Eduardo, Napoli e PPP: un sogno di cinema mai realizzato, di Marino Demata

Lunedi 23 maggio 2016  si è svolta a Teramo, nell’ampia e affollata corte della Biblioteca “M. Delfico”, si è concluso il 25.mo “Maggio.Fest” con un’inziativa dedicata al rapporto tra Eduardo De Filippo e Pasolini. E’ stata un’occasione per presentare il libro Eduardo visto da vicino (ed. Ricerche&Redazioni, 2013) di Mario De Bonis, amico di Eduardo e appassionato esperto della sua arte. Dopo la presentazione a cura di Adelmo Marino, hanno preso la parola  lo studioso di cinema Marino Demata e lo stesso De Bonis.
Riportiamo qui di seguito la relazione di Marino Demata, per sua gentile concessione.  
Il testo è leggibile anche al link https://rivegauche-filmecritica.com, dove è stato postato il 28 maggio 2016.

Eduardo e PPP. Destini incrociati
di Marino  Demata

https://rivegauche-filmecritica.com – 28 maggio 2016

Solitamente quando si  celebra un autore si parla delle sue opere realizzate. Questa sera, invece, per celebrare Pasolini e Eduardo De Filippo parleremo di un film progettato, sceneggiato e preparato, ma mai realizzato. Mi riferisco a Porno-Teo-Kolossal, lungamente elaborato da Pasolini, che doveva avere Eduardo come protagonista. Il film purtroppo non sarà mai realizzato a causa dell’assassinio di cui è stato vittima il grande poeta/regista il 2 novembre del 1975.
La prima idea e il primo riferimento a questo progetto risalgono al 1968. In una lettera indirizzata a Giulia Maria Crespi un Pasolini contento ed euforico come non mai, alla vigilia della partenza per la Tanzania, che lo eccitava non poco, riferisce della gran mole di lavoro che sta producendo in quei giorni, parte del quale probabilmente lascerà in sospeso. E poi parla lungamente di  “un racconto cinematografico da far interpretare alla coppia di Uccellacci e uccellini, Totò e Ninetto”, ovvero rispettivamente, nel racconto, un re Magio e il suo accompagnatore.  Ebbene questi due novelli Don Chisciotte e Sancio Panza partono seguendo la stella cometa per andare ad onorare il Messia. Ma lungo il viaggio incontrano guerre, morti da seppellire e una serie di altri avvenimenti che non solo ritardano il cammino, ma fanno spendere tutti i soldi che il Re Magio aveva portato con sé. Con molti anni di ritardo arrivano in Oriente e il Re Magio non trova più nulla: la stalla è vuota e il Messia è morto sulla croce. Anche il Re Magio, disperato, muore.  A questo punto – dice Pasolini – colpo di scena: il servo si toglie i baffi finti. In realtà è un angelo che, prendendo per mano il re morto, lo risveglia. I due personaggi, “tenendosi per mano e ballando, si allontanano, si allontanano …. ma sì, verso il cielo.”
Qualche critico ha attribuito una piena autonomia a questo racconto rispetto a quello che sarà successivamente il soggetto di Porno-Teo-Kolossal, come se si trattasse di due progetti diversi. In realtà è secondo noi del tutto evidente che il racconto, sul quale Pasolini si dilunga nella lettera, già contiene i tratti essenziali di quella che sarà la storia principale del film poi mai girato. E cioè l’idea del lungo viaggio del Re Magio verso l’Oriente per onorare il Messia, gli intralci trovati lungo il percorso (che nella stesura definitiva saranno più complessi e di ben altra natura), l’arrivo in Oriente senza più trovare il Messia e infine l’ascesa in cielo dei due protagonisti. Quest’ultima scena, come si vedrà avanti, resterà quasi inalterata, perché a Pasolini (e credo a tutti noi) sembrerà un’idea bellissima. E nella stesura finale sarà arricchita da un dialogo magistrale tra Re Magio e servo, che ne faranno un finale cinematografico tra i più belli mai concepiti.
Una delle differenze è che nella lettera alla Crespi non viene precisato da dove partono i due protagonisti, al contrario di quanto troviamo invece nella stesura definitiva. Pasolini infatti, con gli anni, aveva maturata la decisione di affidare la parte del Re Magio (Epifanio) a Eduardo e di ambientare le prime scene a Napoli. Nel film, una volta realizzato, avremmo visto Eduardo affacciato al proprio balcone, che avrebbe probabilmente ricordato il famoso balcone di Questi fantasmi in Piazza Banchi Nuovi nel cuore di Napoli (personalmente ci giurerei che sarebbe stato lo stesso!) e, dietro di lui, Nunzio (Ninetto Davoli), il suo servo. Entrambi sono attratti dalla confusione e dal chiasso provenienti dalla strada. Scendono e si rendono conto che ovunque si discute animatamente della notizia che è nato il Messia in qualche parte del mondo.  Nella sceneggiatura Pasolini descrive magistralmente l’emozione di quei momenti che lui  certamente già aveva in mente come rendere in maniera efficace: «O’ Messia ca’, o’ Messia là … o’ Messia vene, o’ Messia nun vene, nun è o vero, site buciarde, site ricchione … struonze…  Eduardo sta ad ascoltare tutto con molta curiosità e con le orecchie diritte; ma egli è commosso e quasi solenne, come se si  trattasse di qualcosa di decisivo per la sua vita. Eduardo De Filippo, infatti, è un Re Mago».
A  questo punto interrompiamo, anche per problemi di tempo, la narrazione della storia, e concentriamoci su due interrogativi: Perché proprio Napoli? Perché proprio Eduardo?

