La reazione della politica al falso scoop di Dell’Utri (marzo 2010)

PAGINE CORSARE

Fondo Angela Molteni

La vita

A seguito del presunto ritrovamento da parte di Marcello Dell’Utri del capitolo mancante di  Petrolio, Lampi sull’Eni (uno scoop poi clamorosamente rientrato), si mosse nel marzo 2010 anche la politica. In particolare Walter Veltroni, da sempre impegnato per l’accertamento della verità circa il delitto Pasolini, ha rivolto un’interrogazione urgente al Ministro della Cultura Sandro Bondi e ha scritto una lettera aperta al Ministro della Giustizia Angelino Alfano, al fine della riapertura delle indagini su un caso che  i nuovi strumenti scientifici in dotazione agli investigatori potrebbero contribuire a chiarire.

1.“Interrogazione di Walter Veltroni sul capitolo mancante”
“agenzie” di giornata
 raccolte da di Giovanni Giovannetti
“DireFareBaciare” – 18 marzo 2010

Roma, 18 marzo (Apcom) – Rispondendo ad un’interrogazione di Walter Veltroni (Pd), il ministro dei Beni e delle attività culturali, Sandro Bondi, ha preannunciato l’intenzione di investire le forze dell’ordine del compito di fare chiarezza sull’esistenza e la proprietà di un capitolo scomparso di Petrolio, romanzo incompiuto di Pier Paolo Pasolini, che Marcello Dell’Utri, senatore Pdl e bibliofilo, ha di recente detto di aver letto.
«L`ho letto ma non posso ancora dire nulla, – ha dichiarato Dell’Utri a quanto riferito da alcuni quotidiani nei giorni scorsi – è uno scritto inquietante per l’Eni, parla di temi e problemi dell`azienda, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese». Dell’Utri ha precisato di non essere in possesso del dattiloscritto, ma di averlo letto da qualcuno che gli aveva proposto di acquistarlo. Dichiarazioni «confuse e contraddittorie», per Veltroni, intervenuto stamane nell’aula della Camera per mettere in dubbio l’esistenza stessa del dattiloscritto e chiedere cosa il Governo intenda fare sulla vicenda. A nome del Governo, Bondi ha chiarito: «Dell’Utri mi ha confermato quanto comunicato nelle scorse settimane. E cioè che avrebbe preso visione di un manoscritto di circa 70 pagine di carta velina che avrebbe dovuto costituire un capitolo del romanzo di Pier Paolo Pasolini. Il senatore Dell’Utri sarebbe stato contattato da una persona che gli avrebbe mostrato il manoscritto. Egli aveva la speranza di poter esporlo nella mostra del libro antico di Milano. Dopo la risonanza che questa notizia ha avuto sulla stampa, questa persona non avrebbe più preso contatti con il senatore dell’Utri, presumibilmente intimorita dall’eco che tale notizia aveva nel frattempo suscitato. Personalmente non so niente di più. Era doveroso da parte mia rispondere alla sua interrogazione, considerata l’importanza che questa vicenda può avere sulla morte di Pasolini e su alcune vicende della nostra storia nazionale. Mi riservo di svolgere per quanto è mia competenza ulteriori accertamenti, anche attraverso il comando generale dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale del nostro paese, e ne informerò immediatamente il Parlamento». Veltroni ha ringraziato il ministro, aggiungendo: «La invito ad attivare subito, come lei ha detto, le forze dell’ordine, affinché questo mistero della storia del nostro paese venga chiarito».

