Dalla Calabria bandita di PPP a quella tradita della Lanzetta, di Gioacchino Criaco

Dalla Calabria bandita di Pasolini a quella tradita della Lanzetta
di Gioacchino Criaco
http://www.zoomsud.it/  – Martedì, 9 luglio 2013
Scriveva Pasolini nella sua lettera dalla Calabria: “Anzitutto a Cutro, sia ben chiaro, prima di ogni ulteriore considerazione, il quaranta per cento della popolazione è stata privata del diritto di voto perché condannata per furto: questo furto consiste poi nell’aver fatto legna nella tenuta del barone. Ora vorrei sapere che cos’altro è questa povera gente se non ‘bandita’ dalla società italiana, che è dalla parte del barone e dei servi politici? E appunto per questo che non si può non amarla, non essere tutti dalla sua parte, non avversare con tutta la forza del cuore e della ragione chi vuole perpetuare questo stato di cose, ignorandole, mettendole a tacere, mistificandole”.
La Lanzetta (sindaco di Monasterace, ndr.), nella sua missiva da Monasterace, dice di lasciare per “le ragioni dei principi che stanno alla base della mia esistenza umana, professionale e amministrativa: lavoro, giustizia sociale, cultura e rispetto dell’uomo e della donna in quanto tali. Principi che ho appreso dai miei genitori e da molti uomini e donne che hanno sacrificato sacrificati la loro vita per rispettare i principi su cui avevano fondato la loro esistenza. Purtroppo queste scelte, quando non vengono comprese, conducono anche a perdere le amicizie di una vita e al peso della solitudine, ma sono il pilastro su cui è possibile poggiarsi per conservare la Libertà del proprio agire umano e amministrativo”.
Le lettere rivelano la stessa Calabria, a distanza di mezzo secolo. Una terra fuori dal contesto nazionale, per fatti suoi nemmeno di frontiera. L’una “bandita”, incompresa, ignorata e mistificata. L’altra tradita dal suo interno e, sostanzialmente, abbandonata al suo destino dalla politica nazionale, vicina solo a parole e parate. L’una, comunque, amata e difesa, nella sua gente, da una generazione di intellettuali liberi da pregiudizi, impegnati e curiosi. L’altra trattata con superficialità, se non vilipesa, da una letteratura e un giornalismo oziosi, da scrivania. L’una con una politica che capiva i bisogni, ed era vicina alla gente, e anche se non risolveva comprendeva, Amendola incredulo raccontava del pane nero di Africo. L’altra, con una politica che prescinde dai calabresi e parla solo ai rappresentanti istituzionali, possibilmente quando sono accomunati dalle stesse bandiere.
L’una, romantica, di quando il popolo si ribellava alle regole contro l’oppressione del padrone e dei servi politici. Di quando, a dispetto delle tesi antropologiche e di quelle apocalittiche, della ‘ndrangheta, dal Pollino fino al passo della Limina non c’era nemmeno la puzza, nel crotonese i reati più gravi erano il pascolo abusivo e il furto di legna e Catanzaro rincorreva il suo record mondiale di assenza di omicidi, due in 40anni, Silipo e Malacaria (per altro, forse, di matrice politica). Di un tempo in cui si lottava per le terre e le idee, in modo spontaneo senza il gagliardetto di un partito o di un’associazione. Di quando i calabresi erano ancora vivi.
L’altra, la nostra, stracciona e opportunista, in cui il popolo non esiste più, la mafia è considerata immanente e o stai di qua o di là. E non c’è spazio per proteste o discussioni, e di altro non si può parlare se non dentro un dibattito soffocante di mafia e antimafia.
E poi, non ci sono più i Pasolini, gli Amendola. Non esistono figure di riferimento né a destra né a sinistra. Il giorno della Civetta è tramontato oltre Gomorra, il popolo non ruba per sfamarsi ma per avere l’ultimo iPhone, e la gente se ne frega del voto senza bisogno che le sia tolto il diritto. E nel reggino, fra dimissioni e scioglimenti, votare è diventato inutile.
Così, evito sempre di essere amaro, ma stavolta ci vuole. Non so se alla fine la Lanzetta mollerà davvero o se, in un tripudio di speranze, con la Boldrini si rilancerà la sfida. Non ho retro-pensieri, o notizie altre, ma credo che il sindaco di Monasterace non voglia mollare, solo, per il voto contrario di un suo assessore, alla costituzione di parte civile in un processo. Se lascia, lascerà perché è sola, come sole sono le amministrazioni comunali calabresi, prive di mezzi per dare risposte concrete, lontane da un popolo stanco, che non crede più a nulla, sommerso dalle chiacchiere e senza nemmeno un bosco in cui rubare legna o un barone contro cui bestemmiare. Banditi e abbandonati, abitanti di un mondo a parte, con politici, istituzioni e intellettuali che non sanno più di che colore sia il pane calabrese.