Giuseppe Lorin, regista teatrale, giornalista e operatore culturale, intervista nel 2009 “er Pecetto”, al secolo il pittore e poeta Silvio Parrello, custode della memoria di Pasolini nel quartiere romano di Monteverde. L’intervista, dopo l’uscita sul quotidiano “L’unico” di Roma, è stata ripresa anche da “Pagine corsare”.
Intervista a er Pecetto, al secolo Silvio Parrello
di Giuseppe Lorin
“L’unico”/ quotidiano di Roma e notizie dai Municipi – 2009
L’ “Atelier d’Arte” è a Roma in Via Federico Ozanam 134, a pochi passi da via di Donna Olimpia, intrigante cognata del pontefice Innocenzo X della famiglia Pamphilj. È l’Atelier di Silvio Parrello, detto “er Pecetto”. Affermato artista sia come pittore che come poeta, Silvio Parrello conobbe personalmente Pasolini, che nel quartiere di Donna Olimpia trovò le sue prime ispirazioni.
Un incontro simbolico tra due poeti di rara sensibilità, che assume oggi un valore culturale rilevante, anche considerando il crescente successo che stanno incontrando, presso il pubblico e la critica, le opere di Silvio Parrello, “personaggio unico” del quale Monteverde non può fare a meno. Questo poeta rappresenta il testimone, la memoria storica di un’epoca, dal 1950 al 1970, irripetibile e unica. Venne soprannominato “er Pecetto” dai suoi compagnucci della parrocchia di Donna Olimpia, perché il padre era il calzolaio del quartiere e usava la pece per aggiustare le suole delle scarpe.
Pier Paolo Pasolini, che per il quartiere di Monteverde, RM 16, è ancora vivo, a discapito del complotto politico che lo volle morto, lo nominò nel suo romanzo Ragazzi di Vita e lo inserì come personaggio unico. Il suo Atelier è frequentato da molti intellettuali di Monteverde, quartiere dove Pier Paolo Pasolini ambientò i suoi romanzi e da dove prese l’ispirazione per alcune poesie, per esempio su Villa Sciarra, le sue mura e il glicine, ora estirpato dalla ignoranza di un giardiniere. Silvio Parrello dopo l’incontro con Pier Paolo Pasolini vede crescere il suo interesse per la cultura e ne rimane travolto. La poesia, la pittura, la testimonianza pasoliniana e la cultura in generale rappresentano i pilastri fondamentali della sua vita. Testimone e confidente scomodo, Silvio Parrello è da più parti intervistato.
Silvio, fai anche l’attore. Quale è stato il tuo impegno teatrale degli ultimi anni che ti ha dato più soddisfazione?
Nell’estate del 2007, certamente Scartafaccio, liturgie pasoliniane (un lavoro teatrale di cui è autore lo stesso Giuseppe Lorin insieme a Pierpaolo Poggi, ndr.), rappresentato nel Castello Orsini a Soriano nel Cimino, vicino a Chia, dove Pier Paolo aveva comprato una torre antica risalente addirittura all’epoca degli etruschi. L’aveva adibita a suo studio e a suo rifugio di concentrazione intellettuale. Lì ci portava pochi eletti e tra questi il fotografo Dino Pedriali che lo ritrasse in vari nudi artistici. Scartafaccio, liturgie pasoliniane è stato uno spettacolo completo sulla vita di Pier Paolo Pasolini. Abbiamo avuto molti encomi. Importanti professori dell’Università della Tuscia e lo stesso Ulisse del Teatro Nuovo Colosseo avrebbero voluto rimetterlo in scena, ma le risorse del Comune di Roma della passata legislatura non ci hanno permesso di riproporlo per il pubblico romano, per le nuove generazioni, per la memoria di Pier Paolo Pasolini, insomma, di rimetterlo in scena. Magari ci fosse qualcuno che leggendo ‘sto articolo jé venisse in mente di sovvenzionare ‘sto spettacolo unico, originale, pieno d’emozioni a fior di pelle.
L’altro spettacolo è stato I ragazzi del ‘51 messo in scena proprio qui a Donna Olimpia e… proprio a due passi da qui abitava Pasolini, in Via Fonteiana 86. A Giusè, quanno famo n’antro spettacolo? Ma ce lo sai che ho fatto pochi mesi fa ‘no spettacolo che s’antitolava Parrello racconta il suo Pasolini? È stato ‘no spettacolo emozionante, ho fatto rimpiagne Pier Paolo. La gente vò sapé la verità sulla sua morte. Tutti ce lo sanno der complotto, ma nessuno vò parlà! Ma te sembra giusto?