Eduardo e Pasolini
Eduardo e Pasolini

NAPOLI
Pasolini ha sempre avuto un concetto molto alto di questa città. Il neo-capitalismo, anche attraverso quel potente strumento che è la Tv, è riuscito dove non è riuscito il fascismo: ha omologato ai propri disvalori l’intero Paese, annullando quasi ogni differenza ed ogni particolarità, distruggendo le culture locali, ricchezza dell’Italia, e imponendo perfino un progressivo cambiamento linguistico, dal toscano colto al milanese, la lingua del capitale, delle banche e dell’industria. Ma a Napoli  questa operazione di omologazione non  ha funzionato, perché lì la cultura, gli usi, i costumi, sono così radicati e particolari da essere come immuni da ogni trasformazione imposta dall’alto. E perfino la lingua, malgrado la Tv, non si lascia corrompere. E’ noto infatti che ancora oggi i napoletani praticano una sorta di bilinguismo che a volte ritroviamo, in maniera estremamente simpatica ed originale, all’interno dello stesso discorso o periodo. Pasolini ha studiato, con la consueta attenzione e profondità, il fenomeno. E non a caso Napoli ritorna in alcuni momenti chiave dei suoi film. Perfino nella trasposizione cinematografica del toscanissimo Decameron di  Boccaccio. Io ho recentemente visto e recensito il bellissimo film La macchinazione di David Grieco, un regista che ha conosciuto personalmente Pasolini. In un’intervista questi si sofferma sulla scelta del napoletano Massimo Ranieri come interprete di Pasolini. Scelta non casuale: il regista più volte prima di morire ha dichiarato «che avrebbe voluto l’attore per interpretare se stesso». E parla anche del rapporto di Pasolini con Napoli proprio a proposito del Decameron: «una città – dice Grieco –  che amava profondamente tanto che quando scrisse il Decameron mi disse che lo aveva trasposto in napoletano perché i napoletani sono vivi mentre i toscani di Boccaccio ormai sono morti. Pasolini amerebbe persino questa Napoli con tutti i suoi problemi, farebbe di tutto per aiutarla a risollevarsi e starebbe in strada come ha sempre fatto».

