Nel corso degli anni molti visitatori di “Pagine corsare” hanno inviato alla redazione il loro ricordo in versi o in prosa, a testimonianza di un ventaglio di emozioni legate al poeta scomparso, tra condivisione sentimentale, disillusione e talora indignazione. Qui di seguito li ripubblichiamo.
1.A Casarsa il 25 aprile. Una poesia di Gianni Biondillo
(“Nazione indiana” – 2 novembre 2005)
Qui sull’arida sponda delle tue ceneri
sto, Pier Paolo, dismesso
Dal mondo che mi ufa.
I figli di allora sono ora
padri ancora più bui
e i giovani sembrano mostri
morti d’inedia.
Il vento da destra mi gela le ossa.
Non mi eri padre né mi sei fratello
per un banale scarto di ere,
quello che mi hai dato è inattuale.
Giro per le tue rovine
dannato all’eterna mediocrità.
La prospettiva si curva:
ho dato le spalle alle ombre
ma ora la luce mi fa a pezzi.
[Alcune parole che ho scritto davanti la tomba di Pasolini a Casarsa oltre un decennio fa. G.B.]
2.Una poesia di Emanuele Di Marco
(2007)
Sull’amore. Una delle tante meditazioni
Come ogni anno ci incontriamo, Pa’,
nello strano gioco della vita
e della morte.
Tu, andato via da trentadue anni,
io, da trentadue anni arrivato,
fra poco trentatré, come Cristo,
nello stesso mese dei Morti.
Questi giorni, più intensamente, ti pensavo.
E, per questo, ho voluto parlarti un poco,
nelle tue poesie,
riscoperte ad una ad una
cercando quello che sapevo:
che anche tu,
come me,
diverso da me,
eri, veramente, innamorato.
Pochi compresero quel tuo amore tanto puro
e poi rabbioso nel momento del rifiuto.
Pochi, nemmeno gli amici,
riuscirono a capire che quel tuo terso,
folle amore che svaniva,
ti lasciava più solo che mai.
Pochi, nessuno forse, si accorse
che le tue notti sarebbero state,
da quel momento,
più dure e fredde,
i silenzi più incolmabili,
la fatica del corpo e dell’anima
che invecchiavano,
troppo dolorosi
per non urlare.
Non avresti più visto
quel modo buffo di camminare;
non ti saresti più perso
in quel certo luccichio di occhi.
Avevi detto “Io non viaggio più”:
avresti dovuto ricominciare a viaggiare.
Con tanti, troppi, viaggi
nelle gambe stanche,
di nuovo cane randagio
nel gelo di prati illusi dal chiarore della luna.
Trasumanare è più facile che organizzare.
A chi avresti più pagato il passaggio?
Chi mai ti avrebbe illuso ancora
col sorriso sotto i riccioli neri?
Chi, chi, perdio!, avrebbe potuto
in alcun caso salvarti
con la sua sola, semplice gaiezza?
Ti immagino, in quella sera del ’75,
l’ultima sera del mondo,
guardare con occhi vitrei
e nascosti, sempre, dagli occhiali scuri,
la scena del tuo amore per sempre finito.
Quello che successe dopo lo sappiamo,
lo sapevi, lo sai.
Mi stringe il cuore il pensiero che, come tanti,
tu, quella notte, abbia perso la vita per amore,
credendo per un attimo,
illuso, Pa’, illuso,
che ci potesse essere un altro amore.
E che l’ultima immagine nei tuoi occhi
dopo quella della madre,
sia stata quella di colui che più non ti amava,
che, dicevi, con inspiegabile furia
quell’amore lo aveva distrutto.
In realtà, ora lo sai bene, non avevate colpa
né tu, che eri innamorato,
né lui, che non poteva amarti.
Poveraccio, con le lacrime agli occhi,
il giorno dopo,
sarebbe venuto proprio lui
a riconoscere la tua fine crudele.
