Attilio Lolini, poeta recensito in gioventù da Pasolini, di Matteo Fais

Attilio Lolini, classe 1939, è voce unica e inconfondibile della poesia italiana contemporanea. Recensito giovanissimo da Pier Paolo Pasolini, il 19 luglio 1974, per la raccolta Negativo parziale [ora in Descrizioni di descrizioni],  Lolini anticipa di svariati decenni il disincanto dell’epoca definita di morte delle ideologie, con versi in cui mescola il compiaciuto ripiegamento su se stesso alle invettive contro un Occidente ormai al tramonto.
Sulla poesia di Lolini interviene in un suo breve saggio Matteo Fais, che non manca di storicizzare la posizione critica di Pasolini, il quale su Lolini aveva espresso non poche riserve e un giudizio di sostanziale manierismo.
 

Attilio Lolini: la voce giovane di un vecchio poeta
di Matteo Fais

www.lintellettualedissidente.it – 3 dicembre 2016   

Parlare di un poeta e non di uno tra i tanti, ma di questo incatalogabile versificatore che è stato e continua a essere Attilio Lolini (Siena, 1939), non è impresa da poco. Ne tentò un inquadramento critico, nel ‘74, già Pier Paolo Pasolini nella sua rubrica letteraria sul settimanale “Tempo” (oggi reperibile in Descrizioni di descrizioni), definendolo un «tardo frutto», «un’assurda fioritura fuori stagione» della contestazione anni Sessanta, la cui poesia discenderebbe dal solco aperto da La ginestra di Leopardi. Difficile esprimere il proprio giudizio dopo l’autore di Una vita violenta. Eppure sono convinto che, ex post e avendo ormai il poeta una vasta carriera alle spalle, sia più facile tentare un’esegesi della sua arte, essendosi venute a creare le condizioni per osservarla da una distanza che non ne deformi i connotati. La sua produzione è andata peraltro avanti, ben oltre la morte di Pasolini, e solo una serie di teorizzazioni recentissime ci aiutano a comprendere meglio uno spirito che era già presente fin dai primi versi di Lolini e la cui attualità può essere intesa pienamente solo ora. Pasolini, le cui parole sul conto dell’allora giovane poeta oscillano tra la carezza sfiorata e una malcelata presa di distanza, sono purtroppo eccessivamente deviate da una lettura ideologica che, se aveva una sua ratio illo tempore, è oggi fortunatamente trapassata. Il recensore aveva il difetto di inquadrare il poeta nel senso delle sue affinità, o divergenze, rispetto allo spirito della contestazione allora conclusasi relativamente di recente. In realtà, il Lolini ha poi dimostrato col suo lavoro di essere anni luce avanti da tutte le categorizzazioni ancora vive in quella contingenza storica. Lo sguardo dell’autore di Petrolio è, bisogna dirlo, quello di un occhio che scruta il poeta sul fondale del passato remoto, senza riuscire a scorgerlo con lungimiranza mentre muove i suoi passi verso il futuro della letteratura. Ma procediamo con ordine…

Attilio Lolini. Un ritratto
Attilio Lolini. Un ritratto

Leggendo Attilio Lolini per la prima volta, mi è subito venuto in mente un passo del primo romanzo di Michel Houellebecq. Con ciò non voglio certo dire che Lolini sia stato un Houellebecq italiano ante litteram, sia detto per inciso. Ma c’è un pagina di Estensione del dominio della lotta che ritengo fondamentale mettere in parallelo col racconto della realtà che fa il nostro poeta. Si sta parlando di cosa è diventato il mondo, dopo la fine delle grandi ideologie e narrazioni (destra, sinistra, Chiesa, Stato, ecc), una volta che siamo passati dall’essere individui sociali a esseri atomizzati:

Questo progressivo sbiadire delle relazioni umane non manca di porre qualche problema al romanzo. Come si potrà, infatti, perseguire la narrazione di passioni focose, sviluppate lungo svariati anni e talvolta in grado di far sentire i propri effetti su diverse generazioni? Il meno che si possa dire è che siamo lontani da Cime tempestose. La forma romanzesca non è concepita per ritrarre l’indifferenza e il nulla; occorrerà inventare un’articolazione più piatta, più concisa e più dimessa.