Eduardo e Totò
Eduardo e Totò

EDUARDO
La scelta di Totò quale interprete del ruolo di Epifanio, il re Magio, ipotizzata nella lettera alla Crespi, diventa impossibile perché l’attore napoletano muore nel 1967. Per  Pasolini è un colpo: “Avevamo tanti altri progetti da fare insieme”, dice.  E poi chiarisce ancora una volta la scelta per il Totò surreale delle origini piuttosto che il Totò realista, che ha avuto in Monicelli la guida più geniale.  Per l’uomo, l’amico e l’attore scomparso Pasolini dice: «Nel fondo di Totò c’era una dolcezza, un atteggiamento buono e al limite qualunquistico, ma di quel tipico qualunquismo napoletano che non è qualunquismo, che è innocenza, che è distacco dalle cose, che è estrema saggezza, decrepita saggezza. Quindi quando io dico Totò nella sua realtà intendo Totò nella sua realtà di uomo, e aggiungo anche di attore».
A questo punto sembra a Pasolini essere arrivato il momento di rivolgersi ad Eduardo De Filippo, che considera il più alto interprete della cultura napoletana. Tra l’altro Pasolini ammira profondamente il teatro di Eduardo. Niente a che vedere, secondo lui, con i grandi teatri stabili dei vari Strehler e Squarzina, coi loro «grandi spettacoli e  manierismi decorativi», da lui definiti «una forma di kitsch». Al contrario, egli afferma, il teatro di Eduardo «parla l’italiano medio parlato dai napoletani, evitando il mero naturalismo con una convenzione che è purissima lingua teatrale».
L’alta stima che Pasolini ha di Eduardo si può misurare anche con la differenza di atteggiamento rispetto a Totò.  Quest’ultimo è un attore, Eduardo è un autore.  In un’intervista famosa sul set di Uccellacci e uccellini, ad una domanda se Pasolini sia uguale agli altri registi e se lo lascia recitare con grande libertà di azione, Totò risponde: «No, non mi lascia recitare con libertà … Io ho sempre recitato per conto mio, improvvisando … No, Pasolini, no. Lui vuole che si faccia quello che dice lui».
Confrontiamo queste affermazioni con la famosa lettera di Pasolini a Eduardo del 24 settembre 1975, con la quale gli invia l’intera sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal.  Proprio all’inizio dice con grande rispetto:  «Caro Eduardo, eccoti finalmente per iscritto il film di cui ormai da anni ti parlo. In sostanza c’è tutto. Mancano i dialoghi, ancora provvisori, perché conto molto sulla tua collaborazione, anche magari improvvisata mentre giriamo».  Ecco: la differenza si può riassumere tutta in quel «anche magari improvvisata».  E’ dunque tanta la fiducia e stima non verso l’attore Eduardo, ma verso l’autore, che Pasolini non ha alcun problema a lasciarlo anche improvvisare. Perché si tratta appunto non dell’improvvisazione di un attore ma di un autore, di un creatore, di un grande protagonista della cultura italiana del ‘900, che egli vede e tratta al suo stesso livello, sul suo stesso piano.  A riprova di questo, più avanti nella lettera dice: «Spero, con tutta la mia passione, non solo che il film ti piaccia e che tu accetti di farlo: ma che mi aiuti e m’incoraggi ad affrontare una simile impresa».  Dunque chiede ad Eduardo non soltanto che faccia il protagonista del film, ma anche che lo aiuti concretamente a realizzarlo.

