Sullo scaffale. “Per indegnità morale” di Anna Tonelli

Spesso le biografie di Pier Paolo Pasolini hanno riportato ricostruzioni parziali o anche errate dei cosiddetti “fatti di Ramuscello”, l’episodio all’origine dello scandalo che determinò una traumatica cesura nella vita friulana del giovane poeta, con la conseguente decisione di fuggire da Casarsa e di trasferirsi con la madre a Roma. La tormentata vicenda è al centro del recente saggio Per indegnità morale. Il caso Pasolini nell’Italia del buon costume (Laterza) la cui autrice, Anna Tonelli, docente di Storia contemporanea all’Università di Urbino, getta luce  su quei fatti con rigore storiografico e accurata documentazione d’archivio.  Qui di seguito una intervista rilasciata dalla studiosa a Roberto Carnero per “Il Piccolo” del 28 novembre 2015.     

Lo scandalo di PPPP. Vita e letteratura da comunista indegno
di Roberto Carnero

www.ilpiccolo.it  – 28 novembre 2015

Finora le biografie di Pier Paolo Pasolini hanno riportato ricostruzioni parziali e spesso errate dei cosiddetti “fatti di Ramuscello”, l’episodio all’origine dello scandalo che costò al poeta friulano una denuncia per atti osceni in luogo pubblico e corruzione di minori, la radiazione dal Partito comunista italiano, la perdita dell’incarico di insegnamento nella scuola media di Valvasone e la sofferta decisione di trasferirsi a Roma. Il libro di Anna Tonelli, Per indegnità morale (Laterza, pp. 160) , fa finalmente luce su quei fatti, ricostruendoli su documenti d’archivio (molti dei quali consultati e resi noti per la prima volta) e soprattutto su quella che fu la reazione del Pci. Tra i molti volumi usciti attorno al 40° anniversario della morte di Pasolini, questo è senza dubbio uno dei più interessanti. Lo hanno capito anche i lettori: a pochi giorni dalla prima edizione, l’editore ha dovuto ristamparlo. Ne parliamo con l’autrice, docente di Storia contemporanea all’Università di Urbino “Carlo Bo”.

"Per indegnità morale" di Anna Tonelli. Copertina
“Per indegnità morale” di Anna Tonelli. Copertina

Professoressa, vogliamo ricordare innanzitutto la dinamica dei fatti?
L’episodio va ricondotto al 30 agosto, e non al 30 settembre 1949, come si legge nelle biografie. Pasolini si reca alla festa patronale di Santa Sabina, un rito che ha sempre affascinato lo scrittore amante della socialità, del ballo, della spontaneità contadina. Alla sagra paesana incontra un gruppetto di ragazzi che conosce. Offre loro delle paste e dell’uva, e poi si apparta in campagna con quattro minorenni, due di 16 anni e due di 15 che accettano le richieste sessuali del poeta, una masturbazione di gruppo. Per Pasolini scatta l’accusa di corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico.

Da chi venne l’iniziativa della denuncia?
Dai Carabinieri, anche in assenza di denuncia da parte dei genitori dei ragazzi. Dalle carte e dai documenti che ho visionato, emerge con chiarezza che il rapporto dell’Arma fu sollecitato da altri, verosimilmente dagli avversari politici di Pasolini, che carpirono la “chiacchiera” di paese e compresero che poteva essere un’arma formidabile per screditare un autorevole esponente comunista.

Lei sostiene che si trattò di una “trappola democristiana”…
Sì, i dirigenti democristiani utilizzarono questo episodio per dimostrare che tutti i comunisti erano immorali, insensibili al senso del pudore e sprezzanti di tutte le regole sulla correttezza dei comportamenti. Il fatto che fosse coinvolto un intellettuale come Pasolini costituiva una prova ulteriore e perfetta per gettare fango sui “nemici”. In una realtà “bianca” come quella friulana, un’accusa del genere aveva ancor più risonanza e permetteva di sbarazzarsi di un oppositore temibile, grande affabulatore e abile oratore.

