Monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione del Vaticano, ha tenuto una conferenza alla Cattedra di Arte Sacra dell’Università messicana di Monterrey sul tema “Il volto di Gesù al cinema: storia, modelli narrativi, questioni intersemiotiche”. Nella nutrita serie dei film ispirati alla figura di Cristo, due pellicole in particolare sono state oggetto di analisi, Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini e Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli. Due opere che, anche per la diversità delle soluzioni linguistiche adottate e dello stesso riferimento ai testi sacri, evidenziano modi alternativi di rapportarsi alla materia sacra attraverso il medium cinematografico: con turbamento verso il mistero, nel caso di Pasolini; con sottolineatura della violenza del potere, in quello di Zeffirelli.
Michele Raviart, giornalista e collaboratore di Radio Vaticana, fornisce un chiaro resoconto della conferenza e del confronto tra le due pellicole che ne ha costituito l’intelaiatura.
Mons. Viganò all’Università di Monterrey: cinema luogo per “cercatori di Dio”
di Michele Raviart
www.vaticannews.va – 13 febbraio 2018
Luce e buio. Due opposti necessari per fruire della visione cinematografica e un’occasione per cercare «negli anfratti delle storie narrate quelle tracce di Dio da sempre inseguite dall’uomo». Da questo presupposto parte il ragionamento di mons. Dario E. Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, nella prima conferenza alla Cattedra di Arte Sacra dell’Università di Monterrey, in Messico. Un intervento dal titolo Il volto di Gesù al cinema: storia, modelli narrativi, questioni intersemiotiche, che analizza la storia di questa forma d’arte come un luogo anche per «cercatori di Dio», a partire proprio dalle pellicole con al centro la figura di Cristo o a questa ispirate.
Il cinema cristologico come specchio dei tempi
Dai pionieri Auguste e Louis Lumière, che filmarono una sacra rappresentazione pasquale nel 1897, al padre degli effetti speciali Georges Méliès, dal kolossal Il Re dei Re di Cecil B. De Mille alla visione popolare de La più grande storia mai raccontata di George Stevens, passando per Jesus Christ Superstar, «emblema dei fermenti anticonformisti e pacifisti della cultura hippy» e per il cinema di Robert Bresson, «la storia del cinema cristologico dà forma alle domande e alle tensioni culturali e intellettuali dei vari momenti storici nei quali un’opera prende corpo». Due in particolare i film sui quali si sofferma l’analisi di mons. Viganò: Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini del 1964, che prende le mosse direttamente dal testo evangelico e Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli del 1976, «che si colloca in una prospettiva di rilettura unitaria delle storie/interpretazioni di Gesù perdendo il proprium del testo sacro».
Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini
Un processo di traduzione intersemiotica dal linguaggio scritto della Parola a quello non linguistico delle immagini e del sonoro, che con Pasolini nasce con La ricotta, episodio del film collettivo Ro.Go.Pa.G. del 1963 e che matura con il lungometraggio dell’anno successivo, «in cui recupera lo scandalo e la bellezza del messaggio evangelico contestualizzandolo nel Sud d’Italia, tra gli sguardi trasparenti di attori non professionisti». Nel film lo sguardo dello spettatore è quello degli apostoli e in particolare quello di Giovanni. Durante il processo a Gesù «ci sentiamo con lui sballottati tra la folla di chi assiste, guardiamo e ascoltiamo in modo imperfetto, come se davvero fossimo lì, incapaci di cogliere l’insieme e di dare ordine agli eventi».
La scelta di non mostrare la morte di Cristo
Significativa e conseguente a questa impostazione la scelta di non mostrare la morte di Cristo. «Pasolini ha evidenziato meglio di ogni scritto teologico che la morte di Gesù, e dunque la sua obbedienza al Padre, il suo amore straordinario per ogni uomo, è talmente centrale nella storia dell’umanità che a essa non è possibile accedere con lo sguardo: di fronte a essa abbiamo una sorta di estraniazione perché la morte in croce, luogo di rivelazione della gloria del Padre, esige il superamento di uno sguardo che diviene ascolto», afferma mons. Viganò. « e per questo Pasolini, con una scelta registica assolutamente anticinematografica, chiude l’obiettivo e mostra il nero».
Il Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli
La pellicola di Zeffirelli, seppure connotata da «una minor capacità di spingere strutturalmente lo spettatore a risalire con cuore indietro fino alla fonte dell’originale», pone invece l’accento su «violenza e ipocrisia del potere». La flagellazione di Cristo viene infatti alternata con il dialogo tra Pilato e il rappresentante del Sinedrio e «la violenza nei confronti di Gesù, la sua esposizione ai colpi, viene letteralmente vista dall’alto (non dal basso, dal popolo, come in Pasolini) e cioè attraverso lo sguardo di Pilato e del suo interlocutore, con un’inquadratura in soggettiva». Allo stesso modo vediamo lo scherno dei soldati dal punto di vista di Gesù, che, quando viene riportato davanti a Pilato dopo la tortura, appare nella «luminosità della sua figura di agnello sacrificato, che prelude però già alla luce della Resurrezione». Il punto di forze di Gesù di Nazareth, conclude mons. Viganò, «sta nella capacità di rileggere la violenza nella Passione, con una chiave di lettura che parte dalle inquietudini di ogni tempo e di ogni luogo che con la violenza del potere hanno dovuto ripetutamente e tragicamente confrontarsi».
[info_box title=”Dario Edoardo Viganò” image=”” animate=””](27 giugno 1962, Rio de Janeiro) è Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede dal 27 giugno 2015. È stato Direttore del Centro Televisivo Vaticano – CTV dal 22 gennaio 2013 al 21 dicembre 2015.
Professore ordinario di Teologia della comunicazione presso la Pontificia Università Lateranense, è stato Preside dell’Istituto pastorale “Redemptor Hominis” dal 2006 al 2012 e Direttore del Centro Lateranense Alti Studi – CLAS. Dirige con Emilio Carelli il Master in “Digital Journalism”, organizzato dal CLAS – Pontificia Università Lateranense (dal 2013).
Docente di Linguaggi e mercati dell’audiovisivo presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’università LUISS “Guido Carli” di Roma (dal 2005 al 2015), è membro del Comitato direttivo del Centro di ricerca Centre for Media and Communication Studies (CMCS) “Massimo Baldini” (oggi Centre for Media and Democratic Innovations “Massimo Baldini”).
Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo – FEdS e Direttore della «Rivista del Cinematografo» dal 2004 al 2013, negli stessi anni è inoltre Presidente della Commissione Nazionale Valutazione Film della Conferenza Episcopale Italiana – CEI. Dal 2013 è membro del Consiglio di Amministrazione FEdS con delega all’Editoria.
Consigliere di Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia – CSC dal 2008 al 2012, con delega alla Cineteca Nazionale e all’Editoria, è stato anche Membro della Sottocommissione per il Riconoscimento dell’Interesse Culturale (sezione Lungometraggio) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dal 2006 al 2011.
Socio Corrispondente dal 2010 della Pontificia Academia Theologica, è autore di numerosi studi dedicati all’analisi del rapporto tra i media e il mondo cattolico, con particolare attenzione al cinema.[/info_box]