Pasolini, al centro, tra i giovani Ferdinando Adornato e Walter Veltroni. Anni Settanta.
Pasolini, al centro, tra i giovani Ferdinando Adornato e Walter Veltroni. Anni ’70. Foto di © Vittorio La Verde

PASOLINI:BONDI, DELL’UTRI HA LETTO CAPITOLO RUBATO PETROLIO
VELTRONI PRESENTA INTERROGAZIONE, CARABINIERI INDAGHINO

(ANSA) – ROMA, 18 marzo – Sandro Bondi, ministro dei Beni e delle Attività culturali conferma: il senatore Marcello Dell’Utri ha avuto tra le mani e letto le 70 pagine del capitolo scomparso del libro postumo di Pier Paolo Pasolini Petrolio. La conferma arriva nell’aula della Camera durante la risposta ad una interrogazione urgente presentata da Walter Veltroni sulla vicenda. Dell’Utri ai primi di marzo aveva annunciato che aveva visto il capitolo Lampi sull’Eni che, secondo alcuni studiosi, conterrebbe elementi capaci di fornire elementi nuovi sulla sorte di Enrico Mattei, del giornalista Mauro De Mauro e dello stesso Pasolini. Dell’Utri aveva successivamente detto che il clamore suscitato dalla vicenda aveva spinto la persona che gli aveva proposto il dattiloscritto a interrompere i contatti.

LIBRI: VELTRONI-BONDI, SUL GIALLO DI PETROLIO.
LA PALLA AI CARABINIERI. BOTTA E RISPOSTA IN AULA ALLA CAMERA

Roma, 18 marzo (Adnkronos) – Saranno i Carabinieri a occuparsi del giallo dell’ultimo capitolo perduto di Petrolio, il romanzo postumo di Pier Paolo Pasolini. Un intervento delle forze dell’ordine è stato fortemente sollecitato da Walter Veltroni, che ha portato il caso in Parlamento facendone oggetto di una interpellanza urgente al ministro della Cultura. Ma lo stesso Sandro Bondi, replicando in aula all’esponente del Pd, ha promesso di «svolgere ulteriori accertamenti, anche attraverso i Carabinieri», per poi informare ancora il Parlamento. Il caso è stato sollevato qualche tempo fa proprio da Veltroni, dopo alcune dichiarazioni del senatore Marcello Dell’Utri sull’esistenza di un manoscritto di 70 pagine riconducibili a Pasolini e a Petrolio. «Se questo capitolo esiste, come è arrivato nelle mani di Dell’Utri? Chi lo ha portato via da casa Pasolini, chi lo ha consegnato a mani diverse di quelle della famiglia o dei curatori dell’opera di Pasolini? – ha chiesto Veltroni – Ma se, come dice la famiglia, questo capitolo non esistesse, di cosa stiamo parlando?». Veltroni, comunque, non ha dubbi: «In ogni caso ci troviamo in una fattispecie di reato». Secondo l’esponente del Pd, l’intervento del governo è indispensabile: «Non si tratta solo di una discussione di carattere letterario, ma di qualcosa di più importante che ha a che fare con la parte più oscura della storia italiana».

LIBRI: VELTRONI-BONDI, SUL GIALLO DI PETROLIO LA PALLA AI CARABINIERI (2)

(Adnkronos) – Veltroni, in aula, ha riletto alcune interviste di Dell’Utri in cui il senatore spiegava che le pagine del manoscritto avrebbero contribuito «a fare luce sulla morte di Pasolini, su alcune vicende dell’Eni, sulla morte di Enrico Mattei, su Cefis». Secondo l’ex sindaco di Roma, «sulla morte di Pasolini deve essere fatta luce. Ci sono state sentenze contraddittorie, dal punto di vista storico rimangono moltissimi dubbi accompagnati da una parte consistente dell’opinione pubblica». Un passaggio, questo, su cui il ministro della Cultura ha convenuto: «Io sono interessato a capire, a fare luce sulla vita di uno dei più grandi intellettuali del nostro Paese, sulla sua vita drammatica e su degli aspetti ancora oscuri del nostro Paese», ha detto Bondi spiegando di avere preso «contatti diretti» con Dell’Utri «il quale mi ha confermato che effettivamente avrebbe letto un manoscritto di circa 70 pagine che avrebbe dovuto costituire un capitolo del romanzo». Veltroni ha ringraziato Bondi ed ha sottolineato il fatto che «Dell’Utri, come prima cosa che avrebbe dovuto fare era rivolgersi all’autorità giudiziaria. Lei ha confermato, in Parlamento, che Dell’Utri ha letto quelle pagine, ha detto quello che ha detto», si tratta di «qualcosa che si configura come una fattispecie che non rientra nelle dinamiche naturali».

