Pasolini e l’umiliazione segreta di Chaucer

Pasolini e l’umiliazione segreta di Chaucer

Ipotesi su una sequenza e un racconto tagliati de I racconti di Canterbury (1972)

Pasolini e l’umiliazione segreta di Chaucer è un documentario prodotto da Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini e Associazione “Fondo Pier Paolo Pasolini” della Cineteca di Bologna nel 2006, su progetto di Roberto Chiesi, aiutato nella realizzazione da Loris Lepri e Luigi Virgolin che ricostruisce la vicenda realizzativa de I racconti di Canterbury (1972).

Uno dei film più tormentati dell’opera di Pier Paolo Pasolini è probabilmente I racconti di Canterbury (1972), secondo segmento della Trilogia della vita. Infatti il film, ispirato all’omonimo capolavoro di Geoffrey Chaucer, fu girato da settembre a novembre del 1971 ma venne presentato soltanto il 2 luglio del 1972 al XXII festival di Berlino.
Alla prima proiezione del festival, fu proiettata una versione della durata di due ore e venti minuti, quindi più lunga di quasi mezz’ora rispetto a quella definitiva che ne assomma centodieci.
Secondo una testimonianza del responsabile dell’edizione, Enzo Ocone, il film venne tagliato da Pasolini e dallo stesso Ocone di circa venti minuti dopo l’anteprima per la stampa, per essere proiettato l’indomani alla giuria del festival (che gli attribuì l’Orso d’oro). Venti giorni più tardi, Pasolini, insoddisfatto anche di quella versione, ritornò nuovamente in moviola a lavorare al montaggio del film. Lo attesta una sua lettera del 25 luglio 1972 a Guido Aristarco: «Solo pochi giorni fa ho finito il lavoro massacrante di sistemazione del Canterbury Tales (malgrado Berlino, dove ho mandato una prima stesura) e non ho potuto occuparmi di altro».
Le fotografie di scena, in parte inedite, il copione di lavorazione del film, che reca le indicazioni di tutte le inquadrature girate da Pasolini, e un secondo copione, preparato successivamente, che reca le tracce di ulteriori, importanti modifiche, destinate ad altre trasformazioni prima di approdare alla versione definitiva, documentano quanto sia stato complesso e tormentato l’itinerario seguito dal poeta-regista nelle diverse fasi di montaggio del film.
A differenza delle scelte effettuate per Il Decameron e di quelle che avrebbe operato per il successivo Il fiore delle Mille e una notte, Pasolini decise di modificare l’intera struttura de I racconti di Canterbury, eliminando quasi completamente la cornice che reggeva l’architettura degli otto racconti: il viaggio dei pellegrini a Canterbury e il loro avvicendarsi come narratori durante il percorso. Tra situazione comiche o aspre, l’oste interpellava il mugnaio, il fattore, il cuoco, Chaucer stesso, la donna di Bath, il mercante, il frate, il cacciatore di streghe e il venditore di indulgenze, perché raccontassero a turno una storia durante le soste sulla strada per l’abbazia di Canterbury. Ogni racconto, così, era introdotto dalla voce e dal volto di un personaggio diverso.
Questa cornice era racchiusa all’interno di un’altra, calata in un tempo posteriore, dominata dalla presenza di Chaucer, chiuso nella solitudine nel suo studio e assorto a ricordare le storie udite e a scriverle. Pasolini conservò esclusivamente quest’ultima cornice narrativa, ma riducendola e inserendola nel film solo al termine di quattro racconti.

«Ho girato delle scene per mostrare come i pellegrini incominciavano a raccontare le loro storie… Ma ho eliminato questi intermezzi perché non si adattavano al film. In Chaucer costituiscono effettivamente un libro dentro il libro, mentre nel film diventavano una soluzione automatica, meccanica. È una delle principali correzioni che ho fatto al film. Per me, in quanto autore, il principale problema posto dal film era quello della sua struttura».

