Storia del “Corriere” di Piero Ottone. I ricordi di Giulia Maria Crespi

L’imprenditrice Giulia Maria Crespi, oggi presidente onoraria del Fai,  gestì dagli anni Settanta la proprietà del «Corriere della Sera». Ne vendette le azioni tra il 1973 e il ’194. Ecco come ricorda la storia del quotidiano negli anni di grande svolta (e successo) sotto la guida aperta di Piero Ottone, grande direttore da poco scomparso.  

Morto Piero Ottone, il ricordo di Giulia Maria Crespi: il caso Montanelli, Pasolini in prima
di Giangiacomo Schiavi

www.corriere.it – 17 aprile 2017

Giulia Maria Crespi e Piero Ottone. Gli anni Settanta. II «Corriere» della svolta. La diaspora con Montanelli. L’apertura a sinistra. Pasolini in prima pagina. Le inchieste sul potere. L’ambientalismo. Le accuse della destra.

Che cosa accadde tra il 1972 e il 1977  in via Solferino?
Ottone direttore portò al “Corriere” uno stile nuovo, moderno, aprì a tante firme, non corteggiava nessuno, tagliò il filo del telefono con Roma, creò le riunioni di redazione, era presente dalla mattina alla sera e cambiò il profilo del giornale….

Modello anglosassone, fatti separati dalle opinioni. Ma anche tante critiche.
Dava fastidio a molti ma piaceva a moltissimi. Trasformò il “Corriere”, arrivando a volte al milione di copie e anche oltre. Tirature impressionanti rispetto a oggi.

Che rapporto c’era tra lei, editore, e lui, direttore?
C’eravamo conosciuti a Londra, quando lui era corrispondente: mi aveva fatto conoscere la stampa anglosassone. Il nostro rapporto era franco, di amicizia. Mi piaceva la sua autonomia dal potere, non aveva preclusioni. Ho sempre pensato che sarebbe stato un direttore adatto per il “Corriere”.

Piero Ottone
Piero Ottone

Quella scelta provocò l’uscita di Montanelli, un trauma storico per via Solferino.
Quel licenziamento fu un grande sbaglio. Montanelli era Montanelli, bisognava tenerlo. E io avrei dovuto oppormi alla richiesta di licenziarlo.

Invece come andò veramente?
Montanelli voleva diventare direttore, era venuto da me e si era proposto, dicendo che si sarebbe sacrificato … La scelta di Ottone gli aveva dato fastidio, ci fu una pace temporanea, ma Montanelli non si sentiva più libero come prima. Poi arrivarono le interviste contro la nuova direzione del “Corriere” e Ottone chiese la risoluzione del contratto.

«Sarò ricordato per questo e per Pasolini in prima pagina», ha scritto nelle sue memorie.
Ottone sarà ricordato come un grande direttore, per la sua apertura verso le idee nuove, per la sua modernità. Ma non era uomo di compromessi, non ammetteva svicolamenti. Se doveva dire qualcosa di negativo della Fiat lo faceva anche davanti ad Agnelli. In quei giorni tumultuosi del caso Montanelli mi disse: «non possiamo tenere chi ci spara contro». Per quel licenziamento piansero entrambi. Lo ripeto: fu un errore, Montanelli doveva restare al “Corriere”, anche se ci sparava contro. E Piero lo riconobbe dopo, con onestà.

In quel «Corriere» arrivarono nuove firme, giovani inviati, grandi intellettuali.
Considero Ottone l’ultimo vero direttore di un giornalismo che non c’è più, un giornalismo d’inchiesta autonomo da ogni potere. Con lui il “Corriere” si è aperto, si è tolto l’immagine di giornale di centrodestra, ha preso un linea anglosassone, ha fatto scrivere Pasolini, Calvino, Parise, Natalia Ginzburg….

Cominciarono anche le grandi campagne sull’ambiente.
C’erano già stati Montanelli e Buzzati su Venezia e sull’Italia da salvare. Ma con Ottone arrivò Antonio Cederna, uno dei padri fondatori di Italia Nostra e dell’ambientalismo. Ebbi diversi incontri con lui, era prevenuto sul vecchio “Corriere”. Ma Ottone disse: prendiamolo. E fu un bene.

Poi lei vendette le sue quote e Ottone lasciò il «Corriere».
Non subito. Rimase altri due anni. Se ne andò perché non accettava più certe imposizioni, certi dettami che venivano dall’alto. Passò a “Repubblica”, ebbe incarichi importanti ma non volle più prendere lo scettro del comando.

Vi sentivate spesso?
Sì. La nostra amicizia è durata nel tempo. Mi veniva a trovare e parlavamo ancora di giornali e giornalismo, di un mondo forse scomparso: i giornali sono un’altra cosa, servirebbero meno pagine e articoli sintetici, diceva.

Che «Corriere» aveva nel cuore Piero Ottone?
Quello di Albertini, non quello del potere romano. Applicava quel che sentivo dire da mio padre: inchieste e interviste. Andare sul posto e raccontare i fatti. Una regola che vale anche oggi.