cinema. Una microscopica e sfigata troupe, un regista ed il suo aiuto (che poi sono gli stessi Andrisani e Zullino, entrambi nati a Matera), torna nella città d’origine con l’idea di realizzare un film portentoso, che dovrà far scandalo: nella terra dove Pasolini girò il suo Vangelo (1964), narrare la storia del “petrolio” lucano e dei suoi “loschi traffici”, avvalendosi delle considerazioni dello stesso Pasolini in Petrolio, incompiuta e postuma opera sull’oro nero.
Con la storia della Passione di Cristo in controcanto, si racconterà dunque delle estrazioni petrolifere che hanno reso una servitù la Basilicata; e con le opposte fazioni: chi ne contesta la nocività, per la salute e l’ambiente, e chi le difende per le concessioni che le compagnie pagano ai vari enti locali, per quel poco di benessere che portano.
In una Matera, incantevole ed eterna come sempre (con qualche cedimento consumistico al cliclé), e sempre in attesa di qualche film religioso (un barbiere è disperato perché i ragazzi non si tagliano più barba né capelli, nel caso ci fosse la possibilità di poter interpretare ruoli vari in film sul Messia), il regista – Alberto, cinico e filosofeggiante- sceglie come protagonista del film un anziano materano, Franco Gravela, settantenne che da ragazzino partecipò come comparsa al film di Pasolini.
Per il vecchio Franco, che dovrà interpretare nientemeno che il ruolo di Gesù, questa è la tanto attesa occasione del riscatto. Ha passato 40 anni in un ufficio, sentendosi però solo e sempre un “attore”; ora potrà appagare il suo desiderio e riscattarsi davanti agli occhi di moglie e figlio che lo ritengono pressoché un fallito. Franco riceve miseri 40 euro d’acconto ed è così già pronto a calarsi, contornato dall’imperituro scenario naturale della Basilicata, nel ruolo di un Cristo anziano e un po’ matto, che reclama rispetto per quella terra unica: «La Basilicata era un Eden … poi l’acqua è stata inquinata».
Il film nel film ha così inizio. L’atto d’accusa contro le compagnie petrolifere e quel che hanno fatto alla Basilicata dovrà essere, con fiction ed interviste “dal vero”, nelle intenzioni del regista, vigoroso ed emblematico. Purtroppo però, mentre Franco entra sempre più nella sua parte di Cristo, anche nella vita vera, attirandosi gli strali della moglie, il regista è invece molto “duttile” e poco coraggioso, nello stile di tanti altri “cinematografari” raccontati dal nostro cinema. Così, quando “qualcuno” (sempre gli stessi, poteri forti o gente di malaffare) comincia a sapere qualcosa del progetto, quando se ne preoccupa e lo minaccia apertamente, il regista intasca i soldi che gli hanno promesso per interrompere le riprese e scompare nella notte lasciando soli l’aiuto regista Savino e Franco. Per Savino è “solo” l’ennesima fregatura che riceve da Alberto in 30 anni di lavoro con lui, per Franco invece è un colpo quasi mortale che lo spingerà – per la quiete familiare – a pensare di accettare il ruolo di testimonial in un spot pubblicitario che non avrebbe mai voluto interpretare. Ma, dopo tutto, Franco Gravela è davvero molto tenace. Molto di più di “quelli” che sono venuti da fuori con un copione e poi se ne sono riandati via. Franco si vede e rivede tutto il girato del film (che Savino incavolato gli ha lasciato) e si convince sempre più di quelle tesi che parlano in difesa di quel territorio, da conservare intatto così come è stato creato e mantenuto per millenni.
Sorprendente, stravagante, acuto, fresco, Il Vangelo secondo Mattei si avvale di uno straordinario Flavio Bucci, in una parte che sembra disegnata sulla sua fisionomia eccentrica, sempre adeguato e mai fuori misura, e di Ludovica Modugno, sua moglie nel film, una professionista che ha poche eguali nel nostro cinema. E, diciamolo, perché non se ne parla quasi mai, anche di una ben ritmata sceneggiatura, mai banale, densa di felici allusioni e pastiche, opera di Antonio Andrisani, nonché di una bella fotografia di Rocco Marra.
I misteri del petrolio, da Enrico Mattei a Pasolini, il ruolo delle 7 sorelle e dei governanti, restano tali. Però si fa strada, sottotraccia, nelle cavità lucane traforate dai pozzi, un monito per tutti (il famoso, sempre attuale “messaggio”): preservare con attenzione una terra ed una città, Matera, Capitale europea della Cultura per il 2019, i suoi beni materiali, il paesaggio, l’ambiente, ed anche immateriali, ossia la sapienza millenaria, originale della sua gente, la sua cultura.
Fa la sua apparizione nel film anche Enrique Irazoqui, il Gesù del ’64, l’universitario catalano di 19 anni che Pier Paolo Pasolini volle per il suo Vangelo.
[info_box title=”Enzo Lavagnini” image=”” animate=””]regista, sceneggiatore, produttore e critico cinematografico. Suoi i documentari: Un uomo fioriva su Pasolini e Film/Intervista a Paolo Volponi. Ha collaborato con Istituto Luce, Rai Cultura e Premio Libero Bizzarri. Tra i suoi libri, Il giovane Fellini , La prima Roma di Pasolini. Attualmente dirige l’Archivio Pasolini di Ciampino.[/info_box]