Dopo una prima esposizione di sei mesi alla Cineteca di Bologna, una lunga permanenza in Spagna, alla Fundación Luis Seoane, e una recente riproposta a San Paolo del Brasile, al Museu de Imagen e do Som, approda anche al Centro Studi Pasolini di Casarsa la meravigliosa mostra delle foto di Roberto Villa sul set del film Il fiore delle Mille e una notte, realizzato da Pasolini nel 1973 quale ultimo capitolo della Trilogia della vita.
La mostra dal titolo “L’Oriente di Pasolini” sarà inaugurata a Casa Colussi, con la prestigiosa presenza di Roberto Villa, alle ore 18 di sabato 7 luglio 2012, grazie alla collaborazione con la Fondazione Cineteca di Bologna, proprietaria del Fondo Villa, al contributo degli Enti locali (Regione Fvg, Provincia di Pordenone e Comune di Casarsa) e al sostegno di Banca FriulAdria Crédit Agricole. Settanta le foto in esposizione, che il Centro Studi, per il suo pubblico di visitatori estivi (la mostra durerà fino al 29 settembre), offre anche a documento di un film “magico”, legato all’immagine di una città di sogno quale Sana’a, ossia una città di millenaria armonia tra paesaggio e costruzione, ma già destinata ad essere deturpata dall’intrusione moderna dello sviluppo senza progresso e dai primi segnali della guerra. Per quel film Pasolini rilesse Le mille e una notte nell’edizione curata dal grande arabista Francesco Gabrieli e nell’estate 1972 lavorò alla sceneggiatura insieme a Dacia Maraini, data l’intenzione di assegnare un ruolo essenziale ad alcuni personaggi femminili. Saranno poi, nel film, volti misteriosi e bellissimi di donne (e di uomini arabi) per un’esaltazione del corpo e dell’eros popolare, vissuti con gioia naturale nella diversità di mondo altri e incontaminati.
E’ merito degli scatti perfetti di Roberto Villa, presente sul set per 100 giorni in Iran e nello Yemen, nelle incantate città di Isfahan e di Sana’a, che può essere ricostruito quel clima di lavoro finalizzato al film pasoliniano più fiabesco e leggero. L’occhio del fotografo –commenta Gian Luca Farinelli nel catalogo che correda la mostra – pedina “il set di un artigiano, dove convivono le maestranze del cinema classico, i volti popolari che Pasolini aveva portato dall’Italia e le facce antiche che aveva trovato” sul posto, al punto che, in uno scambio fertile tra finzione e realtà, “si fa molta fatica a capire i margini del set, dove finisce e dove inizia la realtà dei luoghi”. In realtà, il valore che sorregge le immagini è soprattutto il rispetto verso la cultura e l’umanità orientali, in cui il fotografo Villa e il regista Pasolini paiono straordinariamente solidali. Le foto restituiscono sguardi arabi, dolci o fieri, che dietro una antica curiosità trasudano un desiderio di scambio e di dialogo interculturali, unici strumenti capaci di arrestare le diffidenze o gli scontri tra Oriente e Occidente, di cui Pasolini aveva intuito in anticipo l’emergenza e proposto la soluzione. E naturalmente, motore primo delle foto, c’è lui, il regista solitario, sorpreso in corsa da una parte all’altra del set, issato su una scala, davanti e dietro la macchina da presa, in rilassata complicità con la troupe, perfino mentre ride, il che è cosa rarissima. Sullo sfondo, a volte, campeggiano squarci della città di Sana’a, dove già nel 1970, per un episodio del Decameron poi tagliato, Pasolini aveva girato delle splendide riprese con un po’ di pellicola avanzata. Da lì il documentario Le mura di Sana’a, pensato anche come appello all’Unesco per la salvaguardia di quei luoghi, e che, innestato nella puntata Rai-Tv “La forma della città”, regia di Paolo Brunatto (1974), il Centro Studi ha in animo di proiettare durante il periodo di apertura della mostra.
