A Ostia, all’interno del corso di formazione della FICC (Federazione Italiana dei Circoli del Cinema), tenutosi tra l’11 e il 13 dicembre 2015, è stato proiettato il mediometraggio Album che la regista Valeria Patanè ha realizzato nel 2012 in Spagna. Lì, ha immaginato l’incontro tra Giacomo Morante e Enrique Irazoqui, a più di quarant’anni di distanza dal film pasoliniano Il Vangelo secondo Matteo in cui, rispettivamente, erano stati interpreti dell’Apostolo Giovanni e di Cristo. Per Giacomo, accompagnato dalla figlia Susanna, una scarrozzata in auto fino a Cadaqués, dove effettivamente Irazoqui vive, e lì un nuovo abbraccio tra i due, già amici sul set, favorito anche dai ricordi risvegliati dalle fotografie scattate a Matera durante la lavorazione del film e ora portate in dono da Giacomo al “suo” Gesù spagnolo.
La pellicola, a metà tra il road movie e la testimonianza, è impreziosita anche dalle riprese inedite che, a suo tempo, il quindicenne Giacomo Morante girò sul set con una piccola telecamera e che ha da poco fortunosamente recuperato.
Di Album e del suo significato, con l’auspicio di rivederlo ancora, racconta Elisabetta Randaccio in una scheda apparsa su “Diari di Cineclub”, n. 35, del mese di gennaio 2016. (af)
Album (2012)
di Valeria Patanè
con Giacomo Morante, Susanna Morante e Enrique Irazoqui (Spagna-Italia, 37’)
una scheda di Elisabetta Randaccio
www.cineclubromafedic.it – numero 35 / gennaio 2016
Le rassegne cinematografiche, specificatamente quelle realizzate dai circoli del cinema, possono concedere una seconda vita a film passati troppo velocemente nei circuiti d’essai. È il caso di Album, il mediometraggio diretto dalla regista Valeria Patanè, che, per il suo contenuto, ha trovato spazio nelle manifestazioni riguardanti l’anniversario della morte di Pasolini e anche è stato inserito nel corso di formazione tenuto dalla FICC (Federazione Italiana dei Circoli del Cinema) a Ostia dall’11 al 13 dicembre scorsi.

Album è una tappa essenziale nel percorso cinematografico di Valeria Patanè, segnato da un’attenzione peculiare alla memoria collettiva nelle sue complesse declinazioni. Si veda, in questo senso, per esempio, il recente Zuddas, su un combattente sardo nella guerra di Spagna. La regista si serve, come metodo per la costruzione dei suoi lavori, di una puntigliosa documentazione per arrivare, poi, a trasporre per immagini vicende lasciate, spesso, a sfumare nell’oblio, riportandole all’attenzione dello spettatore, in maniera delicatamente accattivante. Le sue produzioni prendono vita dalla passione dell’autrice e riescono ad andare oltre le limitazioni finanziarie e di mezzi, perché la sua creatività è volenterosa e di talento. Album nasce dall’incontro tra la Patanè e Giacomo Morante. Solo dopo una lunga frequentazione tra i due, si scopre come Morante, nel 1964, era stato scelto, attraverso la mediazione della zia Elsa, la grande scrittrice cara amica in quell’epoca di Pier Paolo Pasolini, per interpretare San Giovanni nel Vangelo secondo Matteo. L’esperienza fu, comunque, straordinaria, per quanto non ebbe nessun seguito nelle scelte professionali del giovane (allora quindicenne), che eserciterà la professione di maestro fino alla pensione. Giacomo Morante, però, divenne amico del protagonista Enrique Irazoqui, il Gesù tormentato del film di Pasolini. Anch’egli “Gesù per caso”, come capitava spesso nelle opere del regista di Accattone. Pasolini sceglieva prima di tutto visi espressivi, capaci di supportare la sua immaginazione iconografica. Irazoqui, nel 1964, era uno studente antifranchista, venuto a Roma per chiedere a Pasolini un aiuto per la sua tesi di laurea. Il regista raccontò in varie occasioni come, quando il ragazzo spagnolo suonò alla sua porta e gli aprì, capì finalmente di aver trovato il “suo” Cristo. Valeria Patanè intesse in Album, una situazione posta a metà tra fiction e documentario, in cui, dopo cinquanta anni, Morante e Irazoqui si rincontrano, causa uno splendido album di fotografie realizzate sul set del Vangelo da portare in Spagna al vecchio amico di un tempo, per ricordare i mesi faticosi e esaltanti della costruzione del film di Pasolini. Attraverso la figura di una giovane giornalista (in realtà, Susanna, figlia di Morante), si intesse un piccolo road movie attraverso la Spagna meno folclorica verso il paese dove abita attualmente Irazoqui, uno spunto per raccontare alcuni elementi di costruzione del Vangelo. Si ricorda come Pasolini riuscisse, con pazienza, a far lavorare gli attori non professionisti (pastori o intellettuali che fossero), come ascoltasse con attenzione il suo direttore della fotografia (Tonino Delli Colli, complice attivo della bellezza dei film di Pasolini), come le scene più faticose fossero quelle di massa, ripetute all’infinito, come, a Venezia, per la prima della pellicola, fosse invitato il protagonista, ma non l’interprete di San Giovanni. Ad aggiungere interesse al racconto sono le immagini girate sul set dallo stesso Giacomo, preziosi fotogrammi dove possiamo scorgere la Matera-Gerusalemme, ancora “primitiva”, non recuperata dal restauro, e alcuni momenti nei quali si rivelano le varie anime della costruzione di un lungometraggio: Giacomo-Giovanni che si fa riprendere in costume, ma con un cappello moderno su un asino o Gesù-Enrique intento a scherzare prima della scena della crocifissione. Sicuramente questi momenti sono tra i più interessanti del film. Nella parte finale i due vecchi amici si rincontrano: battute, rughe, ricordi e considerazioni sembrano accentuare l’inafferrabilità di un passato straordinario ma come congelato in un’altra vita. Irazoqui rievoca Pasolini, la madre Susanna, la quale interpretava la Madonna nel Vangelo («La vedevo seduta al caldo e mi chiedevo perché il figlio la sottomesse a questa situazione»; «Per interpretare meglio il dolore di Maria davanti alla Croce. In realtà le si avvicinava all’orecchio e le sussurrava “ricordati di Guido”, il fratello di Pier Paolo, morto a Porzus»). L’incontro si conclude di fronte alla spiaggia di Cadaqués; Giacomo e Susanna ritorneranno in Italia, il Vangelo secondo Matteo, ormai, è entrato nel novero dei capolavori filmici e, per gli spettatori, Giacomo e Gesù saranno sempre quei visi di ragazzi inquieti, fermi nel tempo di una giovinezza eterna che solo la macchina cinema può cristallizzare.