L’Atelier è stracolmo dei tuoi quadri; questi personaggi in volo ricordano Magritte e Chagall, ma il tuo stile pittorico è decisamente divisionista. Come sei arrivato alla conquista del tuo stile? Vedendo un tuo quadro si intuisce subito che è un Parrello. Ti rendi conto che non è poi così facile conquistare un proprio originale stile?
A Giusè, sono una persona che vive in libertà, sono un po’ come era il nostro Pier Paolo, sono un pasoliniano autentico e il mio stile, anche se rientra in quella boiata dei divisionisti, è sempre e solo il mio stile, lo stile Parrello, fatto de ‘ste pennellate a quadretti che se sovrappongono, dove l’originalità nasce dall’essere libero al di fuori delle etichette de ‘sti critici! Pure Fausta ce lo sa che sono un originale e un… libertino! Eppure sta sempre co mé, me vo bene. Ha capito che cosa vuol dire essere artisti. Me lascia libero. Nun se po’ tené in gabbia un’aquila!
Qual è la quotazione dei tuoi quadri?
Le quotazioni non rispettano mai il mercato, poi dipende dal formato della tela, dipende dalla fase dell’innamoramento dell’acquirente. Ricòrdate che è er quadro che te sceje … e poi er cliente te dice che je piace quello e… e se lo pia!… E qui ho avuto dei clienti che ogni giorno passaveno qui davanti, all’improvviso entraveno, accarezzaveno la tela e poi… ritornavano per comprarlo. Volevano quel quadro, il loro quadro. I miei quadri ti debbono proprio piacere, ti debbono ammaliare; pensa, Giusè, che più de trenta dipinti mia si trovano nella casa reale belga e sono di proprietà della Regina del Belgio, Paola Ruffo di Calabria, la consorte di Alberto II, con la quale ho una corrispondenza più che decennale. Ma la vedi la sua foto che m’ha mannato? Le mie poesie la colpirono per la crudezza dei temi trattati, mentre le poesie d’amore le scrivevo unicamente per lei. Ecco la prima poesia che le dedicai, dedicata a ‘na principessa, a Giusè, ‘na principessa: “In quel mare tu sei nata / pennellata dagli Dei / quel vento t’ha cullata / a lui si affidano i velieri / per la lunga traversata / sino sotto i propilei / d’Atene immortalata / patria degli antichi Achei./ Quanta storia vi è passata / scritta giace nei musei / Nel marmo lì scolpita con i bronzi guerrieri / su quell’area sei cresciuta / di leggende e di misteri…
A proposito di misteri, che ne pensi di questa morte? Hai una tua teoria?
La notte del 2 novembre del 1975, Pier Paolo Pasolini fu ucciso all’Idroscalo e nel complotto c’è stato anche, come pedina, un ragazzetto de 17 anni che è praticamente impossibile che abbia fatto tutto quello che i giornali dell’epoca hanno riportato. A Giusè, Pier Paolo s’arzava da solo ‘na mucca sdraiata! Je se metteva sotto e l’arzava. Tu ce credi che ‘sto mingherlino (mostra la foto di Giuseppe Pelosi all’epoca della morte del poeta), da solo, ha ammazzato Pier Paolo?
Ma l’ha investito con la macchina?
Pe scappà… dopo che l’hanno massacrato cor bastone, li pugni e li carci. Erano in tre, intorno alla machina. Altri due controllavano da un’altra macchina poco distante ed un altro era in moto. Ce so’ di mezzo puro li servizi segreti dell’epoca. Quarcuno è puro morto.
Un vero e proprio complotto. Ma come fai a dire queste cose, non hai paura?
Qui in zona abitano puro quelli che ci avevano ‘na casetta all’Idroscalo, proprio lì dove me l’hanno ammazzato. Quella notte li cani abbaiavano e si sentivano puro le strilla de quelli. Ognuno intorno nun s’azzardava ad aprì le persiane o a uscì dalle case. Se sentivano gli strilli e se vedevono le ombre in lontananza e la prima machina allontanasse con carma. Poi la moto in corsa e Pino Pelosi a fuggì con la machina di Pier Paolo. Qualcuno m’ha detto che Pino, quella notte, piangeva e strillava aiuto!.
Ma allora è stato un omicidio premeditato, compiuto materialmente da un gruppo di persone?