Eccoci dunque al punto! La poetica delineata dal noto romanziere e poeta francese è, si potrebbe dire, quella che senza previa fondazione teorica era già contenuta in nuce nelle lirica del Lolini. Ciò che Houellebecq ha fatto a livello narrativo e poetico dai primi anni ‘90 del secolo scorso, ovvero «cercare una forma più piatta, più concisa e più dimessa» per descrivere la mutazione antropologica dell’Occidente, Lolini l’aveva già messo in atto almeno trent’anni prima. Non stupisce pertanto che tutto il lavoro del poeta italiano abbia quel tono particolare da poesia estemporanea, volutamente senza pretese, fino ad assumere a volte la forma di una filastrocca improvvisata da un ragazzaccio che abbia bevuto qualche bicchiere di troppo. L’impressione che lascia è di essere il frutto di un’emozione transitoria, vissuta in un determinato frangente della giornata (in questo tempo/ separato, diviso/ che esiste solo/ per se stesso). Insomma, pare un poco buttata lì sull’onda di una percezione minima, fissando fuori dalla finestra, camminando per una strada anonima, tornando a casa dopo essere andati a comprare le sigarette. Ma ripeto, non vi è motivo di meraviglia in tutto ciò: non è più tempo di narrazioni in grande stile, dall’architettura complessa e l’andamento epico.
Pasolini chiaramente non poteva capire sentimentalmente, se non in senso negativo, questo nuovo filone che si stava venendo a creare (sia detto senza volontà di biasimo). Ognuno ha il suo tempo, di cui è vittima e megafono. Temo del resto che neanche un Sartre in Francia, per esempio, avrebbe compreso un tal modo di declinare la poesia. Lui che in Che cos’è la letteratura traccia una distinzione così netta tra autori ribelli e rivoluzionari, gli uni borghesi snob innocui e intrattenitori dall’estetismo fine a se stesso, e gli altri invece a fare letteratura impegnata, engagée, con scritti dalla funzione eminentemente pratica e sociale. Non voglio certo dire che quanto detto dal filosofo francese siano sciocchezze. Il problema con Sartre, come con Pasolini, è il loro provenire da un’epoca completamente diversa da quella di Lolini e dalla nostra, un’epoca ideologizzata appunto. Un poeta, per porsi nel ruolo di vate, di guida, e “spiegare l’uomo di una determinata contingenza storica ai suoi contemporanei”, deve, se non altro, avere una platea. Ecco il punto: oggi lo scrittore non ha più una platea e meno che mai ce l’ha il poeta. Che rivoluzionario potrà mai essere uno scrittore di versi che ci metterà dieci anni per vendere mille copie di un suo volume di appena cinquanta pagine? Bisognerebbe prendersi troppo sul serio per poter pensare realmente di avere un impatto sul paese reale facendo poesia. E giustamente Lolini, troppo intelligente per pensarsi come altro dalla voce di un singolo e insignificante individuo disperso nella folla, scrive:

accuratamente esaminai lo scartafaccio
tutti questi fogli
che fecero della mia vita
un contorto assurdo rigo
di vanità e menzogne
storie indecifrabili
paroline parolette.

Oppure, sempre più impietoso verso se stesso:

discutiamo sul linguaggio
parole più spente di queste
fatte con i succhi
delle menzogne imparate
nelle scuole d’occidente.
pubblica pure
anche io ho scritto
un chilo e mezzo
di poesia
ma confesso che non ho vissuto.

Cosa potrà mai pensare di se stesso un autore, oggi come oggi, quando si sveglia e al mattino si guarda nello specchio, se non quello che si chiede Lolini in un suo verso: «chi è mai quella/ faccia di merda.
Ciò che Pasolini definisce «la scarsità di sentimento civile e rivoluzionario dei letterati italiani. La loro inettitudine all’entusiasmo e all’amarezza, all’illusione e alla rabbia» è cifra comune e ampiamente giustificabile di tutta una generazione di poeti che va formandosi in Italia, almeno dagli anni ‘70 in poi. Uno degli ultimi e migliori risultati in tal senso è, per esempio, Simone Cattaneo, giovane poeta morto suicida a trentacinque anni.
Effettivamente, si percepisce un certo qual comune idem sentire tra lui e Lolini. Entrambi si muovono in un orizzonte alienante fatto di sofferenza esistenziale, panorami di città desolate, nevrosi, sfinimento vitale, sigarette e bar, centri commerciali, consapevolezza della propria inefficacia sociale come intellettuali: uno spleen trasandato e privo di qualunque solennità poetica. Più ironica forse l’amarezza di Lolini, più tormentosa quella di Cattaneo, ma al di là delle differenze personali credo che entrambi i poeti siano perfettamente rappresentati dai versi del primo quando dice:

volevo fare versi alati
poesie di protesta
ma mi mancava la testa
per essere vate
parole insalivate
parole risibili
versicoli.