Attualmente, i trenta minuti complessivi di tagli non sono reperibili: questo dossier è un’ipotesi di ricostruzione, basato sui testi della sceneggiatura e del copione originale con le annotazioni di Beatrice Banfi, segretaria di edizione, sulle splendide fotografie di scena di Mimmo Cattarinich e sulle testimonianze video e audio, inedite, di Laura Betti, Mimmo Cattarinich, Nico Naldini e Enzo Ocone. Fra i documenti ritrovati, anche una rara intervista radiofonica rilasciata da Pasolini sul set del film.
Nella sequenza del viaggio, un rilievo particolare lo avrebbe assunto proprio l’apparizione dello stesso Chaucer, pellegrino fra i pellegrini, e il suo racconto incompiuto.
Nelle pagine dei Canterbury Tales, lo scrittore inglese aveva raffigurato se stesso con divertita autoironia: così timido e goffo da attirare lo scherno dell’oste e così noioso e maldestro come narratore da subire una brusca interruzione e l’ingiunzione di raccontare un’altra storia. In realtà, la sua narrazione in versi (sulle avventure del nobile fiammingo Sir Thopas) era talmente ridondante da diventare una parodia delle ballate cavalleresche. Non senza protestare, Chaucer narra allora la lunga storia di Melibeo e madonna Prudenza, che riuscirà a condurre a termine.
Pasolini, inoltre, accentuò il disagio dello scrittore, le cui incertezze sono acuite dal disinteresse dei pellegrini, distratti dalle loro libidini, dai rancori e dalla noia che ispira loro quella narrazione.
All’improvviso, Chaucer/Pasolini veniva zittito definitivamente. Non gli si offriva la possibilità di “riscattarsi” con una nuova storia e doveva accontentarsi di mugugnare a bassa voce, mentre la donna di Bath (impersonata nel film da Laura Betti) avvinceva l’uditorio con la sua novella e il suo linguaggio vivacemente sboccato.
La decisione di sopprimere quella scena umiliante (e il racconto parodistico di ser Thopas, che Pasolini investì di maggior sarcasmo rispetto ai Canterbury Tales), modificò la fisionomia di Chaucer come personaggio di se stesso. Il suo ruolo, nel tessuto della rievocazione del viaggio, fu così circoscritto all’inizio della “cornice” rimasta, allo spazio di una breve gag comica e a poche altre fugaci apparizioni. A differenza del “discepolo” di Giotto del Decameron, Chaucer è isolato da Pasolini ai margini della realtà evocata nei racconti, o appare addirittura del tutto estraneo e appartato, nel silenzio del proprio laboratorio di scrittore. Nella prima versione del film, invece, la solitudine di Chaucer avrebbe avuto una chiave rivelatrice: un artista impotente a conquistare un uditorio popolare e a calare la sua arte nella materia della vita.
Al termine delle riprese, Pasolini aveva dichiarato:

«Sento la perdita del mondo del passato. Sono un uomo deluso. Sono sempre stato in lotta con la società. Mi sono battuto contro di essa e da essa sono stato perseguitato, ma mi ha anche dato una misura di successo. Ora, non mi piace più. Non mi piace il suo modo di vivere, la qualità della sua vita. E per ciò, rimpiango il passato. Alla mia età, suppongo, è quasi convenzionale». (intervista a cura di Renato Proni, «La Stampa», Torino, 23 novembre 1971).

Roberto Chiesi

 

Pasolini e l’umiliazione segreta di Chaucer

Progetto, ricerche e testo: Roberto Chiesi
Realizzazione: Roberto Chiesi, Loris Lepri e Luigi Virgolin
Fotografie: Mimmo Cattarinich
Interventi audio e video: Laura Betti, Mimmo Cattarinich, Nico Naldini, Enzo Ocone e Pier Paolo Pasolini
Durata: 30’
Una produzione: Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini e Associazione “Fondo Pier Paolo Pasolini” della Cineteca di Bologna.