PASOLINI:BONDI, DELL’UTRI HA LETTO CAPITOLO RUBATO PETROLIO (2)

(ANSA) – ROMA, 18 marzo – Bondi ha detto che il suo ministero non ha nessuna notizia diretta sulla questione. «Per la delicatezza e importanza della questione ho chiesto direttamente al senatore Dell’Utri che mi ha confermato quanto detto nei giorni scorsi più volte e cioè di aver preso visione e letto un manoscritto di circa 70 pagine, in carta velina, che sarebbe un capitolo inedito di Petrolio. Il senatore era stato contattato tempo fa da una persona e il senatore sperava di poter esporre il testo inedito alla Mostra del libro antico. Dopo la risonanza avuta dall’annuncio questa persona non ha più preso contatto con Dell’Utri. Non so nulla di più di quanto riferito. Ho chiesto ulteriori accertamenti al Comando generale dei Carabinieri preposto alla difesa del patrimonio culturale vista l’importanza di quel testo che potrebbe far chiarezza su temi rilevanti della nostra storia recente». Walter Veltroni ha chiesto chiarezza sulla vicenda: la famiglia sostiene che quel testo non è mai esistito. Se ora Dell’Utri dice di averlo visto – ha detto -, bisogna capire perché il senatore non sia andato subito a denunciare il fatto ai Carabinieri perché è chiaro che o quel testo a lui sottoposto è frutto di un furto realizzato a casa Pasolini oppure, in via di ipotesi, potrebbe essere un falso. Comunque non si tratta di un fatto che rientra nella normale contraffazione letteraria. Quel capitolo è un patrimonio da tutelare perché potrebbe farci capire tante cose della nostra storia. «Alcune settimane fa – aveva scritto Veltroni nell’interpellanza – la stampa aveva dato ampio risalto alla notizia della esposizione, nell’ambito della manifestazione denominata ”Mostra del Libro Antico”, di un appunto dattiloscritto inedito dell’autore. Ora si apprende che questo testo non più esposto sarebbe in mani misteriose». Questo appunto, ricorda Veltroni conterrebbe alcune vicende dell’Eni e altre relative alla morte di Enrico Mattei. Questo «potrebbe rappresentare una nuova importantissima chiave di lettura di alcuni episodi misteriosi della storia recente del nostro Paese non esclusa la stessa morte di Pier Paolo Pasolini. Per questo chiedo al Ministro della Cultura di fare chiarezza su questa intricata e oscura vicenda e di accertare l’esistenza di tale ”appunto”. Se questa fosse accertata chiedo che il governo si adoperi per mettere il testo a disposizione della famiglia alla quale sarebbe stato sottratto, dell’autorità giudiziaria e dell’opinione pubblica alla quale sarebbe così consentito di conoscere le parole “sparite” di uno dei più grandi intellettuali italiani». Veltroni ha chiuso la sua replica insistendo su una attivazione diretta dei Carabinieri e indagini per capire chi ha in mano quel dattiloscritto inedito di Pasolini.

