Pasolini personaggio di finzione nel cinema, nella narrativa e nel fumetto

Non occorre dire quanto sia sterminata la bibliografia critica sull’opera e la figura di Pasolini, a conferma che l’interesse per questo autore rimane costante  e  continua a offrire spunti vivi anche per la riflessione sul nostro presente.  Fanno caso a sé, naturalmente, i fenomeni volgari dello sfruttamento “consumistico”, massmediatico o strumentale dell’immagine PPP: un “pasolinificio”, si è detto, che ha finito per  conferire allo scrittore le fattezze discutibili dell’icona pop, del tutto improduttiva sul piano della conoscenza e dello studio.
In questi ultimi anni, come rimarca il critico letterario Roberto Carnero in un articolo che qui pubblichiamo, Pasolini è diventato anche un “personaggio” per operazioni di finzione, nel cinema, nella narrativa e nel fumetto. In quest’ultima categoria, tipicamente mass-cult e  destinata soprattutto ai giovani, è arrivato buon ultimo lo spregiudicato cartoon
dal disegno aggressivo  Battaglia. Ragazzi di morte  (Editoriale Cosmo), reperibile nelle edicole più che sugli scaffali delle librerie. Al centro della storia vi è il delitto all’Idroscalo di Ostia, la cui responsabilità, per gli autori dei testi Roberto Recchioni e Luca Vanzella (disegni di Leomacs, Valerio Befani e Pierluigi Minotti), si annida nei palazzi del Potere e della politica. (af) 

“Così mi hanno ucciso”. Pasolini si confida al vampiro siciliano
di Roberto Carnero

http://ilpiccolo.gelocal.it  – 15 agosto 2017

Capita solo ai grandi scrittori, e neanche a tutti. Diventare “personaggi” – di romanzi, opere teatrali, film, persino fumetti e videogiochi – è un onore riservato a pochi importanti autori. Nell’ambito della letteratura italiana, è successo certamente a Dante: ricordiamo, per fare solo qualche esempio, Dante Alighieri e i delitti della Medusa (Mondadori) di Giulio Leoni, primo di un ciclo di romanzi incentrati sulle avventure investigative di un Dante detective, e Il libro segreto di Dante. Il codice nascosto della Divina Commedia (Newton Compton) di Francesco Fioretti, anche in questo caso il primo volume di una serie dantesca. Poco a Boccaccio, di più a Petrarca: si ricordi, sull’autore del Canzoniere, almeno il bel romanzo di Marco Santagata, Il copista (Sellerio). Leopardi ha avuto in tal senso una discreta fortuna: il recente film di Mario Martone, Il giovane favoloso; i romanzi di Alessandro Zaccuri, Il signor figlio (Mondadori), e di Massimiliano Timpano, La vita, se altro si dice (Bompiani), in entrambi i quali si ipotizza che il poeta di Recanati non sia morto a Napoli nel 1837, come attestato dai documenti; ma anche il best-seller di Alessandro D’Avenia, L’arte di essere fragili: come Leopardi può salvarti la vita (Mondadori), in cui l’autore dell’Infinito diventa un interlocutore immaginario di chi scrive. Quanto a Manzoni, Einaudi ha da poco ripubblicato quel libro straordinario che è La famiglia Manzoni di Natalia Ginzburg.
Se cerchiamo nel Novecento, in particolare nel secondo, un autore a cui sia toccato qualcosa di simile, non c’è dubbio che questi sia Pier Paolo Pasolini. La vita dello scrittore friulano, anche per il suo tragico epilogo, è stata fatta oggetto di una serie di ricostruzioni “narrative”, che non sono soltanto le biografie (tra le quali vanno ricordate quelle di Nico Naldini e di Enzo Siciliano), ma anche vere e proprie opere “creative”, in cui lo scrittore è diventato un autentico personaggio finzionale, soltanto in parte coincidente con la persona reale, storica, di Pasolini.
Ai film incentrati sulla vita, e sulla morte, del poeta – Pasolini, un delitto italiano (1995) di Marco Tullio Giordana; Pasolini, la verità nascosta (2012) di Federico Bruno; Pasolini (2014) di Abel Ferrara; La Macchinazione (2016) di David Grieco – vanno aggiunti altri generi artistici. Nel volume postumo di Pier Vittorio Tondelli L’abbandono (1993) compare un racconto del 1987, My sweet car, nel quale l’autore prova a immaginare la storia di un’automobile, che passa attraverso più proprietari, vivendone di riflesso le diverse vicende. Il secondo episodio del testo, che racconta l’uccisione di un omosessuale cinquantenne da parte di alcuni ragazzi di borgata, è un omaggio – appunto – a Pasolini.

