Dalla Milano dei Teddy boys di Pasolini alla Milano degli anni Duemila

Reduce dalle repliche dello spettacolo La Nebbiosa al Teatro Parenti (fino al 19 febbraio 2017),  dall’omonima sceneggiatura di Pasolini del 1959, Paolo Trotti, regista e co-interprete con Stefano Annoni, riflette con Rossana Campisi sulla Milano del Duemila e su quanto possa essere mutata rispetto alla “Nebbiosa” dei Teddy boys e della borghesia meneghina perlustrata da Pasolini alla fine degli anni Cinquanta.

A Milano tornano i Teddy boys in un racconto teatrale
di Rossana Campisi

http://27esimaora.corriere.it – 12 marzo 2017

In una sala in penombra del Teatro Franco Parenti di Milano, ci sono stati i Teddy Boys, i ragazzi della Milano degli anni Sessanta che Pier Paolo Pasolini ha cercato di raccontare in La Nebbiosa.
Era il 1959. Passando in città, egli decide di scrivere un film. Non se ne farà nulla per problemi organizzativi, ma resta la sceneggiatura (da poco ripubblicata) che diventa fonte di ispirazione: stavolta ci hanno pensato Paolo Trotti e Stefano Annoni a riproporla con uno spettacolo liberamente ispirato a quello pasoliniano e una regia (di Trotti) capace di impastare violenza e tenerezza.
Il disagio giovanile di quegli anni si muove con un ritmo rock&roll, la disperazione dei ragazzi che rubacchiano e vanno alle feste dei night club, che amano e che picchiano, è lontana, ma forse non più di tanto. È una città che tenta di sopravvivere, quella in scena; questi ragazzi di vita milanesi sono invece i figli della mala che inseguono un sogno.  In scena anche Diego Paul Altieri, scene/costumi di Giada Gentile: ogni sera, sul palco, c’era infine anche una special guest diversa (tra questi Gianna Coletti, Miss Sophie Champagne e le allieve della Champagne Academy of Burlesque Education).
Guardando i «frammenti di Milano che passano vertiginosamente, inquadrati dalla macchina in corsa», come scrisse Pasolini, vien da pensare alla frenesia di chi è salito stamattina in metro, stanco ma non abbastanza da commentare palme e banani allestiti in piazza Duomo. «Io amo Milano, cosa che non si può dire per tutte le amministrazioni che l’hanno governata», racconta il regista Trotti. «Di quella pasoliniana sopravvive la città infinita che continua a rinnovarsi architettonicamente, perché Milano non è solo la città, ma le infinite città che senza sosta la collegano ad altre. Non si può dire dove finisca Milano e comincino Torino, Verona, Piacenza, ecc. Usando Calvino, potrebbe essere una Città e il desiderio».

" La Nebbiosa" di Pasolini, Il Saggiatore (2013)
” La Nebbiosa” di Pier Paolo Pasolini, Il Saggiatore (2013)

Come la racconterebbe oggi Pasolini?
Forse cercherebbe gli immigrati stranieri di terza generazione. Andrebbe a cercare i suoi ragazzi di vita e i Teddy nelle periferie delle periferie. Ciò che gli piacerebbe, per fortuna, non è quello che piacerebbe ai milanesi. La sua estetica era diversa da quella mainstream, già allora. Pasolini ha sempre cercato l’essere umano, la sua ascesa e la sua rovina. Credo che le palme, i piccoli teatri, il salone del mobile, la settimana della moda sarebbero tappe di un viaggio d’Odisseo attraverso la città con il tramonto alle spalle, perché a Milano tutto avviene al tramonto e per ricordarci che il tramonto è sempre una possibilità.

E cosa è rimasto di quei Teddy boy? 
Si sono trasformati negli anni, sono diventati presidenti di associazioni di consumatori, commercianti, sono tornati ad essere quello contro cui si ribellavano. La città ingloba qualsiasi desiderio. Offre tutto e vende tutto. Offre se stessa e avvolge dentro una ragnatela di relazioni, di possibilità. La rabbia di quei ragazzi si è trasformata in desiderio di arrivare, spostando il bastoncino della meta sempre un po’ più in là. Creando ansia, frustrazione ma anche gioie per chi arriva, da qualche parte.

E la nebbia della “Nebbiosa”?
Non esiste più perché la città è diventata infinita e neanche la scighera riesce a passare il muro di case, palazzi, capannoni. La nebbia che resiste è un angolo dentro il cuore dei milanesi, un sogno complesso di una città diversa. Accogliente.

In città, si corre come un tempo. La frenesia però nasce e muore sotto urgenze diverse, in direzioni diverse, sotto un cielo forse più inquinato ma anche più bello? 
Sì, decisamente Milano è migliorata, perché ha continuato ad evolversi. So che ne parlo come di un corpo, ma le città sono corpi, respiro. Oggi si corre meno fuori che dentro. La città è lo specchio dei suoi abitanti, delle loro speranze, soprattutto negli ultimi anni dopo decenni di stasi.

La borghesia post-pasoliniana in città: tre parole…
Centri di cultura, ovvero teatri, musei. Spa. Moda.