Alfonso Santagata, storico esponente del teatro di ricerca italiano, ha da poco proposto un nuovo lavoro teatrale, dal titolo Calibano l’affarista, di cui è regista oltre che interprete in un cast di valenti attori. Lo spettacolo, visionario e sarcastico secondo la poetica dell’artista, fa incontrare i personaggi di Shakespeare con quelli di Pasolini, come figure di un sulfureo al di là che replica le medesime storture del malaffare terreno. Un mix di cortocircuiti tra personaggi noti, come Accattone e Mamma Roma accostati a Jago e Ofelia, che si è rivelato di strettissima e rara coerenza per svelare inattese affinità. Così giudica il critico teatrale Gianfranco Capitta che ha visto il lavoro al suo debutto a Gavorrano (Grosseto), nel cuore delle colline metallifere della Maremma, un’ ambientazione naturale che ha evidentemente rafforzato il graffio infernale di questo originale allestimento. Qui di seguito la sua recensione.
«Calibano l’affarista», l’Italia tra memorie e attualità
di Gianfranco Capitta
https://ilmanifesto.it – 23 settembre 2017
Da qualche anno ormai Alfonso Santagata ha votato le proprie estati lavorative alle colline metallifere maremmane, attraversando con le sue visioni luoghi non neutrali, anzi ricchi di storia e di memoria. Le miniere di Gavorrano e Ravi infatti hanno visto la scintilla del boom economico nazionale, e ne hanno poi subito la ricaduta in termini di inquinamento ambientale, politiche industriali incontrollabili, malattie e morte che quelle «tecniche d’avanguardia» (e il rivoluzionario Moplen di Montedison, che sfociava velenoso nei fanghi di Scarlino) hanno lasciato come strascichi. Qualcosa che nell’immaginario rimanda istintivamente alla tragedia antica e ai suoi maestri.
Non a caso Santagata può continuare negli anni la sua indagine, attraverso il teatro e i suoi fondamenti, dai classici greci a Shakespeare, ogni volta facendoci commuovere e indignare, spinto da quei numi a scavare in qualcosa che certo viene dal passato ma ineluttabilmente riguarda il presente. Quest’anno, col titolo balzacchiano Calibano l’affarista, uno dei motori drammaturgici diviene niente meno che Pasolini. È l’immagine della sua morte a dare il via allo spettacolo, all’ingresso del Parco minerario di Ravi, e il suo trapasso ci sbalza in una realtà fattiva, ma non molto migliore di quella umana: ambizioni, furbizie e prepotenze gestiscono anche l’altro mondo. Anzi a governare il tutto c’è la figura nerissima di Calibano, che solo la magia di Prospero tiene a bada nella Tempesta shakespeariana.
Non è un leader politico, ma piuttosto un boss, un caporione disinvolto (e perfino simpatico nel suo orrore) che decide lavori, li affida e li toglie a piacimento, ritenendosi quasi un «cemetery designer».E chi popola quell’al di là non è meno curioso, perché pieno di figure a noi note, amate, infelici. Le fantasie si mescolano, come le loro origini, con affinità imprevedibili tra le creature di Pasolini e quelle del Bardo inglese. Tutte, a proprio modo, ci parlano di noi, e discutono, si innamorano, fanno a botte con naturalezza: Accattone e Jago, Mamma Roma e Otello, Ofelia e il becchino. Tutti plausibili e motivati, tutti così pieni di senso da invogliare a rileggerli con maggior profondità.
Nell’apparente «confusione» spostandosi tra un pozzo e una vasca di filtraggio quelle visioni si apparentano in una strettissima coerenza. Come non sempre a teatro accade. Lo ottengono, assieme allo stesso Santagata, Chiara Di Stefano (meravigliosa Mamma Roma senza ombra della Magnani), Tommaso Taddei, Massimiliano Poli e tutti gli altri che a quelle fantasie e a quei pensieri hanno dato corpo.
[idea]Info[/idea]
Scheda dello spettacolo
Compagnia Katzelmacher
Calibano l’affarista
ideazione e regia Alfonso Santagata
con Alfonso Santagata, Chiara Di Stefano, Massimiliano Poli, Tommaso Taddei
luci Antonella Colella
Il mondo di Esterniscespiriani si trasforma in quello di Calibano l’affarista.
Il luogo è ancora un cimitero, ma un cimitero pieno di vita e di vite e di conflitti, amari e asprigni come dolci e passionali.
Troveremo stavolta che assieme alle figure scespiriane assurgeranno all’evidenza fantasmi e suggestioni pasoliniane. Accattone e Iago invecchiati e ulteriormente incattiviti. La tragedia è trascorsa. La vita riprende la sua pulsione obbligata.
Calibano, il dirigente responsabile, è totalmente preso dalla sua recente avventura di novello imprenditore. Non è solo gestore di cimiteri, ma anche ricercato edificatore, restauratore, di questi avendone cura e profondo rispetto. Vita e lavoro sono tutt’uno e le sue capacità sono contese e ricercate. Il nostro tempo vede il sacro tendere a scomparire.
Gli uomini disprezzeranno non solo la vita ma anche la morte e le sue vittime. Un gesto perentorio di compassione e pietas ne ribalterà l’esito finale.
[dal sito della Compagnia Katzelmacher]
[info_box title=”Alfonso Santagata” image=”” animate=””](Foggia, 1947) è un attore e regista italiano, attivo in campo teatrale e cinematografico.
Formatosi alla Civica scuola d’arte drammatica di Milano, ha avuto alcune esperienze come attore con Luca Ronconi, Dario Fo e Carlo Cecchi con il quale interpreta, fra l’altro, L’uomo la bestia e la virtù, Il borghese gentiluomo e Don Giovanni.
Ha costituito un durevole sodalizio con Claudio Morganti. Insieme hanno fondato la compagnia teatrale Katzenmacher, rivelandosi con l’omonimo spettacolo (1980), cruda e commovente storia di emarginazione di emigranti in Germania e insieme lavoro sulla memoria e sulla lingua. Da allora, fedeli a una sorta di poetica della marginalità e della devianza, hanno creato numerosi spettacoli, spesso riscrivendo testi letterari di autori come Büchner, Beckett, Cervantes, Dostoevskji: Büchner mon amour (1981); En passant (1983); Il calapranzi(1984); Mucciana city (1984); Hauser Hauser (1986); Saavedra (1988); Finale di partita (1990); Omsk (1990); Il guardiano (1992).
Sciolto il sodalizio con Morganti, è rimasto direttore artistico della compagnia, proseguendo con giovani attori il lavoro di reinterpretazione moderna della farsa e della tragedia (Petito strenge, 1996; Ubu scornacchiato, 1997; Ubu ‘u pazz, 1998; Isaia l’irriducibile, 2000). Sono seguiti Se tujur la nuì (2001); Tragedia a Gibellina (2002); Apparizioni (2002); Le voci di dentro (2004); Il sole del brigante (2005); Il teatro comico (2006).
Tra le sue interpretazioni cinematografiche più recenti quelle nelle pellicole Pranzo di Ferragosto (2008), Noi credevamo (2010), La città ideale (2012) e L’intrepido (2013).[/info_box]