[2 novembre 2007]
3.Una poesia di Nicola Cocco
(2007)
… passivo come un uccelletto che vede tutto, volando,
e si porta in cuore nel volo in cielo la coscienza che non perdona
[Pier Paolo Pasolini]
“Non dire che i giusti muoiono”
parole antiche, di chissà quale autore greco.
Però nella metodica realtà dei fatti
li massacrano,
li ricoprono di vergogna
o di terriccio.
Li dimenticano,
o ne fanno monumenti schiacciati
e le lapidi diventano
più fredde.
E per una volta non uso “noi”
assolutori.
Però sempre la loro vita
impregna l’aria
come una nebbia dorata.
alba perpetua
contro i fautori della notte.
Questo il commento che Nicola Cocco ha espresso inviando ora i suoi versi a “Pagine corsare”:
«Due anni fa, proprio in questi primi giorni di novembre, sono stato a Casarsa, ad affacciare la mia rabbia e la mia disperata voglia di agire sulla tomba di Pasolini. Non avevo alcuna voglia di abbandonarmi al patetico tentativo di “commemorare” un grande, di rendergli “omaggio”, di offrirgli il mio pensoso silenzio. Per poi restare con l’acidula sensazione in bocca di essere lì a parlare con un morto. Quello che facevo, in bilico sul gradino della tomba semplice e dignitosa, con la madre a fianco che probabilmente scrollava il capo nel vederci, era digrignare i denti, per l’Italia, per me, per quello che ci sta accadendo da chissà quanti trent’anni, per il fatto che non riusciamo a parlarne davvero. E come surrogato organizziamo convegni, leggiamo libri e incarichiamo le coscienze civili di professione affinché, da qualche pagina o salotto televisivo, ci dicano cosa pensare, di cosa sentirci in colpa, cosa temere. Digrignavo i denti, non tremavo, nonostante i sottili graffi freddi della pioggia. Non tremavo. Alla fine, ho lasciato una pagina sulla lapide con questi versi, ingenui, che si saranno sciolti nella pioggia e nel vento, com’è giusto che sia.»
4.Due poesie di Laura Alberico
(2007-2009)
Dedicata…
Non è il mare a togliermi il respiro
ma la terra confusa con il cielo
quando il vento porta sabbia d’ocra rossa
e il tramonto è un ricordo disperato.
Giorno che muta il grido in solitudine
e si spoglia di antiche convinzioni
per accogliere l’attesa del ritorno
sulla porta della casa del perdono.
Un frammento di tempo
fragile trasparenza
riflesso cangiante di colori vivi
che nella morte la luce ha conservato.
[31 ottobre 2007]
La ricorrenza
Ricorre sempre il tempo che non è stato
come un perdono di antiche incomprensioni
amore senza bersaglio di un cuore tormentato
sguardi che alle parole hanno vietato i sentimenti.
Oltre il confine del silenzio e del dolore
il cuore e la ragione rinascono a nuova vita.
Queste radici mi riportano alla terra
in cui dimora l’origine e la fine
forza che tende l’arco della vita
per maturare il valore del ricordo.
[2009]
5. Una lettera di Simona Ruffini
(2009)
Caro Pier Paolo
Roma, Lunedì 2 novembre 2009
Caro Pier Paolo,
tu non mi conosci ma io conosco te. Non da molto, è vero, ma come si dice non è mai troppo tardi.
Mi è stato chiesto perché io, che quasi non ero nata quando tu sei morto, mi stia battendo per la tua verità. Che dovrei rispondere secondo te? Mi viene quasi da sorridere. Perché la memoria non appartiene a qualcuno, e dunque appartiene a tutti.
Scusami, non mi sono ancora presentata. Noi giovani di oggi a volte siamo un po’ maleducati.Mi chiamo Simona Ruffini e sono specializzata in criminologia. No, non mi definisco criminologa perché oggi criminologi lo sono un po’ tutti, no?
