Il 2 novembre saranno 40 anni dall’assassinio di Pier Paolo Pasolini e sarà l’occasione per vedere in sala, in versione integrale, il suo ultimo film, praticamente mai visto: Salò o le 120 giornate di Sodoma. Il restauro, a cura di Cineteca di Bologna e Cineteca Nazionale, realizzato dal laboratorio “L’Immagine Ritrovata” della Cineteca di Bologna, è stato premiato alla Mostra del cinema di Venezia tra i restauri di Venezia classici, giudicato da una giuria di giovani, fatto questo rilevante.
“Lavoriamo da molti anni su Pasolini, da quando Laura Betti – dice in un’intervista all’Ansa Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna – depositò il fondo Pasolini a Bologna da Roma. Restaurare Salò, i cui diritti appartengono ad Alberto Grimaldi, storico produttore di Sergio Leone e di Ultimo tango di Bertolucci, ci è sembrata un’operazione doverosa, una questione di politica culturale. E’ forse il suo film più famoso ma anche il meno visto. Ritenuto come una sorta di testamento di Pasolini è fortemente legato alla sua morte. Come si sa, finì il montaggio il giorno prima di essere ucciso all’Idroscalo di Ostia, uscì in sala brevemente due mesi dopo, con il valore di un testamento disperato”.
Ispirato al romanzo del marchese De Sade (ma anche agli scritti di Barthes), con un’ambientazione trasferita nella Repubblica di Salò del ’44, il film, “indubbiamente doloroso, urticante, ruvido, difficile, non riconciliato, parla al nostro presente, è una metafora di quello che saremmo diventati”, aggiunge Farinelli. Ora, con la giusta distanza degli anni, è arrivato il momento di vederlo, per quanto scioccante siano quei gironi infernali con i giovani costretti dai Signori alle pratiche sessuali estreme.
Interpretato tra gli altri da Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Uberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti, Caterina Boratto e Elsa De Giorgi , venne prima respinto dalla censura; poi, dopo l’omicidio di Pasolini, fu difficile non farlo uscire e così arrivò in sala tagliato e vietato ai minori ma fu immediatamente sequestrato, oggetto di attacchi neofascisti, sottoposto, ricorda Farinelli, “ad una violenza contraria inaudita sotto la cappa del perbenismo italiano della metà degli anni ’70. Farà effetto ancora oggi rivederlo, nell’ambito del progetto “Il cinema Ritrovato” (seppure in 40 sale), perché Salò o le 120 giornate di Sodoma è ancora oggi un’opera scioccante profondamente, resterà sempre un film non riconciliato, realizzato nel clima ostile che Pasolini sentiva in quel 1975 di avere sempre più intorno. Un film però non più da respingere, ma guardare al contrario per quello che è: ossia la straordinaria metafora del nostro presente dove il potere non ha più umanità e dove la perversione capitalista è lo stesso violento simbolo del degrado sociale”.