I diari di Susanna

Grande attesa a Casarsa della Delizia, dove nel Ridotto del Teatro Pasolini giovedì 3 marzo, alle ore 17.30, per il secondo appuntamento di “Incipit”, incontri con libri e autori organizzati dal Centro Studi Pasolini, sarà presentato il volume da poco edito da Archinto Il film dei miei ricordi di Susanna Colussi, madre del grande poeta. Ospiti d’onore saranno Nico Naldini, cugino di Pier Paolo e poeta lui pure, e Graziella Chiarcossi, a sua volta cugina in seconda di Pier Paolo, di cui a Roma fu fidata assistente.

Il film dei miei ricordi, Susanna Colussi Pasolini (ed. Archinto, 2010)
“Il film dei miei ricordi” di Susanna Colussi Pasolini (ed. Archinto, 2010)

Ed è stata lei a consegnare a Rosellina Archinto le carte di Susanna, rimaste nel cassetto di un comò almeno dal primo febbraio 1981, quando l’autrice, novantenne, morì a Udine. In ben cinquecento pagine, sorrette da un sorprendente e incantato piglio narrativo, il libro racconta la storia del clan Colussi, che Susanna ripercorse e trascrisse in 21 quaderni di quinta elementare, fittamente vergati a penna e compilati a partire da metà anni ’50, quando la madre e il figlio abitavano nel quartiere di Monteverde Vecchio a Roma, fino all’inizio dei ‘70. La stesura avvenne probabilmente all’insaputa di Pier Paolo, il quale però doveva conoscere la vocazione della madre per la scrittura (non mancano brani epistolari di lei che somigliano a certe ispirate pagine descrittive del libro).  E certo la maestra di Casarsa, Susanna Colussi in Pasolini, deve aver raccontato le vicende storiche della famiglia al suo Pier Paolo, che infatti riprese qua e là alcuni di quegli episodi nella sezione I Colùs de La meglio gioventù, come puntualmente segnala Graziella Chiarcossi nella nota introduttiva. A questi va aggiunto il dramma in friulano I Turcs tal Friúl – scritto nella primavera del ’44 e pubblicato postumo nel ‘76 – che evoca la fine cruenta di un giovane Colùs abbattuto dai Turchi decisi, nel 1499, a invadere il Friuli: episodio cui la madre dedica, nel suo memoriale, un’ampia digressione.
Ma, a parte questo squarcio storico, Il film dei miei ricordi si concentra su un centinaio d’anni più recenti, dalla campagna di Russia della Grande Armata napoleonica fino all’alba della Prima guerra mondiale, quando Susanna diventa maestra. In questo senso, la voce narrante non fa che riportare in buona parte le memorie della nonna, almeno finché il testimone della memoria non passa a lei e il ricordo, senza più filtri, diventa vivo e diretto. A quel punto, ben oltre la metà del libro, siamo ormai alla fine dell’800, quando la narratrice rievoca in particolare la figura di Centin, il fratello maggiore, che campeggia al centro dell’ultimo capitolo e che Susanna pare amare più di tutti: un Centin generoso scialacquatore, facile preda di donne “perdute”, che sparisce in California e dopo non dà più segno di sé. La sua storia, come quelle di Visèns, di Beputi, di Pauli, di Cenci, di Beputi II e di Minuti, si intreccia con una sarabanda di altre storie e di altri personaggi (maschili e femminili), ma il fuoco di tutto è il paese contadino di Casarsa della Delizia, il cui primo nucleo venne fondato dalla «tribù» degli stessi Colussi, vassalli del patriarca di Aquileia, destinati ad aprire una distilleria dalle alterne fortune. A Casarsa si vivono e si consumano intere vite, ma da Casarsa spesso si parte in battaglia, in fuga o in cerca di lavoro. Ci sono molti giovani scavezzacollo e avventurosi, come Vincenzo-Visèns che in groppa a un cavallo bianco parte senza voltarsi indietro per arruolarsi tra le truppe di Napoleone, si ritrova agonizzante nella neve, viene raccolto da un’altra dolce Susanna, che lo curerà, fuggirà con lui e lo sposerà, rinunciando a un promesso sposo ricchissimo.
Susanna Colussi sa raccontare, ha il dono del ritratto fulminante e del dialogo, sa avvalersi di un italiano affabile e piano. Sa descrivere le atmosfere, gli umori, le feste, i cambi di stagione, i giochi infantili, l’adulterio boccaccesco di cui sono vittime due uomini di casa, l’ideale anarco-comunista del falegname di paese, il carattere sempre più cupo di sua madre e l’ottimismo ingenuo del padre. Certo, è quasi inevitabile leggere le pagine di Susanna e pensare insieme a Pier Paolo, immaginandolo bambino ammaliato da queste storie, filtrate con sensibilità materna e femminile, e magari scoprirlo collegato da fili sotterranei al carattere e alla irregolarità di alcuni insofferenti avi casarsesi, dentro un’aria comune di famiglia romantica e vivace. Ma soprattutto, con questo libro, Susanna merita di staccarsi dal genio del figlio e di sistemarsi con pieno diritto di autonomia letteraria accanto alle grandi narratrici italiane di saghe familiari e di quel “lessico” di casa, di cui le donne, lungo lo scorrere delle generazioni, sanno tenere la memoria, il racconto e il diario.