Non sono molte le fotografie che ritraggono Pier Paolo Pasolini durante la stagione friulana della sua vita, in anni dispiegati tra il 1943 e il 1949 e, per lui, fertili di un apprendistato già poliedrico, sbrigliato con ampiezza di espressioni letterarie, civili, esistenziali. Due, tuttavia, spiccano per il loro esemplare significato, documentando in particolare la passione pedagogica del giovane Pasolini, “maestro” dall’aria pensosa, mite e vagamente malinconica in mezzo a gruppi di piccoli allievi dai volti campagnoli e dagli abiti raccattati alla buona. Una, dovuta alla precoce vocazione fotografica di un Elio Ciol adolescente, lo ritrae nel 1944 tra un pugno di ragazzi sul prato antistante la Chiesetta di Sant’Antonio Abate di Versuta.Un’altra lo fissa con la sua classe nel 1948 sui gradini della breve rampa di accesso al portone della Scuola Media di Valvasone, presso cui Pasolini fu professore “mirabile” a detta di colleghi, genitori e studenti.Sono immagini toccanti da lontani anni quaranta, frammenti di vite e di storie, che il tempo ha in gran parte sbiadito e che oggi sono consegnati al serbatoio dei ricordi di testimoni sempre più radi. E infatti, mentre il maestro Pier Paolo rimane vivo e indimenticato, con la forza imponente di una prodigiosa attività artistica, se ne sono andati via via dal mondo molti di quei zuvinìns che avevano avuto il privilegio di esserne contagiati e di aver appreso da lui il valore impareggiabile della cultura e della poesia per la difesa e il riscatto contro la violenza e le ingiustizie della vita.
A rinfrescare quel tempo dell’innocenza, a farlo affiorare per l’esercizio della memoria non solo locale o anche a confrontarlo con il nostro presente, ormai povero di semplicità e di dolcezze, provvedono ora le meravigliose fotografie di Danilo De Marco, 34 scatti per la mostra “La perduta gioventù” che sarà inaugurata a Casa Colussi il 16 novembre 2012 (durata fino al 5 maggio 2013), su progetto allestitivo di Ferruccio Montanari e Jessica Etro.De Marco, ppassionato esploratore di umanità e paesaggi friulani perduti, nei primi anni novanta, si mise dunque in cerca delle persone che, a vario titolo e in situazioni diverse, avevano avuto a che fare con il contagioso Pier Paolo, meteora luminosa del casarsese.Alcuni, artisti come Zigaina, Bartolini o Novella Cantarutti, ne avevano condiviso le esperienze letterarie o di pittura. Altri, come Ovidio Colussi, gli erano stati sodali nell’avventura dell’Academiuta. Altri ancora, come Dino Peresson, gli avevano raccontato il loro “sogno di una cosa”, ispirandogli cosi il successivo affresco romanzesco. Altri infine gli erano stati semplicemente amici, compagni di allegre scorribande di paese, tra campi, sagre e tuffi nel Tagliamento.Tante facce, tante parole, tanti episodi e da li, per l’occhio sensibile del fotografo, soprattutto la fonte di tanti ritratti, per primi piani ormai segnati dal tempo, ma sempre vitali e capaci di trasmettere sguardi dai lampi di freschissimo stupore.
Quella “meglio gioventù” finì poi nel 1994 nel catalogo La corda rotta, che, impreziosito dai testi di Tito Maniacco e Giuseppe Mariuz ed edito dall’editrice Astrea di Parma, è oggi introvabile. Una galleria di volti, dunque, che, con tutto il suo carico di memorie e di riflessioni sullo scarto tra il passato e il presente, sarebbe andata perduta, se ora non provvedesse a riproporne la suggestione questa mostra, corredata anche di catalogo, che il Centro Studi Pier Paolo Pasolini ha l’orgoglio di promuovere, oltre che di poter conservare in seguito, a chiusura dell’esposizione, tra i tesori del proprio archivio fotografico. Molti hanno lavorato per consentire oggi la visione recuperata di questo tempo friulano e contadino delle lucciole, all’ombra del poeta che ne fu l’incantato cantore e poi, scrittore corsaro, ne denunciò l’irreparabile perdita. Atmosfere perdute che ora sono recuperabili, almeno per il lampo di una visione, grazie a Danilo De Marco, generoso e battagliero fotografo capace con la sua arte di andare ben oltre la pura documentazione e di saper comunicare il pathos delle emozioni.
Catalogo della mostra