CULTURA. VELTRONI: CARABINIERI CERCHINO TESTO FANTASMA PASOLINI
INTERPELLANZA A BONDI, IL MINISTRO: DELL’UTRI HA LETTO CAPITOLO

(DIRE) Roma, 18 marzo – Il mistero del capitolo “fantasma” di Pier Paolo Pasolini approda nell’aula della Camera e diventerà oggetto di un’indagine dei Carabinieri. Con un’interpellanza urgente al ministro dei Beni Culturali, sottoscritta anche dal deputato Pd Michele Ventura, Walter Veltroni chiede al governo «di far luce» su quanto dichiarato su alcuni organi di stampa dal senatore del Pdl Marcello Dell’Ultri. Nell’aula della Camera, l’ex sindaco di Roma ricorda che qualche settimana fa Dell’Utri, attraverso alcune interviste, aveva dato notizia di aver visionato un appunto dattiloscritto inedito dell’autore che avrebbe dovuto costituire un capitolo del romanzo incompiuto Petrolio in cui sarebbero descritte vicende dell’Eni e altre relative alla morte di Enrico Mattei. Dell’Utri, continua Veltroni, «aveva anche annunciato l’intenzione di esporre il testo all’interno della sezione dedicata a Pier Paolo Pasolini allestita nell’ambito della “Mostra del Libro Antico” di Milano. Poi, – continua l’ex segretario Pd – in interviste successive, il senatore ha detto che quel testo non verrà esposto e sarebbe in mani misteriose perché la persona che glielo ha proposto è sparita».

Reperti del delitto Pasolini
Reperti del delitto Pasolini

2.«Il sangue, i vestiti, il plantare. Riapriamo il caso Pasolini»
di Walter Veltroni

