In occasione dello spettacolo Pasolini: un poeta, un corsaro, andato in scena a Lucca il 26 aprile 2017 (ne abbiamo dato notizia anche su questo blog), il pianista Fabrizio Datteri e il compositore Gianmarco Caselli raccontano della loro collaborazione musicale e dell’esperienza con la voce recitante del grande attore Eros Pagni. Mara Lacchè (su www.amadeusonline.net) raccoglie le interessanti riflessioni dei due musicisti, impegnati a incrociare la parola con il minimalismo e il suono elettronico.
Pasolini tra minimalismo ed elettronica
di Mara Lacchè
www.amadeusonline.net – maggio 2017
«Io sono una forza del Passato», dichiarava Pier Paolo Pasolini, rivelando la percezione della parte più vitale della nostra memoria, sede dei nostri ricordi e dei nostri conflitti. Con il celebre componimento, tratto dalla raccolta Poesia in forma di rosa (1964), ha avuto inizio lo spettacolo poetico-musicale Pasolini: un poeta, un corsaro presentato il 26 aprile 2017, nell’ambito della rassegna Tra ragione e cuore, al cinema-teatro Artè di Capannori (Lu).
Alla sconcertante modernità del grande poeta, alla dimensione profetica della suo pensiero, sono stati dedicati così cinque percorsi, quali stimoli «perché venga letto o riletto, pensato o ripensato», senza santificazioni o mitizzazioni (Gianni Quilici): al prologo hanno così fatto seguito le “schegge di vita” (appunti autobiografici), “il poeta”, con letture dalle Ceneri di Gramsci e da La religione del mio tempo (Il mio desiderio di ricchezza), nonché gli “amori”, ovvero la figura materna di Supplica a mia madre e quella dell’amico di sempre, Ninetto Davoli, il Ninarieddo del poema Uno dei tanti epiloghi.
È stato presentato l’intellettuale che ha il coraggio di essere controcorrente, opponendosi all’omologazione e al consumismo, ovvero il PPP “corsaro” che emerge nell’intervista a Furio Colombo (rilasciata il giorno prima della tragica uccisione) e dal celebre frammento del Poeta delle Ceneri (autobiografia in versi risalente al 1966-1967), per arrivare all’urlo dal romanzo Teorema, ovvero quel grido che non avrà mai fine e in cui il protagonista esprime la consapevolezza della propria esistenza, che coincide con l’immortalità. Il viaggio nella letteratura e nel pensiero pasoliniani, accompagnato dalla voce inconfondibile e dalla straordinaria presenza scenica di Eros Pagni, è stato punteggiato dagli interventi del pianoforte di Fabrizio Datteri e dell’elettronica del compositore Gianmarco Caselli, entrambi «emozionati e orgogliosi di aver potuto collaborare ed essere sul palco con uno dei “mostri sacri” del teatro italiano».
Nella composizione introduttiva, Sono le nuvole per elettronica e pianoforte del compositore lucchese, fra interferenze, ritmi creati con il sintetizzatore, suoni concreti che propongono i messaggi indistinti e rumorosi dei media e i ritmi ossessivi della vita, sono emerse la voce inconfondibile di Pasolini e il canto di Domenico Modugno, con un frammento della canzone Cosa sono le nuvole?. «Mentre pensavo a come scrivere questo brano ‒ ha sottolineato Gianmarco Caselli ‒ ho visualizzato chiaramente una luce azzurra. Anziché pensare alla drammaticità della morte di Pasolini, ho avuto da subito nitida davanti ai miei occhi la sua vitalità, il suo voler godere la vita pienamente. Per questo il brano l’ho pensato e composto come positivo, non drammatico». Ne è scaturita un’affascinante sintesi della poetica pasoliniana, ricca di esperienze stilistiche diverse e di tensioni, tale da ricalcare la necessità, fortemente sentita dal compositore stesso, di scrivere un brano che, pur nella sua eventuale complessità, esprimesse l’immediatezza del modello comunicativo pasoliniano, che si manifesta attraverso una narrazione fluida e veloce e alla ricerca di logicità del linguaggio poetico.
