I “nasoni”, fontanelle romane a cielo aperto per il cinema, da Pasolini a Scola e Benigni

Sull’edizione romana del “Corriere della Sera” un divertente articolo di Paolo Conti rinverdisce il mito delle fontanelle che punteggiano Roma con i loro generosi getti d’acqua gratuita per cittadini, passanti e turisti assetati. Inconfondibili arredi urbani, questi “nasoni” sono stati immortalati anche dai tanti film ambientati nella Capitale, di cui sono un simbolo immancabile  e unico. Tra questi film, anche Accattone di Pasolini.

I nasoni, vere star del cinema italiano presenti nei film di Pasolini e Scola
di Paolo Conti

http://roma.corriere.it – 1° luglio 2017

I nasoni non fanno parte solo della storia di Roma moderna, da quando il primo sindaco di Roma Capitale unitaria Luigi Pianciani li ideò e li volle nel 1874 per dissetare gratis i cittadini. Ma le fontane pubbliche in ghisa rappresentano anche importanti capitoli della storia del cinema italiano: Roma è da sempre una location ricercata da tanti registi, e inevitabilmente i nasoni sono comparsi su tanti set.

Un "nasone" a Roma
Un “nasone” a Roma

Nel caso di Campo de’ Fiori di Mario Bonnard, girato nei primi mesi del 1943 e uscito nelle sale il 24 giugno di quell’anno (quindi appena un mese prima del Gran consiglio del 25 luglio e della caduta di Mussolini), il nasone è un muto protagonista. Assiste alle scaramucce tra la fruttivendola Elide-Anna Magnani e il pescivendolo Peppino-Aldo Fabrizi, i due si appoggiano alla fontanella, si spintonano, litigano. Passeranno due anni esatti e i due si ritroveranno sul set dell’assoluto capolavoro Roma città aperta di Rossellini in un clima lontanissimo dal buonismo bonnardiano, e fa impressione pensarlo. Ma quella lite Magnani-Fabrizi, e quel mercato con lo storico nasone fanno parte della memoria collettiva di tanti cinefili.
Altro nasone-divo è quello in via dei Fienili, sopra la breve scalinata di piazza della Consolazione. Appare in C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, del 1974, sta di fronte alla mitica trattoria «Il re della mezza porzione» dove, da giovani, si sfamano Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores. Un monumento, insomma. E solo una città sciatta e volgarizzata come la Roma del Terzo Millennio avrebbe potuto immaginare di scansarla di lì per non ostacolare la vittoria di Tavolino Selvaggio del ristorante vero: accadde nel luglio 2014, ci volle una mezza rivolta degli abitanti per evitare lo scempio. Roba che in qualsiasi altra città un pezzo del genere verrebbe celebrato da una targhetta collocata accanto. Ma questa è la Roma d’oggi, dove ogni arbitrio non solo è immaginabile, ma possibile.
Un genio come Pier Paolo Pasolini, che venerava Roma, non avrebbe potuto tralasciare una sequenza con un nasone. In Accattone, del 1961, ne compare uno della Borgata Gordiani, e c’è anche una foto sul set dello stesso Pasolini appoggiato alla fontanella durante le riprese. È l’acqua della borgata, simbolo dell’emarginazione di chi vive senza servizi essenziali. Immortale la Fontana delle Tre Cannelle, sulla scalinata della Cordonata, che nel 1958 abbevera I soliti ignoti di Mario Monicelli poco dopo il “clamoroso” colpo intorno al quale ruota tutto il film.
C’è un nasone in Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, 1948. In Il piccolo diavolo di Roberto Benigni, del 1988, c’è il Giardino degli Aranci con la sua fontanella. Carlo Verdone, nel 1986 in Troppo forte, ci si lava dopo una gara di moto. Altri nasoni troneggiano in Brutti, sporchi e cattivi, del 1976 di Ettore Scola, e in Dramma della gelosia, del 1970, sempre di Scola. Come avrebbero fatto, tutti questi registi, con i nasoni all’asciutto?