Pasolini e il Mandrione, borgata della miseria e dell’emarginazione

PAGINE CORSARE

Fondo Angela Molteni

La vita

Riportiamo la breve pagina che, su “Pagine corsare”, riporta lo sguardo di Pasolini sul Mandrione, una borgata della periferia romana tristemente nota nel passato per il suo degrado e la sua miseria.
A seguire una scheda su quel quartiere, sulla sua storia e sugli interventi per il suo definitivo  recupero.

Pasolini al Mandrione

A Roma, gli sfollati del bombardamento di San Lorenzo del 1943 occuparono gli archi da Porta Maggiore fino al Mandrione, a Tor Fiscale. L’acqua fornita dall’acquedotto era ancora potabile e il riscaldamento era assicurato dalle spesse volte degli archi, che accumulavano durante il giorno il calore sufficiente per riscaldare un’intera notte. E il cibo veniva prodotto coltivando la terra circostante, i famosi ‘orti’.
Qui continuavano a vivere dentro le baracche, sotto gli archi chiusi con mezzi di fortuna o nelle case improvvisate nelle viscere degli acquedotti, comunità di rom e di meridionali, in terribili condizioni igieniche. L’asfalto era un miraggio, i bambini giocavano tra terra e fango.

Il Mandrione. Acquedotto
Il Mandrione. Acquedotto

Qui si fermò più volte Pasolini, che vi ambientò scene dei suoi film, ne scrisse e ne fece motivo di interventi politici.

(…) Ricordo che un giorno passando per il Mandrione in macchina con due miei amici bolognesi, angosciati a quella vista, c’erano, davanti ai loro tuguri, a ruzzare sul fango lurido, dei ragazzini, dai due ai quattro o cinque anni. Erano vestiti con degli stracci: uno addirittura con una pelliccetta trovata chissà dove come un piccolo selvaggio. Correvano qua e là, senza le regole di un giuoco qualsiasi: si muovevano, si agitavano come se fossero ciechi, in quei pochi metri quadrati dov’erano nati e dove erano sempre rimasti, senza conoscere altro del mondo se non la casettina dove dormivano e i due palmi di melma dove giocavano. Vedendoci passare con la macchina, uno, un maschietto, ormai ben piantato malgrado i suoi due o tre anni di età, si mise la manina sporca contro la bocca, e, di sua iniziativa tutto allegro e affettuoso ci mandò un bacetto. […] La pura vitalità che è alla base di queste anime, vuol dire mescolanza di male allo stato puro e di bene allo stato puro: violenza e bontà, malvagità e innocenza, malgrado tutto.
(Pier Paolo Pasolini, “Vie Nuove”, maggio 1958)

Roma. Borgata Mandrione
Roma. Borgata Mandrione nel passato

Nota
Il Mandrione è un’area urbana del IX Municipio di Roma Capitale. È posto alla destra del tratto iniziale della via Casilina, nel quartiere Q.VIII  Tuscolano. Prende il nome dalla via che la attraversa, da via Casilina (altezza Pigneto) a via Tuscolana (altezza Porta Furba), la quale a sua volta si rifà all’antica usanza di portare nei prati di allora mandrie a pascolare.

Storia
La zona fu inizialmente occupata dagli sfollati del bombardamento di San Lorenzo del 1943, che vi costruirono delle baracche sotto gli archi dell’acquedotto Felice. Successivamente, dagli anni ’50, divenne famosa come zona di zingari e prostitute.
Il Mandrione è citato in diverse opere letterarie e cinematografiche, fra tutte quelle di Pier Paolo Pasolini che è stato anche spesso ritratto mentre passeggiava per via del Mandrione e nei suoi dintorni.
Nonostante l’intento politico e culturale volto a riqualificare l’area, via del Mandrione rimase fortemente degradata fino alla seconda metà degli anni ’70, quando il lavoro svolto dal 1975 al 1984 da Angelina Linda Zammataro , nota anche come Linda Fusco, psicologa e pedagogista, fondatrice del metodo della psicoanimazione, riuscì a dare una svolta risolutiva, tanto che, negli anni successivi, il Mandrione è diventato una zona residenziale dalla viva attività artigianale, dove, affiancati all’acquedotto, si alternano esercizi commerciali, anche di una certa eleganza, palazzine, officine, botteghe di artigiani, treni (almeno 3 linee ferroviarie si snodano intorno alla via principale).

Progetti artistico-culturali sul Mandrione
Di grande interesse l’inchiesta svolta nell’aprile del 1956 dall’antropologo Franco Cagnetta e dal fotografo Franco Pinna (1925-1978). Supportata dall’editore Giangiacomo Feltrinelli, fu seguita da vicino da importanti personaggi della cultura come Elsa Morante, Goffredo Parise e Pier Paolo Pasolini. Partiva, con la visita al Mandrione, un ampio progetto sulle borgate romane e si innestava su una ricerca di Giorgio Nataletti e Diego Carpitella  sulle usanze coreutico-musicali degli zingari residenti nelle vicinanze della via Casilina. Le danze e le musiche rom furono perciò oggetto di una documentazione integrata, che associava le fotografie di Pinna alle registrazioni sonore.
Il progetto proseguì con la visita della zona delle prostitute, verso la via Tuscolana, giungendo fino alle baracche dell’Acquedotto Felice. La documentazione fotografica realizzata da Pinna in questo frangente viene ritenuta fra le più importanti di tutta la fotografia neorealistica.

Dal degrado all’integrazione
Linda Zammataro, durante la sua sperimentazione nella scuola elementare “G. Cagliero” nel quartiere Appio-Tuscolano di Roma, si trovò ad affrontare il problema dell’integrazione degli zingari nella scuola. La scientificità del suo metodo la portò a prendere visione dell’ambiente famigliare dei bambini della comunità rom del vicino vicolo del Mandrione. Le condizioni di vita erano inaccettabili: roulotte e baracche erano immerse nel fango e mancava l’acqua corrente. Non era possibile pensare all’inserimento nella scuola, presupposto essenziale per l’integrazione nella società, senza prima risolvere degnamente il problema abitativo. Così iniziò una lunga operazione politico-culturale che portò alla creazione di una coscienza civica negli zingari lì residenti. Dopo una lunga mobilitazione, che ha visto la realizzazione per la RAI di due documentari dal titolo Al margine  e  Essere zingari al Mandrione  (regia di Gianni Serra),  la produzione delle mostre Crescere zingaro al Mandrione e Zingaro a tre anni presentata al Continente Infanzia, Angelina Linda Zammataro riuscì a fare assegnare dal Comune di Roma agli zingari e ai baraccati di via del Mandrione degli alloggi popolari a Spinaceto, periferia sud di Roma.
L’abbandono del Mandrione da parte dei suoi abitanti coincise con l’abbattimento delle baracche per impedire che le stesse venissero occupate da altri disperati. Da quel momento ha avuto inizio il processo di riqualificazione e di recupero del territorio.
(Fonte: Wikipedia)