Tale aspetto è stato il perno attorno al quale Fabrizio Datteri ha sviluppato il suo originale percorso musicale, improntato su atmosfere minimal. «La realizzazione concettuale del programma ‒ ha affermato il pianista lucchese ‒ è stata difficile, non volendo cadere nel mero accompagnamento dello spettacolo in chiave emotiva. Pensando alla figura di Pasolini, alla sua statura di intellettuale, poeta, artista e alla semplicità del suo linguaggio, alla sua ricerca di comunicazione immediata, ho pensato di partire dal Minimalismo, il movimento che, dagli anni Sessanta del secolo scorso, ha rifiutato la strada intrapresa dalle neoavanguardie che cercavano nel serialismo una forma di espressione estremamente complessa, per la maggior parte del pubblico incomprensibile, e da lì creare un percorso organico».
Ai “viaggi” tra i testi pasoliniani sono state così alternate le esecuzioni di brani noti come Uno di Ludovico Einaudi e Closing di Philip Glass, del minimal jazz di Chick Corea (Children Song IV), nonché delle «suggestive colorazioni/contaminazioni di Alva Noto e Ryuichi Sakamoto (in cui forte è il rimando alla minimal music nella rielaborazione del tema della canzone di Brian Eno By This River)».
La volontà di creare un’intima commistione fra testo e musica si è manifestata attraverso un’interessante ricerca «di parole, significati, atmosfere che permettessero alla musica di semantizzarsi, amalgamandosi o contrastando, accogliendo o allontanando. Per fare qualche esempio ‒ ha spiegato ancora Fabrizio Datteri ‒, dopo il brano di Gianmarco Caselli il cui carattere di sospensione e staticità è collegato a una struttura, pensata come incipit dello spettacolo, che riprende la canzone di Modugno, l’annuncio della morte di Pasolini è stato associato al brano Spiegel am Spiegel di Arvo Pärt, composizione rarefatta e struggente; l’atmosfera sospesa, insieme al preannuncio dell’Urlo è stata invece evocata dalla Barcarolle di Stefano Ianne, la cui matrice di prog rock si fonde a una tessitura minimal».
A conclusione dell’itinerario pasoliniano, Remembering Bach dello stesso pianista, presenta la celebre Aria su cui erano state costruite le bachiane Variazioni Goldberg: essa «viene solo accennata, nella propria struttura, dal pianoforte, mentre l’integrità del tema arriva all’ascoltatore pianissimo, sfumata, come un ricordo perduto»: si tratta infatti, secondo Fabrizio Datteri, «di un brano senza ambizioni compositive», basato «sul concetto di memoria e identità, su ciò che abbiamo perduto di bello, o che rimane ormai solo in sottofondo nella nostra coscienza».
L’elettronica, che «recupera una dimensione paradossalmente, naturale e animale e quindi nel momento in cui non è più se stessa ma diventa “altro”» (Gianmarco Caselli), nel suo dialogo con il pianoforte rappresenta, nella concezione del pianista lucchese, «un ampliamento espressivo e di sperimentazione in alcuni brani», permettendo anche al “suono” di «non abbandonare mai lo spettacolo, avvolgendolo e creando un unicum dall’inizio alla fine». Accanto a sonorità come voci registrate in luoghi pubblici, tintinnii di tazzine da caffè che semplicemente creano un ambiente sonoro, agli accompagnamenti tradizionali realizzati con la tastiera, «la situazione sonora ‒ secondo Gianmarco Caselli ‒ si fa molto più intrigante perché alcune serie di suoni generati con il sintetizzatore e suoni concreti decontestualizzati come respiri, carte stropicciate, diventano autonome, acquisiscono vita autonoma e dialogano con il pianoforte di Fabrizio Datteri».