Roberto Villa nato a Genova nel 1937, risiede e lavora a Milano. Laureato in elettronica, costituisce nel 1957 la società AudioVisualCommunication, uno studio fotografico e pubblicitario impegnato anche sul fronte della didattica della comunicazione audiovisiva. Studia computergrafica al MIT (Massachussets Institute of Technology). Dal 1966 al 1969 dirige a Genova la Galleria d’arte d’avanguardia Carabaga, frequentata da Ceccato, Chiesa, Fontana, Laura, Quartucci, Strehler, Munari. In quel periodo inizia a collaborare con la televisione e con varie testate, come “Il Lavoro” di Genova e “Popular Photography”. Nel 1967 inizia l’attività di fotografo e nel 1969 diviene art director della rivista “Fotografiamo”. Dal 1973 collabora con “Playboy” e realizza molti servizi per “Vogue”, “Photo Magazine”, “Harper’s Bazaar”, “Esquire”, “Photo 13”, “Epoca”, “National Geographics”, “Manchete”, “Amica”, “Grazia”. Nel 1973 è sul set di Pier Paolo Pasolini, in Iran e nello Yemen, per alcune riprese del film Il fiore delle Mille e una notte. L’anno dopo è sul set del film di Alberto Sordi Finché c’è guerra c’è speranza. All’inizio degli anni Settanta collabora con la Rai come assistente alla regia e nel 1973 realizza le riprese tv dello spettacolo Pilato sempre, diretto e interpretato da Giorgio Albertazzi. Nel 1974 estende l’attività della sua agenzia che da allora collabora con Aiwa, Mitsubishi, Tandberg, Olympus, Philips, Canon, gli editori Rusconi e Rizzoli. Sarà la prima ad adottare il personal computer IBM, importato dagli Usa. A partire dal 1978 cura la registrazione e l’edizione su Lp e cd di numerose interpretazioni di celebri jazzisti quali Eddie Miller, Lino Patruno, Severino Gazzelloni, Spigle Wilcox, Enrico Intra, Tullio De Piscopo e W.B.Davison. Negli anni Ottanta collabora alla Enciclopedia Multimediale Grolier, a “La Domenica del Corriere” (utilizzando pioneristicamente l’illustrazione digitale e la foto elettronica), a “Millecanali”, all’ Enciclopedia Multimediale edita da Kosmos, al “Fotonotiziario”; nel 1988 è incaricato della direzione tecnica della rivista “Monitor” e nel 1992 è responsabile della fotografia digitale per la rivista “Creative”, mentre nel 1994 è direttore tecnico di “Geotec”, rivista di architettura e tecnologie per l’edilizia. Intensa e vasta anche l’attività didattica: su ripresa e regia televisiva (AFIP, 1968); semiologia e fotografia (Istituto Europeo di Design, Milano, 1977-80); tecniche di ripresa (corsi Sharp, 1979). Nel 1990, oltre alla collaborazione con la Thomson France sull’utilizzo del digitale, progetta e conduce il corso di scenografia digitale per il COR (Centro Operativo Regione Lombardia). Nel 1993 partecipa a Sicof e a Icographics con il progetto di fotografia virtuale cui lavora da oltre un decennio e nel 1994 organizza un convegno sulla realtà virtuale a Milano. Nel 1995 cura un ciclo di seminari per la Facoltà di architettura dell’Università di Milano e dal 1996 tiene corsi di comunicazione e nuove tecnologie per la Regione Lombardia. Per il Fondo Sociale Europeo, tra il 1998 e il 2000, progetta e tiene corsi di archiviazione multimediale di beni culturali, telelavoro e internet, art direction multimediale e fotografia digitale. Nel 2008 ha donato alla Cineteca di Bologna, oggi Fondazione, il suo prezioso archivio, comprendente fotografie, pubblicazioni e importante materiale tecnico audio, video e fotografico utilizzato durante tutta la sua attività.
Catalogo della mostra