“Il Corriere della Sera” – 22 marzo 2010

Gentile Ministro Alfano,
vorrei cominciare questa lettera aperta con parole che vengono da lontano nel tempo: «Ritiene il collegio che dagli atti emerga in modo imponente la prova che quella notte all’Idroscalo il Pelosi non era solo». È così che il presidente del Tribunale dei minorenni Alfredo Carlo Moro fissò il suo giudizio e il senso della sentenza con la quale il Pelosi fu condannato a quasi dieci anni di reclusione per l’uccisione di Pier Paolo Pasolini, intellettuale italiano. Le sentenze successive hanno confermato la responsabilità del ragazzo ma hanno sostenuto che lui fosse solo, quella notte. La verità processuale è fissata in quel giudizio della sentenza di secondo grado: «È estremamente improbabile che Pelosi abbia potuto avere uno o più complici». «Estremamente improbabile» non significa «assolutamente impossibile». D’altra parte quel ragazzo, uno che sembrava sociologicamente e fisicamente l’incarnazione di un personaggio pasoliniano, aveva fornito una confessione piena che escludeva il concorso di altri. Dunque perché cercare ancora?
Ma l’inchiesta, come hanno documentato in modo inappuntabile su “Micromega” Gianni Borgna e Carlo Lucarelli, fece acqua da tutte le parti. Come molte indagini di quegli anni. Ho rivisto in tv, in questi giorni, le immagini girate da quel grande giornalista che si chiamava Paolo Frajese a via Fani il sedici marzo del 1978, giorno del rapimento di Aldo Moro, presidente della Dc e fratello del giudice Alfredo Carlo. Frajese faceva il suo dovere indugiando con il suo cameraman in mezzo ai corpi riversi a terra, ai berretti delle false divise, ai bossoli dei colpi sparati da terroristi e dai poveri agenti della scorta. C’erano decine di persone che passeggiavano sulla scena del più clamoroso attacco alla Repubblica. Qualcuno calpestava i proiettili, qualcun altro armeggiava con le portiere delle auto. Una follia. E non credo che ci appaia così solo perché ora tutti hanno imparato dall’America che la prima cosa da fare è isolare la scena del delitto. Era una follia, e peggio, anche allora.
Era successa la stessa cosa nelle ore immediatamente successive all’omicidio di Pasolini nel buio desolato dell’Idroscalo di Ostia. Quando la polizia si era portata lì, nelle prime ore del mattino, c’erano dei curiosi attorno al corpo e di lì a poco, nel campetto attiguo, si sarebbe giocata una partita di calcio con tanto di pallone che cadeva nella zona del delitto e veniva rinviata da poliziotti gentili. Spariscono tracce, specie quelle degli pneumatici e dei passi. Indizi che credo sarebbero stati utili per accertare quante persone si fossero trovate lì e la dinamica dei fatti. L’automobile, la “stanza” fondamentale delle prove, viene consegnata alla scientifica solo quattro giorni dopo il delitto. In quella Alfa 2000 ci sono un maglione e un plantare per scarpe che non appartengono né a Pasolini né a Pelosi. C’è sulla portiera del passeggero, non quella del guidatore nella quale il ragazzo dice di essersi infilato di corsa per fuggire, una macchia di sangue, come l’impronta di una mano appoggiata. Ma l’auto, nel deposito della polizia, era rimasta aperta e sotto la pioggia.
Poi c’è un altro particolare. Pelosi ha solo un graffio sulla testa e una macchia di sangue sul polsino. È assai strano che sia così se le cose sono andate come lui ha raccontato, se c’è stata la feroce colluttazione che il ragazzo descrive nel suo volume Io, angelo nero: «Lui si trasformò in una belva. I suoi occhi erano rossi rossi e i tratti del viso si erano contratti fino ad assumere una smorfia disumana… Lo stesso bastone me lo tirò in testa, io mi sentii spaccare in due, il cuore mi batteva fortissimo. Lui si fermava, poi ribatteva ancora… Fatto qualche metro mi afferrò e mi tirò un cazzotto sul naso…», poi il racconto di una rissa selvaggia. Pasolini verrà ritrovato pressoché irriconoscibile, un «grumo di sangue». Ma a Pelosi basta, come raccontò, fermarsi ad una fontanella. Potrei continuare. Ma vorrei tornare alle parole del giudice Moro. Non credo che fosse un “complottista”. Credo avesse osservato dati di fatto e incongruenze.
Chi poteva avere interesse ad uccidere Pasolini? Sulle colonne di questo giornale aveva scritto meno di un anno prima il famoso articolo Il romanzo delle stragi, quello in cui diceva di sapere «i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer o sicari… Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore che… coordina anche fatti lontani, che mette insieme pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero».
Non so se queste parole abbiano preoccupato qualcuno, se abbia preoccupato il lavoro che conduceva per la scrittura di Petrolio. Ma erano anni bastardi, non dimentichiamoli. Anni in cui da destra e da sinistra venivano compiuti, come fossero normali, atti inauditi. Ai quali spesso seguivano appelli ben firmati per la libertà dei responsabili. Come accadde per gli assassini dei fratelli Mattei che ora sono liberi in Sudamerica. Anni bastardi, nei quali poteva bastare essere una donna e civilmente impegnata per essere sequestrata e violata, come accadde a Franca Rame. Anni nei quali si facevano stragi e si ordivano trame. Non bisogna essere “complottisti” per domandarsi cosa diavolo c’entrasse la Banda della Magliana con la scomparsa di una giovane cittadina vaticana o con l’intricata vicenda del Banco Ambrosiano o con il rapimento di Moro. Ma al di là delle convinzioni personali e persino al di là della ricerca di una matrice politica del delitto Pasolini esistono una serie di evidenze sulle quali oggi forse si può fare chiarezza. E non solo perché nel 2005 Pelosi ha ritrattato tutto dichiarando che ad uccidere Pasolini erano stati tre uomini che lui non conosceva. Ha detto molte verità il ragazzo e, dunque, forse nessuna verità. Mi domando che interesse avesse, in quel momento, a riaprire una vicenda per la quale aveva già scontato la pena. Mi domando se forse il tempo passato non avesse rimosso ciò che, negli anni del delitto, gli faceva paura.
Ma non conta. Stiamo ai dati di fatto: il paletto insanguinato, i vestiti, il plantare. Oggi le nuove tecnologie investigative consentono, come è avvenuto per via Poma, di riaprire casi del passato. Anche qui voglio usare parole non mie ma quelle che nascono dall’esperienza di Luciano Garofano, che ha diretto il Reparto Investigazioni scientifiche di Parma. Garofano è coautore con il biologo Gruppioni e lo scrittore Vinceti di un libro che si è occupato del caso Pasolini. «Oltre alle analisi del Dna che si potrebbero effettuare su molti reperti (alcuni dei quali mai sufficientemente presi in considerazione: il plantare, il bastone, la tavoletta…), attraverso lo studio delle tracce di sangue e di sudore, le scienze forensi vantano oggi un nuovo, importante alleato… La disponibilità degli abiti di Pasolini, ma soprattutto quelli di Pelosi, ci consentirebbe di ottenere importanti informazioni sulla modalità dell’aggressione. Dallo studio delle macchie di sangue ancora presenti, si potrebbe infatti stabilire (e magari confermare) la tipologia di armi usate per colpire, le posizioni reciproche dell’omicida e della vittima e riscontrare quindi la attendibilità della versione fornita allora da Pelosi… Un caso che, come tanti altri enigmi del passato, non possiamo considerare chiuso».
Ecco, signor Ministro, è questo che voglio chiederle. Per questo, come per altri fatti della orribile stagione del terrore (come il caso di Valerio Verbano o gli altri che con il sindaco Alemanno abbiamo proposto alla sua attenzione) ora si può, si deve continuare a cercare la verità. Forse saranno smentite le convinzioni del giudice Moro, forse ci sarà una nuova ricostruzione. I magistrati a Roma hanno lavorato con dedizione e scrupolo alla soluzione del delitto di uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo. Ora la scienza e le tecnologie possono aiutarci a dire una parola definitiva. E lei, fornendo un impulso all’iniziativa della giustizia potrà assolvere a una funzione assai rilevante. Conviviamo da anni con un numero di ombre insopportabile. Più ne dissiperemo e meglio sarà per tutti noi, per il nostro meraviglioso Paese. E più ancora della verità giudiziaria credo ci debba oggi interessare la verità storica. Grazie, Signor Ministro, della sua attenzione. Walter Veltroni