Come reagì la comunità di Casarsa?
L’episodio fu rilanciato anche dai giornali e qualcuno dei testimoni racconta che ci fu addirittura lo strillonaggio dei titoli in paese. La “piccola patria” rimase sorpresa e sconvolta. Pasolini fu esonerato dall’insegnamento nella scuola media di Valvasone, anche se un gruppo di genitori scrisse un appello al Provveditore per far revocare la sospensione. Ma l’onta era troppo pesante e Pasolini fuggì da Casarsa repentinamente.

Come si concluse il procedimento giudiziario?
Pasolini fu assolto sia dall’accusa di corruzione di minorenni che da quella di atti osceni in luogo pubblico, con una sentenza emessa l’8 aprile 1952, ovvero quasi tre anni dopo i fatti di Ramuscello, mentre lo scrittore era già a Roma e aveva appena firmato il primo contratto per un’antologia della poesia dialettale del Novecento, elogiata da Montale. Questo fu il primo di una lunga catena di processi, molti dei quali con ipotesi di reato assurde e fantasiose.

Perché Pasolini fu radiato “per indegnità morale” dal partito a cui si era dedicato anima e corpo negli anni precedenti?
Il Pci considerava il comportamento privato come una prova dell’affidabilità politica. Chi agisce scorrettamente nel proprio quotidiano non può aspirare a una carriera politica. Un principio che rispecchia il rigorismo comunista, ma che nasce anche dalla necessità di respingere gli attacchi di chi identificava i comunisti come i distruttori della famiglia. Pasolini ha tradito il “costume comunista” e per questo viene colpito dal provvedimento più grave, l’espulsione, con l’accusa infamante di indegnità morale.

Quale fu la reazione dei dirigenti del Pci locale e nazionale?
I dirigenti locali, spinti dai colleghi di Udine e dai rappresentanti regionali, non esitarono un attimo. Pasolini era diventato un dirigente scomodo e ingombrante, non si poteva lasciar correre. Sicuramente anche i dirigenti nazionali furono informati e nessuno si oppose a questa decisione. In quel periodo era assolutamente normale che il Pci agisse in quel modo, non fu un provvedimento anomalo rispetto alla prassi consueta.

Lei ripercorre anche le tappe e le ragioni di una rimozione, da parte del Pci, del “caso Pasolini” negli anni successivi.
Nella mia lunga e faticosa ricerca d’archivio speravo di trovare i verbali dell’espulsione, con le motivazioni e le posizioni dei vari dirigenti. Bisogna tenere conto che il Pci registra minuziosamente tutte le riunioni, i dibattiti, le decisioni. Dalle federazioni locali, i verbali dovevano poi essere trasmessi alla Direzione. Del provvedimento che ha riguardato Pasolini non c’è traccia e negli archivi ci sono dei “buchi” in riferimento al periodo in questione. La mia ipotesi è che il Pci abbia fatto sparire le prove posteriormente, quando Pasolini era diventato uno dei più accreditati intellettuali del ’900, e quella posizione dunque sarebbe stata giudicata inopportuna.

Dopo la fuga da Casarsa, ci sono ancora tracce di un Pasolini che continua a scandalizzare e dividere?
Nel mio libro non mi fermo ai pur cruciali fatti di Ramuscello, ma continuo a indagare anche nei periodi successivi, quando viene sequestrato il romanzo Ragazzi di vita o contestato Pasolini nelle conferenze o alle proiezioni dei film. Mi ha molto interessato il dibattito fra sostenitori e detrattori del Vangelo secondo Matteo, esaltato dai cattolici democratici e criticato dai marxisti. Pasolini ha continuato a dividere, a non ottenere mai un giudizio univoco e condiviso. Credo che questo, in fondo, continui a rappresentare la sua forza intellettuale.

 [info_box title=”Anna Tonelli ” image=”” animate=””]è professore di Storia contemporanea presso l’Università di Urbino Carlo Bo, dove insegna anche Storia dei partiti politici e Storia del giornalismo. Si occupa di storia culturale e di storia politica e sociale, con un’attenzione particolare verso la mentalità, il costume, la memoria. Collabora alle pagine nazionali e regionali del quotidiano “la Repubblica”.[/info_box]