Pubblichiamo la recensione firmata da Mario Di Calo dello spettacolo L’Indecenza e la Forma proposto in data unica il 13 febbraio 2017 al Teatro Argentina di Roma. Un lavoro che, come si rivela dalle parole del critico, scava con potenza perturbante nel groviglio delle dinamiche familiari attorno a Pasolini e, per questa dolorosa restituzione scenica, si appoggia sulla viscerale adesione degli interpreti, a partire dalla protagonista Francesca Benedetti.
“L’Indecenza e la Forma” con Francesca Benedetti
recensione di Mario Di Calo
www.femaleworld.it – 14 febbraio 2017
Ancora un altro, ennesimo delitto pasoliniano intorno alla opera e alla persona di Pasolini, e non è errato parlare di delitto, poiché è nel delitto e nell’oltraggio del corpo, che il poeta friulano ci ha insegnato, che si trova una nuova identità, diversa e finalmente universale. Delitto ricercato, voluto, desiderato il suo, anche se verosimilmente egli non figurava per sé una fine così cruenta e spietata. Ma ciò, suo malgrado, ha restituito col tempo a Pier Paolo Pasolini una santità laica e singolare. Dunque un delitto prodigioso quello del 13 febbraio 2017, cui contribuiscono in parti uguali autore, regista, musicista e interpreti prodigiosi. È difficile dire con parole, stabilire, frazionare, responsabilizzare in quota parte una prevalenza sia pur minima da questo strano e irresistibile risultato, quello che viene fuori da L’indecenza e la Forma di Giuseppe Manfridi, regia di Marco Carniti, partitura musicale di David Barittoni e interpretazione di Francesca Benedetti e Sebastian Gimelli Morosini, andato in scena in prima nazionale e in replica unica al Teatro Argentina di Roma con la produzione dell’Ente capitolino, se non valutarlo nella sua interezza, nel suo corpo unico.
È difficile scansionare quest’amalgama volutamente imperfetto, questa materia singolare, questa confessione pubblica, questo atto di dolore collettivo, questa preghiera laica e blasfema, questa messa medianica per rivivere ancora una volta tutti i luoghi pasoliniani accompagnati da una immedesimazione attoriale totale ed esaltante. Una stanza della tortura compressa nella cavea teatro con la complicità del pubblico, un pulsare comune tra interpreti ispirati e ascolto partecipato. Lo spettacolo prende il cuore della sala, conquistando lo spazio centrale, non c’è tregua per lo spettatore chiamato a ri-suscitare questo rendiconto complesso e doloroso di rapporti familiari, madre/padre/figlio/fratello, senza soluzione di continuità. Con essi, affondando i denti nell’ultima produzione pasoliniana di Petrolio, incompiuta forma di perfezione, si ripercorrono tutte le tappe – eros e thanatos – dei temi cari a Pasolini.
E un’immagine ricorrente, quella della pianista di spalle in Salò o le 120 giornate di Sodoma, in cui, tra turpitudini e violenza, lei come una spettatrice inane risponderà col suicidio. In questa immagine si riassume tutto il senso della serata, spettatori tutti disarmati e disarmanti, in cui seppur di spalle non ci si può esimere dal dare una risposta, qualsiasi essa sia, a tanta corresponsabilità e complicità.
L’Indecenza e la Forma
Pasolini nella stanza della tortura
di Giuseppe Manfridi
con Francesca Benedetti, Sebastian Gimelli Morosini
musiche David Barittoni
regia Marco Carniti
produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale
Teatro Argentina, Roma 13 febbraio 2017