Eduardo.Disegno di Toccafondo
Eduardo. Disegno di Gianluigi Toccafondo

In altre occasioni ho ricordato che, oltre alla stima reciproca tra i due, si rintracciano anche delle affinità sul piano ideologico e culturale. In entrambi si manifesta spesso una chiara tendenza ed uno spiccato fascino verso il sacro e un grande rispetto e ammirazione verso il Cristianesimo delle origini e la critica al tradimento di esso da parte della Chiesa cattolica lungo i secoli fino ad oggi. Quest’ultima, assieme all’ipocrisia e al perbenismo del mondo borghese, viene condannata senza appello da Pasolini non solo ne La ricotta, ma soprattutto ne Il Vangelo secondo Matteo. Infatti quale critica più severa può esserci nei confronti del mondo cattolico e borghese che mostrare i veri valori di cui si fa portatore Cristo?
Una condanna che, col medesimo spirito laico, esprime anche Eduardo nella bellissima poesia  (unica in italiano e non in dialetto) in occasione della morte di Pasolini, allorché, nell’ultimo verso, parla di «speranza in Cristo povero», ove l’aggettivo ha un valenza trasparentemente polemica.
Partendo dall’espressione usata da Pasolini al termine della lettera ad Eduardo  («Spero …. solo che il film ti piaccia e che tu accetti di farlo») si potrebbe ipotizzare che il poeta non fosse poi così sicuro che Eduardo avrebbe accettato l’incarico. Io sono francamente del tutto contrario a questa interpretazione. Innanzitutto perché la frase, posta proprio alla fine della lettera, appare più che altro una manifestazione di educazione e di rispetto verso l’artista napoletano. Ma poi soprattutto perché apprendiamo, sempre dalla lettera, che i due devono aver parlato spesso di questo film («eccoti finalmente per iscritto il film di cui ormai da anni ti parlo»). Non si parla per anni di un progetto se dall’altra parte non c’è un reale interesse!
Eduardo dunque sapeva benissimo di cosa si trattava ed io, che ho avuto il privilegio di conoscerlo di persona, ritengo che sia completamente fuori dall’orizzonte eduardiano tenere impegnato per anni un autore come Pasolini, per poi magari rifiutargli la propria collaborazione.  Giova ricordare a tale proposito che i due si erano conosciuti ben quattordici anni prima, allorché, nel 1961 Pasolini chiese ad Eduardo di doppiare, con la sua compagnia, le voci dei “napoletani” che vivevano al fianco dei romani nelle borgate rappresentate in Accattone.  Il doppiaggio fu eseguito e proprio Eduardo in prima persona doppiò uno dei personaggi.
Negli anni i due grandi uomini di cultura ebbero sicuramente altri momenti di contatto e di comunicazione in varie forme (entrambi vivevano a Roma). E’ altresì impensabile che la stessa affettuosa lettera di Pasolini del 24 settembre restasse senza alcun cenno di risposta. E’ facile ipotizzare un biglietto, una telefonata, un caffè insieme. Chissà, magari un giorno, scavando meglio tra le carte di entrambi, custodite con passione e cura straordinaria nel Gabinetto Vieusseux di Firenze, potremo trovare altre tracce della reciproca stima tra i due uomini di cultura.
Personalmente io non ho alcun dubbio in merito. Per giunta, magicamente, quando rileggo alcune pagine della sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal  non posso che vedere Eduardo, e solo lui, nel ruolo di Epifanio. Abbiamo lasciato quest’ultimo assieme al suo servo Ninetto a Napoli, incuriositi dalla notizia della nascita del Messia. Seguendo una cometa che appare improvvisamente in cielo,  i due si mettono in viaggio in treno. Dopo una serie di lunghe soste, che servono a Pasolini per illustrare vizi e virtù degli uomini anche attraverso numerose metafore, nelle città di Sodoma (Roma), Gomorra (Milano) e Numanzia (Parigi), quest’ultima assediata dai fascisti, dopo tanto tempo arrivano in Oriente. E lì, proprio come nella lettera alla Crespi di molti anni prima, trovano la stalla vuota e il Cristo già morto in croce. Il che – per inciso – mi ricorda la storia dei Crociati che, dopo anni di viaggio per liberare il Santo Sepolcro, arrivano in Oriente e non trovano che un sepolcro vuoto.
Per il dolore Epifanio (Eduardo) muore. E l’ultima scena, non molto dissimile da quella raccontata nella lettera alla Crespi, rappresenta Epifanio che si risveglia dalla morte per merito di Nunzio, che si scopre essere un angelo.  I due salgono verso il cielo in una bellissima sequenza, ma non raggiungono né il Paradiso né alcun altro luogo. Epifanio allora «voltando le spalle, si mette a pisciare» significativamente verso la terra e poi esclama: «Eppure … come tutte le Comete, anche la Cometa che ho seguito io è stata una stronzata. Ma senza quella stronzata, Terra, non ti avrei conosciuto».   Si cominciano intanto ad ascoltare dalla terra canti di gioia e canti rivoluzionari sempre più nitidi, e cioè un messaggio di fiducia e di speranza nel futuro.
Non so quante volte avrò letto in privato o in pubblico questa pagina finale della sceneggiatura e ogni volta non posso fare a meno di viverla con un brivido: se chiudo gli occhi  riconosco distintamente la magra sagoma di Eduardo, che, dopo aver chiesto «Maaaa … e mo’?»,  si sente rispondere da Nunzio: «Nun esiste la fine.  Aspettamo. Qualche cosa succederà».

"Eduardo visto da vicino" di De Bonis. Copertina
“Eduardo visto da vicino” di Mario De Bonis. Copertina