"Carte da sandwich" di Attilio Lolini
“Carte da sandwich” di Attilio Lolini

Sussiste comunque in Lolini una forte venatura sociale e politica, parallela al compiaciuto ripiegarsi su di sé e alla presa d’atto della propria impotenza. Dunque vediamo alternarsi passi quali

i poveri come si odiano tra di loro
egregio Ingrao,
I politici, i deputati, i presidenti
che adorano eiaculare dalla bocca

a

finita l’età strana e confusa
che per comodo
e pigrizia
chiamano gioventù
[…] sono fiorito
un idiota qualunque […]
le parole sempre meno
esorcizzano il niente […]
mi succhio il dito
mi arriccio i capelli
mi guardo spesso il cazzo
che ciondola inerte

Quando addirittura i due aspetti convivono e a una riflessione sulla vecchiaia

cosa faremo dei giorni che rimangono
dove troveremo il coraggio
per portare in giro questo corpo
un po’ ripugnante
oramai sfiorito
è questa l’età che deforma
gli specchi ridono malvagi
ci fissano da spazzi di ironie sconfinate

si mescola l’acrimonioso rifiuto dell’universo antropologico culturale in cui siamo immersi

abitare la necropoli abitare l’occidente
tira la somma è zero
inventario di banalità e menzogne

Chi è cresciuto nel post ‘68 o chi ha conosciuto la fine delle grandi illusioni, quando il nichilismo e la disillusione hanno raggiunto il proprio zenith, non potrà pertanto non sentire vicino la voce insolita e quasi unica del Lolini. Non ci si faccia ingannare dalla sua età anagrafica che ce lo fa vedere come un padre o un nonno. Egli è immensamente più giovane di tanti ventenni e trentenni che oggi prendono in mano la penna. Sicuramente un coetaneo di Cattaneo, se pur di diversa generazione. La sua attualità vi lascerà di stucco e farà improvvisamente ingrigire i capelli di molte delle giovani reclute.

[idea]Info[/idea]Di Attilio Lolini si consigliano la lettura dell’auto-antologia Notizie dalla necropoli. Poesie 1974-2004 e del recente Carte da sandwich, entrambi pubblicati da Einaudi. Esistono inoltre altre piccole raccolte nelle Edizioni L’Obliquo (www.edizionilobliquo).

Breve antologia

Forse ci scordammo di vivere
fedeli ai nostri vizi
alle ombre discendenti
della sopravveniente notte.
Ora la vita la richiedi
ma è tardi se ne va
canto, altra età non c’è
che questa, lacerata 

Barattoli

Aspettiamo l’alba
come avesse
riccioli e parrucche
mettendo giù versi
senza profumo
come fiori d’erboristeria
la gente sorride
ai giorni allineati
come barattoli nei supermercati

La muffa

Questo è un paese immobile
un catalogo della muffa
dicono che è tempo di iniziare
non importa cosa
come quando andava
alla tabella dei treni
tanto per far intendere
che non sarebbe partito.

[info_box title=”Attilio Lolini” image=”” animate=””]è nato in provincia di Siena nel 1939, dove tuttora risiede a San Rocco a Pilli. Giornalista dell’”Unità” e del “Manifesto”, critico musicale e librettista, editore dei “Quaderni di Barbablù”, è soprattutto poeta e pamphlettista, oltre ad aver tradotto testi simbolisti e contemporanei. Tra le sue prime opere, Negativo parziale, 1974; Notizie dalla necropoli, 1976; I resti di Salomé, 1983. Ha pubblicato numerose plaquette poetiche, prevalentemente con le Edizioni L’Obliquo, tra le quali una traduzione-rivisitazione dell’Ecclesiaste. Insieme a Sebastiano Vassalli ha inoltre pubblicato, in prosa, Belle lettere (Einaudi 1991). Nella Collezione di poesia Einaudi è uscita nel 2005 l’antologia Notizie dalla necropoli (1974-2004), un’antologia di testi selezionati dallo stesso autore per rappresentare trent’anni di scrittura poetica, che gli ha valso i premi Viareggio e Mondello nel 2005. Nel 2013 per Einaudi  è uscito l’ultimo suo libro di poesie dal titolo Carte da sandwich.
La sua è una poesia caratterizzata spesso dal sapore beffardo ed ironico di una marginalità operaia e contadina disincantata, che consuma il suo vivere  nella pena di vedersi vendere in un mercato dove nessuno la vuole comprare.
La scrittura di Lolini, in apparenza leggera, non conforta, anzi s’interroga sui perversi rapporti quotidiani con il potere, che, arrogante  e gonfio di vanità, lacera l’esistenza umile del mondo e uccide la speranza della poesia. [fonte www.andrealucani.it].[/info_box]