Un interessante progetto Rai per ricordare, a quaranta anni dalla sua scomparsa Pier Paolo Pasolini. Si tratta del documentario realizzato da Rai Teche in collaborazione con Rai Cinema, Pasolini. Il corpo e la voce di Maria Pia Ammirati, Arnaldo Colasanti e Paolo Marcellini (anche regista), con la consulenza di Graziella Chiarcossi e la voce di Francesco Siciliano, che vuole rappresentare la ricerca di una verità umana e morale ancora tutta da scoprire.
Oltre ad essere presente nella Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma (sarà presentato in anteprima mondiale sabato 24 ottobre 2015 al Maxxi di Roma) ed essere stato scelto dal Comitato del MIBACT per le celebrazioni del 40ᵒ anniversario della scomparsa di Pier Paolo Pasolini, il documentario andrà in onda su Rai1, a cura di Speciale TG1, il 1 novembre alle 23.30 nell’ambito delle iniziative promosse da Rai per ricordare il poeta, lo scrittore e regista italiano famoso in tutto il mondo. Qui di seguito la scheda descrittiva diffusa in rete.
www.cinemaitaliano.info – 16 ottobre 2015
Il corpo e la voce di Pier Paolo Pasolini è la narrazione di un autoritratto inedito, costruito solo con i materiali di archivio custoditi da Rai Teche. Emerge il poeta maestro: la voce contraddittoria e polemica, lo sguardo struggente e spesso umoristico di un uomo per la sua Italia amata e temuta. Il documentario si basa su una rigorosa ricerca di archivio (radiofonico e televisivo) e sull’applicazione di elementi e strumenti interattivi che permettono di navigare il film attraverso rimandi bibliografici e storici. Il materiale storico, completamente digitalizzato, è stato restaurato a cura del polo tecnologico di Rai Teche Torino.
Pasolini attraversa i suoi anni lasciando preziose testimonianze del suo pensiero e proponendosi nei molteplici aspetti del suo profilo di uomo e di intellettuale.
C’è il Pasolini autobiografico: “mio padre era un uomo molto diverso da me con cui ho avuto rapporti molto difficili, tipici rapporti tra padre e figlio quando questi rapporti sono drammatici” (1965); il Pasolini dell’impegno politico e civile che ci ricorda la decisiva differenza tra sviluppo e progresso: “lo sviluppo, almeno qui in Italia, oggi vuole la creazione, la produzione intensa, disperata, ansiosa, smaniosa di beni superflui mentre, in realtà, coloro che vogliono il progresso vorrebbero in realtà la creazione, la produzione di beni necessari” (1974); quello che interviene su temi sociali come la famiglia: “siamo passati ad un’altra era, quella della civiltà tecnologica, in cui la famiglia non serve più” (1974).
Pasolini ci aiuta a ricostruire la vicenda della lingua italiana (primi anni Sessanta) o ad analizzare il degrado urbanistico che sta mutando il paesaggio e il suo rapporto critico con la natura: “quante volte mi hai visto soffrire, smaniare, bestemmiare perché questo disegno, questa purezza assoluta della forma della città era rovinata da qualcosa di moderno, da qualche corpo estraneo che non c’entrava con questa forma, con questo profilo della città che io sceglievo” (1974); quando parla del suo uso del dialetto (1959) o delle due fasi del suo cinema: “i primi film da Accattone, al Vangelo secondo Matteo, a Ricotta e Edipo re li ho fatti sotto il segno di Gramsci e infatti mi sono illuso di fare opere nazional popolari…ne consegue che pensavo di rivolgermi al popolo…poi c’è stata la trasformazione di questo popolo in qualcos’altro, in quello che i sociologi chiamano massa…A questo punto, in un certo senso, mi sono rifiutato, non programmaticamente, non aprioristicamente… di fare dei prodotti che siano consumabili da questa massa…e quindi ho fatto dei film d’élite, apparentemente antidemocratici, aristocratici. In realtà essendo film prodotti in polemica contro la cultura di massa, che è tirannica…sono un atto, per quanto inutile, di democrazia” (1970); da grande osservatore parla poi sui fenomeni degli hippies o dei moderni predicatori americani: “non può non esserci una reazione a questa così benpensante, codificata e conformistica civiltà dei consumi…ma è una rivolta sottoculturale…Alla sottocultura imposta dal potere industriale si oppone una sottocultura vagamente teosofica, spiritualistica e indianeggiante… che ha evidentemente un sottofondo religioso, magari anche autentico, ma che si disperde in questa forma sottoculturale…” (1973).
Nessun intervento produttivo, se non approfondimenti e curiosità realizzate per gli extra nei quali sarà mostrato, grazie alla tecnologia, un avatar, una sorta di alter ego dello scrittore, che avrà il compito di presentare inediti e interviste girate ex novo. Un documentario non formale né accademico: mai letterario o storiografico, mai retorico. Piuttosto un documentario veloce con improvvise declinazione e sconfinamenti nella memoria nazionale. Un documentario che gioca con il poeta e l’uomo: un ritratto costruito dall’autoritratto, cioè dall’ossessiva e continua presenza del volto e delle parole del poeta.