La poesia “Pasca” (1947) di Pasolini, poi mutata in “Fiesta” (1954)

Per la giornata di Pasqua, pubblichiamo una poesia friulana di Pasolini risalente al 1947 e inizialmente intitolata  Pasca. Il componimento uscì dapprima nel 1949 nella raccolta Dov’è la mia patria, per poi confluire nel 1954 nella silloge La meglio gioventù con il titolo mutato  di Fiesta.  Nella nuova versione, Pasolini eliminò anche la strofa conclusiva, che, con l’immagine di un angelo rosso con la spada, alludeva a un futuro riscatto del ragazzo povero, figura centrale del testo, e investiva così la Pasqua del significato di una possibile resurrezione sociale.
Allontanata invece  ogni speranza di rinascita, il nuovo testo  è dominato dal senso di solitudine e di emarginazione. «Il povero –commenta Antonia Arveda- sembra sentire la durezza della propria condizione soltanto nel confronto con i  siòrs, nella constatazione della loro lontananza. La festa che è “fuori”, con il suo scampanio allegro, lo sorprende nel suo stato di escluso e lo costringe a prenderne coscienza. Il dolore, la pena, il bruciore non derivano dalla povertà in sé, ma dall’impossibilità, sperimentata dopo tentativi caduti nel vuoto (si veda la serie di domande nelle strofe terza e quarta) di trovare una corrispondenza affettiva nel mondo. Il povero domanda e nessuno gli risponde, la sua voce e il suo nome stesso, non sentiti e non riconosciuti, gli rivelano una realtà amara: che il mondo è dei ricchi, che gli è stata tolta l’allegria, che il suo destino non interessa a nessuno » (P.P.Pasolini, La meglio gioventù, a cura di A. Arveda, Salerno, Roma, 1998, pp. 294-295).
Di che meditare nella giornata in cui il mondo dovrebbe rinascere.

Un'immagine giovanile di Pasolini
Un’immagine giovanile di Pasolini

Fiesta

Aleluja aleluja aleluja!
A mi brusa un bar di erbarosa
ta la gola, intànt ch’i ciamini
pai marciapiès blancs e rosa
tra il soreli e li fantassinis
cui vuj rosa.

Aleluja aleluja aleluja!
Ah fiesta rosa ta la gola
coma na saeta di sinisa
ch’a mi ingropa il plant ta la gola
e la voja di ridi a è un sgrísul
ta la gola!

Aleluja aleluja aleluja!
Cui síntia la vòus dai Anzuj?
Cui sàia la passiòn di un puòr?
Cui síntia il ciant  dai Anzuj?
E cui sàia il me nòn: Chin Cianòr?
Cui ghi cròdia ai Anzuj?

Aleluja aleluja aleluja!
Cui sàia se ch’a è la me fiesta?
A è plena di me coma un flòur
dal so prufún la me fiesta.
Cui sàia il nòn di chistu flòur,
la me fiesta?

Aleluja aleluja aleluja!
Il flòur al plans tal so prufún,
e ta la gola il soreli al mi dòul.
Il flòur no ‘l sint il so prufún,
la ligría da la fiesta a è fòur,
cu ‘l prufún.

Aleluja aleluja aleluja!
Li ciampanis a sunin pai siòrs,
jo i sint altris ciampanis:
ciampanis vissinis pai siòrs,
par me ciampanis lontanis
coma i siòrs.

[Trad. Festa. Alleluja alleluja alleluja! Mi brucia un cespo di erbarosa nella gola, mentre cammino per i marciapiedi bianchi e rosa, tra il sole e le ragazze dagli occhi rosa.
Alleluja alleluja alleluja! Ah festa rosa nella gola come una freccia di cenere che mi fà  un nodo di pianto nella gola, e la voglia di ridere è un brivido nella gola.
Alleluja alleluja alleluja! Chi sente la voce degli Angeli? E chi sa il tormento di un povero? Chi sente il canto degli Angeli? E chi sa il mio nome: Chino Canòr? Chi crede negli Angeli?
Alleluja alleluja alleluja! Chi sa che cosa è la mia festa?  È piena di me come un fiore del suo profumo, la mia festa. Chi sa il nome di questo fiore, la mia festa?
Alleluja alleluja alleluja! Il fiore piange sul suo profumo, e il sole mi duole nella gola: il fiore non sente il suo profumo, l’allegria della festa è fuori, col profumo.
Alleluja alleluja alleluja! Le campane suonano per i ricchi, io sento altre campane: campane vicine per i ricchi, per me campane lontane come i ricchi.]