"Battaglia. Ragazzi di morte". Copertina
“Battaglia. Ragazzi di morte”. Copertina

Se cinema e narrativa hanno raccontato Pasolini, lo ha fatto anche un genere ancor più “di massa” come può essere il fumetto, a dimostrazione che Pasolini, da scrittore e intellettuale, è diventato davvero, negli anni, una sorta di “icona pop”. Ai volumi, a metà tra fumetto e graphic novel, Pasolini di Davide Toffolo (Coconino Press-Fandango 2011; prima edizione, nel 2002, per Biblioteca dell’Immagine con il titolo Intervista a Pasolini; ristampa per Rizzoli Lizard nel 2015) e Il delitto Pasolini di Gianluca Maconi (Edizioni Becco Giallo 2005), si aggiunge ora un fumetto vero e proprio, di taglio decisamente popolare (reperibile nelle edicole più che nelle librerie): Battaglia. Ragazzi di morte (Editoriale Cosmo). A Battaglia, personaggio creato negli anni ’90 da Roberto Recchioni (attuale curatore di Dylan Dog), è intitolata una testata di cui Ragazzi di morte (testi dello stesso Recchioni e di Luca Vanzella, disegni di Massimiliano Leonardo, in arte Leomacs, Valerio Befani e Pierluigi Minotti), uscito il 31 luglio, rappresenta l’8° numero.
Pietro Battaglia è un vampiro siciliano e, in quanto tale, morto ma sempre vivo: in virtù della sua immortalità, e della sua totale immoralità, ha avuto un ruolo “dietro le quinte” in diversi episodi della storia italiana contemporanea. È un losco affarista, intermediario e sicario, assetato di denaro, denaro che in questo episodio pasoliniano – dove viene definito dal poeta un «perfetto scagnozzo del potere» in quanto, come il potere stesso, «anarchico, irrazionale, predatore» – otterrà da alcuni misteriosi personaggi, ai quali riuscirà a portare i capitoli mancanti del romanzo a cui lo scrittore stava lavorando quando fu ucciso, Petrolio, contenenti scottanti rivelazioni sul mondo politico ed economico dell’epoca.
In che modo Battaglia riesce ad avere ciò di cui si favoleggia da tempo l’esistenza, ma che nessuno è ancora riuscito a trovare? Direttamente da Pasolini, il cui fantasma Battaglia incontra all’Idroscalo di Ostia, presso il cippo commemorativo del suo barbaro assassinio. La vicenda principale ha luogo nel 2005, mentre un esteso flash-back rimanda al 1975 e agli ultimi giorni della vita di Pasolini. Quest’ultimo, sollecitato da Battaglia, acconsente a dargli ciò che vuole in cambio di una spietata vendetta, trent’anni dopo, sui maggiorenti della Prima Repubblica che ne avevano decretato la soppressione fisica. Si capisce così la tesi sostenuta dall’albo: quella di un omicidio politico deciso in alto loco e portato a termine non solo da Giuseppe Pelosi (l’unico condannato) e dagli «ignoti» che avrebbero collaborato con lui all’assassinio (e che comparivano nella sentenza di primo grado del processo a suo carico), ma anche, nella finzione romanzesca, dallo stesso Battaglia su incarico dei potenti del tempo. Costoro assomigliano molto da vicino ai notabili perversi, sadici e assassini protagonisti dell’ultimo film pasoliniano, Salò o le 120 giornate di Sodoma, e, per un inevitabile avvicendamento generazionale (che allude a qualche noto politico della Seconda Repubblica), verranno sostituiti da altri che prenderanno il loro posto, sempre però coltivando gli stessi vizi e le stesse abiezioni. Se i politici, militari, industriali ed ecclesiastici vicini alla Dc dell’epoca di Pasolini sono rappresentati così negativamente, non va meglio agli esponenti del Pci degli stessi anni, raffigurati come felicemente accomodati nel sistema consociativistico, e dunque assai poco propensi a impegnarsi veramente a vantaggio delle classi lavoratrici con le quali instaurare, anche nel Bel Paese, la “dittatura del proletariato”. Essi appaiono perciò conniventi con chi ha deciso l’eliminazione di un intellettuale scomodo e talora imbarazzante per lo stesso partito.
Giuseppe Pelosi (da poco scomparso) vi recita il ruolo di esca per una “missione punitiva” ai danni di Pasolini di un gruppo di ragazzotti di borgata che si prostituivano con ricchi clienti omosessuali, tra cui il famoso scrittore e regista. Sul luogo del delitto giunge però lo stesso Battaglia, ad assicurarsi, dietro mandato ricevuto dalle alte sfere del potere, che il “lavoro” venga portato a termine. Dunque accanto a elementi reali (storici e documentati) e ad altri verosimili (ipotetici e plausibili), Ragazzi di morte mette in scena elementi appartenenti al genere fantastico. Non mancano gli elementi scandalistici (le scorribande sessuali dello scrittore vengono rappresentate in maniera decisamente esplicita), ma gli autori riportano, quasi a mo’ di autogiustificazione, una dichiarazione dello stesso Pasolini: «Scandalizzare è un diritto, essere scandalizzati un piacere, chi rifiuta il piacere dello scandalo è solo un moralista».
Non mancano neppure certi tratti macchiettistici (il personaggio della madre di Pasolini) e qualche inesattezza (ad esempio, a pagina 37 si parla di un Pasolini difensore dell’aborto, quando invece è nota la sua posizione contraria). Tuttavia l’albo di Recchioni e Leomacs ha il merito di avvicinare allo scrittore di Casarsa, almeno potenzialmente, un pubblico forse diverso dal solito e magari più giovane (quale possiamo presumere essere quello fruitore dei fumetti), riportando l’attenzione, pur in un “romanzo” a tesi caratterizzato da elementi di invenzione, sul caso del suo omicidio e sulle tante ombre che ancora lo avvolgono.