A Giusè, te l’ho detto; è stato un complotto! E ce so’ certi che ancora jé dà fastidio che se tenti de arrivà a sta verità sull’omicidio. Pier Paolo dava fastidio alla destra, alla sinistra, alla chiesa, alla morale comune… insomma, a tutti! Secondo me la Procura de Roma farebbe bene a riaprì er “Caso Pasolini”, ma stavolta, nel caso si riaprisse, bisogna annà fino alla verità, così lo famo riposà in pace. È un’anima inquieta e sta a fa’ male alle coscienze di chi sa der complotto. Famolo riposà in pace!
Come venne distrutta la vita di uno dei massimi poeti del Novecento, il poeta delle borgate romane, sono state rovinati, imbrattati di vernice, divelti o estirpati steli, monumenti, piante in memoria di Pier Paolo Pasolini. Ricordiamo la stele dello scultore Gaetano Gizzi, il monumento in cemento grezzo dello scultore Mario Rosati e la scultura realizzata dal maestro Consagra, opera situata in Piazza Anco Marzio, troppo spesso imbrattata da segni che ricordano i maski di Mirò. Anche il glicine che dalle mura di Villa Sciarra effondeva effluvi è stato estirpato.
Mi auguro che il Presidente francese Nicolas Sarkozy, memore di un’altra visita a Roma di un suo predecessore, il presidente François Mitterrand, chieda ai rappresentanti del Governo Italiano di poter visitare il luogo dove venne massacrato Pier Paolo Pasolini e chieda anche di visitare il Museo Centro Culturale dedicato a Pier Paolo Pasolini nella vicina Tor San Michele, roccaforte costruita su progetto michelangiolesco, per poter commentare l’evoluzione culturale del grande autore, poeta e regista ucciso a Ostia . Alberto Moravia, nella sua orazione funebre, ricordava:
… Con la morte di Pier Paolo Pasolini abbiamo perduto anche il ‘simile’. Cosa intendo per simile’? Intendo che lui ha fatto delle cose, si è allineato, nella nostra cultura, accanto ai nostri maggiori scrittori, ai nostri maggiori registi. In questo era ‘simile’, cioè era un elemento prezioso di qualsiasi società: qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Noi abbiamo perso prima di tutto un poeta. E di poeti non ce ne sono tanti, nel mondo. Ne nascono soltanto tre o quattro in un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà fra i pochissimi che conteranno, come poeta. Il poeta dovrebbe essere sacro. Abbiamo perso, dunque, questo poeta, straordinario, che ha creato una cosa nuova e straordinaria nell’Italia: ha creato la poesia civile…
Qui di seguito due poesie di Silvio Parrello.
L’ultima notte di Pier Paolo
Suonando il pianoforte
a casa lo aspettava
guardando le lancette
ma il figlio non tornava.
Il gelo della morte
in quel posto lo braccava
in quella triste notte
che via se lo portava.
Grande la sua arte
come il vuoto che lasciava
le sue tante lotte
gli eventi che narrava.
La madre in disparte
piangente ricordava
quando a braccia strette
in fasce lo cullava.
Pasolini un grande del ‘900
Un vulcano la sua mente
in continua eruzione
così rara e dilagante
fuori d’ogni paragone.
Chino mai fu al potente
non ebbe mai padrone
un artista combattente
dal coraggio di un leone.
Da vent’anni ormai assente
ma in costante evoluzione
non vi è Stato o continente
che non conosca il suo nome.
Morì tragicamente
come scritto da copione
a cinquantanni solamente
sotto i colpi di un bastone.
Si pensò all’incidente
a una dura punizione
o alla trama più inquietante
di una losca esecuzione.
[info_box title=”Giuseppe Lorin” image=”” animate=””]diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, laureato in psicologia con una tesi sull’autismo infantile e la sua evoluzione in schizofrenia in età adulta, ha lavorato con registi come, tra gli altri, Luca Ronconi, Richard Attenborough, Giuliano Montaldo, Orazio Costa, Gianni Amelio, Roberto Faenza, Franco Giraldi, Vittorio Sindoni, Ruggero Jacobbi, Andrea Camilleri, Mario Landi, Giorgio Pressburger, Gennaro Duccilli, Vittorio Pavoncello. È stato assistente alla regia di Gianni Amelio e regista di diversi spettacoli teatrali, oltre che giornalista e ideatore di corsi di scrittura creativa. [/info_box]