Ti racconto una storia, la tua.Tutto è iniziato il 27 marzo di quest’anno, quando ho presentato alla Procura della Repubblica la richiesta di riapertura delle indagini sulla tua morte. Tu pensa che davo quasi per scontato che fosse accolta. Invece non mi hanno ancora risposto. È vero, noi giovani d’oggi siamo un po’ impazienti, hai ragione. Ma è passato quasi un anno da allora.
Mio padre dice che chiedere è lecito e rispondere è cortesia.
È successo che da allora ho conosciuto tante persone, di quelle che ti conoscevano sai? Per esempio Pecetto! Ti ricordi di lui? Lo sono andato a trovare a Donna Olimpia e lui mi ha portato in giro per il quartiere, raccontandomi dei posti che frequentavi e delle cose che dicevi.
Quanto gli manchi…
Poi ho conosciuto un regista che sta girando un film sull’ultimo anno della tua vita. Lo sai che si dice che Massimo Ranieri farà te, ce lo vedi? Ti assomiglia molto, mi pare.
Ah! Poi ho conosciuto il carabiniere che si infiltrò nel giro della mala al Tiburtino, che forza. E tante persone che però non posso dire perché me l’han chiesto di non nominarle. In fondo le capisco, sai. Sono molto disilluse. Invece noi giovani d’oggi abbiamo una testa dura!
Ma scusami, ho perso il filo. Stavo dicendo delle indagini.
Quello che io ho chiesto è molto semplice, in fondo. Esistono dei reperti qui a Roma, tra cui la tua camicia e i tuoi occhiali. Non sai che emozione vederli, è stato quasi un ponte tra me e te. Quasi che avvicinandoli potessi forse toccarti. Ebbene, su quei reperti si possono fare delle indagini, oggi è possibile. Lo conferma anche Garofano, il comandante del Ris. Alla fine di un convegno, tempo fa, l’ho inseguito di corsa mentre andava alla stazione proprio per chiederglielo. Chissà che avrà pensato!
Saresti curioso di sapere quante cose si possono fare oggi. E questo mi chiedo, perché non si fanno? Il PM del caso non è obbligato a riaprirle le indagini, ma almeno potrebbe aprirmi la porta quando vado a bussare, non credi? Mi basta una risposta.
Poi è capitato che su Facebook io abbia trovato… come dici? Ah già, Facebook. È un social network, cioè uno spazio virtuale nel quale noi giovani… come dici? Si, forse noi giovani abbiamo un po’ troppe cose. Ma per una volta vorrei usarle bene queste cose. Sai che è pieno di gruppi dedicati a te? Mi hanno scritto in parecchi, e li ringrazio tutti, perché noi giovani avremo tanti difetti, ma la verità la vogliamo a tutti i costi.
Buon anniversario Pier Paolo.
6. Una poesia di Iorio
(2009)
Un pugno di cenere
… un pugno di cenere
di chiasso
e di solitudine…
un drogato istupidimento degli uni
un furbesco conformismo degli altri
e la smodata voglia d’avere
senza curarsi più d’essere
Una mutazione mostruosa
che viene da lontano
dalla pacificazione sociale
nella deriva dei movimenti
il trionfo dei mercati
e della finanza
delle città da bere
e dei loro martiri in contumacia
autoesiliatisi all’estero
in faraoniche ville
E il pensiero unico che dilaga
dopo la caduta del muro
il capitale e i padroni unici
gli avventurieri del danaro
con la complicità della politica
la fine del proletariato e della borghesia
disciolti in una classe media informe
l’incanaglimento di tutti
E nasce la cultura del narcisismo
del pensiero debole
del chiacchiericcio
che sostituisce il pensiero
la rivolta
che si fa esibizione
Eccoci ai nostri anni
al tristissimo oggi
frutto dei nostri errori
di ieri
dove resta ben poco da cui ripartire
un poco
confinato e sbeffeggiato in pochi cuori
dove tuttavia
vibrano ancora i furori
della non accettazione
dove tra tanta desolazione
non s’arrende la speranza.
[ispirato da uno scritto di Goffredo Fofi] , 22 ottobre 2009