Di forte richiamo e di evidente espansione internazionale la fortunata mostra “Pasolini Roma” che il 19 giugno 2015 sarà allestita di nuovo e inaugurata al Museo San Telmo di San Sebastián in Spagna, dopo il successo delle precedenti quattro tappe espositive che dal maggio 2013 al gennaio 2015 hanno portato in giro per l’Europa il nome e l’opera di Pasolini: dapprima al Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona e poi alla Cinémathèque française di Parigi, al Palazzo delle Esposizioni di Roma e al Martin Gropius Bau di Berlino.
La prestigiosa iniziativa, curata da Jordi Balló, Alain Bergala e dal compianto Gianni Borgna, con il contributo di Graziella Chiarcossi, è nata dal lungo lavoro progettuale e dall’entusiasmo di quattro importanti istituzioni museali europee, che, sotto il coordinamento organizzativo del Centro di Barcellona, sono già state le sedi dei vari allestimenti, cui ora si aggiunge anche la quinta puntata di San Sebastián, dove la mostra sarà visitabile fino al 4 ottobre 2015.
Cuore e senso della mostra, organizzata come percorso cronologico snodato tra il 1950 e il 1975, con un prologo, sei sezioni e un epilogo, è la perlustrazione articolata e dinamica del legame tra Pasolini, uomo e artista poliedrico, e la città di Roma, da lui vissuta – secondo i curatori – come la geografia di “una grande storia d’amore, fatta di delusioni, tradimenti, sentimenti di passione e di odio, momenti di attrazione e di rifiuto, fasi di allontanamento e di ricongiunzione”. Una città che poi, per il polemista Pasolini, fu un “campo permanente di studio, di riflessione e di lotta”, come un laboratorio urbano a cielo aperto in cui verificare con crescente angoscia anche i cambiamenti dell’Italia e degli italiani tra gli anni Sessanta e Settanta. Quel fondale, dunque, non fu per Pasolini solo un luogo in cui ambientare romanzi e pellicole, ma soprattutto un crocevia spaziale di esperienze e di ricreazione artistica, al punto che ne derivò la trasfigurazione in un nuovo immaginario e in un nuovo mito della capitale, dei suoi quartieri e dei suoi abitanti, fino all’ultima grande opera incompiuta di Petrolio, capitolo finale pasoliniano di una straordinaria narrazione fantastica ed esistenziale.
Ricchissima e multiforme la documentazione che articola questa retrospettiva, pensata come un ideale viaggio di vita e d’arte a cui lo stesso Pasolini faccia idealmente da Virgilio attraverso la testimonianza delle sue parole scritte o dette, alle espressioni della sua opera filmica e pittorica e all’incredibile quantità di fotografie che, al lavoro o nel privato, ne hanno immortalato il corpo e l’inconfondibile volto-icona. E inoltre, data la sensibilità estetica di Pasolini e la sua competente passione per l’arte figurativa, non mancherà il cammeo di due sezioni speciali dedicate ai pittori amati: De Pisis, De Chirico, Mafai, Guttuso, Rosai e Zigaina.
In questa incredibile galleria di materiali, provenienti dai più importanti archivi pasoliniani d’Italia (tra gli altri, il Gabinetto Vieusseux, la Cineteca di Bologna, l’Archivio Fotografico di Cinemazero), anche il Centro Studi Pasolini di Casarsa della Delizia è presente con una parte del suo tesoro documentale di carte pasoliniane autografe. Accanto a due rare lettere a Ennio Flaiano del 1963 e a Jean-Luc Godard del 1967, sono infatti esposte tre lettere dei primi anni Cinquanta alla madre Susanna Colussi, l’adorata “pitinicia” nel lessico familiare di Pier Paolo, e soprattutto il fascicolo n.2 della serie dei celebri “Quaderni Rossi”, in parte editi nei romanzi postumi Amado mio e Atti impuri. Il libretto è aperto alle pagine datate 19 agosto 1947, in cui il giovane Pasolini confidava al suo journal intime la dolorosa scoperta che il padre Carlo Alberto aveva compiuto nei suoi confronti “la più incivile delle indiscrezioni”, frugando tra i suoi diari segreti e venendo così a conoscenza del tormento omosessuale del figlio.