Alla RuhrTriennale 2015  “Accattone” in un’imponente  versione teatrale

“Una Triennale  con un direttore diverso ogni tre anni, ininterrottamente, dal 2002. E’ questo l’ambiziosa sfida della RuhrTriennale, animata da  un programma ricchissimo di teatro, musica, danza e arte contemporanea, nel contesto straordinario di una manciata di chilometri quadrati, il bacino della Ruhr, tra Duisburg, Essen e Bochum, dove quindici anni fa è stata colta una storica opportunità: capire il potenziale culturale di ciò che era destinato alla rovina, all’abbandono e allo squallore, e farlo rinascere grazie al confronto con la creazione contemporanea, e non solo.
Il panorama di questa parte della regione della Ruhr sarebbe potuto essere quello di una zona “post”con brandelli delle gloriose epoche di forsennata produzione industriale – capannoni, ciminiere, gasometri – che punteggiano una squallida periferia di stazioni di servizio, centri commerciali e case di ex operai in cassa integrazione. Ma qui la scelta è stata coraggiosa, decisa e, dopo tutti questi anni, vincente ed entusiasmante: l’archeologia industriale ha puntato sull’interesse storico e culturale di questi “monumenti” nazionali, ma non si è limitata a conservare. Il potenziale di questo panorama era ben più interessante di un museo etnografico a cielo aperto: miniere, centrali energetiche, saline, capannoni, fonderie e altiforni sono diventati teatri, musei, sale da concerto, spazi espositivi, ristoranti e librerie che si nutrono degli spazi, dei volumi e della malleabilità di questi luoghi, predestinati alla creazione e all’estetica contemporanee.
E i creatori non sono mancati:  Ilya Kabakov, Bill Viola, Christian Boltanski e Matthew Barney per le arti visive; Trisha Brown, Pina Bausch, Tino Sehgal e Anne Teresa de Keersmaeker per la danza; Peter Brook, Jan Fabre, Robert Wilson e Romeo Castellucci per il teatro; Patti Smith, Laurie Anderson, Carl Craig e Massive Attack per la musica. Per non citare che alcuni fra i nomi più importanti, ciascuno nei propri ambiti, che spesso si mescolano e si confondono, coinvolgendo talora anche il pubblico in forti esperienze di tipo partecipativo.
Questa è forse una delle chiavi del successo della RuhrTriennale: la costante reciprocità tra le persone, le opere e gli spazi, reciprocità che rende possibili forti esperienze estetiche, nel legame indissolubile tra ciò che accade e i luoghi in cui questo avviene, che non sono fondali suggestivi in secondo piano, ma diventano polo fondamentale di un dialogo costante e serrato, materia prima delle scelte creative e mediatore d’eccellenza per gli spettatori.
Ciò che contraddistingue la Triennale e, ancora di più, il suo contesto, è la continuità e la diversificazione delle proposte e delle realtà che sono state create: non c’è solo la Triennale infatti, ad attirare numeri crescenti di frequentatori. Cuore di un progetto più globale è una ricca rete culturale e museografica permanente che collega le città e la sua popolazione, fra musei dell’industria, visite e laboratori nelle miniere e nei diversi siti d’interesse, centri didattici, cinema, piscine all’aperto, ciò che, insomma, può ricucire le ferite di un territorio, ricostruire l’identità collettiva dei suoi abitanti e, soprattutto, migliorare la qualità della vita e dell’immagine che si ha del proprio abitare”.

RuhrTriennale
RuhrTriennale

Su www.artribune.com del 21 agosto 2014 Giulia Repetto descrive così l’esperienza della Ruhr Triennale, straordinario contenitore di esperienze  creative e partecipative in un luogo post-industriale riqualificato a eccezionale spazio di condivisione culturale.
Qui, nella nuova direzione di Johan Simons,  ha debuttato di recente anche la trasposizione teatrale del film Accattone di Pasolini su adattamento di Koen Tachelet e per la regia di Johan Simons. Stando  alla recensione di Stefano Nardelli, da cui estrapoliamo un brano, l’ardita operazione non  pare tuttavia completamente riuscita, forse anche a causa della vastità enorme degli spazi usati per una messinscena che così ha perso la dimensione della  tragica pietas dei miserabili straccioni pasoliniani.

Un “Accattone” tedesco negli spazi post-industriali della Ruhr
di Stefano Randelli

www.giornaledellamusica.it  – 27 agosto 2015

Ruhrtriennale anno 14, primo dell’era Simons. Sono pochi i grandi festival estivi che somigliano a chi li fa. È certamente questo il caso della Ruhrtriennale, giovane ma da subito con una personalità spiccata, che riflette quella dei suoi direttori: Gérard Mortier, Jürgen Flimm, Willy Decker, Heiner Goebbels e ora Johan Simons. Carta bianca per i tre anni, quelli del mandato, che ognuno ha interpretato con estrema libertà, spostando di volta in volta l’asse di questo “festival delle arti” su linguaggi e forme prossime ai propri percorsi artistici ma che, non di rado, si è anche spinto in acque inesplorate, complici gli imponenti scenari industriali che fanno da cornice agli eventi.
Scenari che risultano familiari al sessantottenne Johan Simons, fondatore a metà degli anni Ottanta di quel Theatergroep Hollandia che preferiva fabbriche abbandonate, stalle e chiese di campagna alle canoniche sale teatrali. Nasce da quelle esperienze l’evento che ha aperto la sua Ruhrtriennale: Accattone di Pier Paolo Pasolini adattato da Koen Tachelet e con le musiche, come nel film, di Johann Sebastian Bach. Non nuovo alle trasposizioni dal cinema al teatro (l’ha già fatto con il Fellini di E la nave va ma anche con il Visconti de La caduta degli dei, passato anche in una Ruhrtriennale), questo suo Pasolini qualcosa perde nel passaggio dalle borgate periferiche di una Roma in pieno sviluppo al relitto dell’enorme vascello di 210 metri di lunghezza e 65 di larghezza, un tempo usato per la miscelazione del carbone nella miniera di Lohberg a Dinslaken, sobborgo operaio nella periferia estrema dell’immenso bacino della Ruhr.

"Accattone" alla RuhrTriennale 2015
“Accattone” alla RuhrTriennale 2015

Questo “Musiktheater” diretto da Simons è in realtà un’amalgama poco riuscito fra la sceneggiatura pasoliniana recitata con dedizione dal prestante Steven Scharf (Accattone) e compagni, e cosparsa dei lussuosi ma brevissimi interventi musicali bachiani suonati dal vivo del formidabile Collegium Vocale Gent. Manca soprattutto la verità dei miserabili pasoliniani, la loro lingua sporca, la loro ruvida naturalità, insomma tutto quello che rende credibile la (quasi) sacra rappresentazione di passione e morte di Accattone.

"Accattone" alla RuhrTriennale 2015. Un quadro
“Accattone” alla RuhrTriennale 2015. Un quadro