Pozzi di petrolio
Pozzi di petrolio

3.«Chiedo nuove indagini sulla morte di Pasolini» 
Alfano a Veltroni: farò istanza al procuratore
“Il Corriere della Sera” – 26 marzo 2010

La lettera che pubblichiamo firmata dal Ministro della Giustizia Angelino Alfano è la risposta a quella dell’esponente Pd Walter Veltroni che il “Corriere” ha pubblicato lunedì 22 marzo. Veltroni sostiene da anni che la morte di Pier Paolo Pasolini nasconde ancora dei misteri e che ci sono prove per dimostrare che nel delitto del poeta furono coinvolte più persone, non soltanto Pino Pelosi. In particolare Veltroni confida nelle nuove potenzialità delle investigazioni scientifiche.

Gentile on. Veltroni, nella notte tra l’1 e il 2 novembre di 35 anni fa l’Italia intera veniva privata del contributo di Pier Paolo Pasolini, lucida personalità della cultura italiana. Pier Paolo Pasolini si accorse per primo che negli scontri di Valle Giulia i veri proletari erano i poliziotti figli del sud e della povertà, sradicati dai propri paesini e mal pagati. Ed il suo brutale assassinio ci ha anche impedito – per sempre – di conoscere le sue analisi sui ben più violenti fenomeni che negli anni a seguire avrebbero ferito e umiliato la nostra democrazia. Lei, onorevole Veltroni, ci ricorda correttamente i numerosi dilemmi che le indagini svolte all’epoca dei fatti – con mezzi e tecnologie ben diversi da quelli odierni – hanno lasciato irrisolti. E in effetti, concluso il processo a Pino Pelosi, l’indagine meritava maggiori attenzioni finalizzate a chiarire se il ragazzo di vita di allora abbia agito da solo oppure insieme ad altri e con quali reali intenzioni. Serve a qualcosa a così tanta distanza dai fatti cercare ancora la verità?
La risposta è una sola: accertare la verità è sempre non soltanto utile ma necessario ed ancor più lo è quando la verità vale non soltanto ad accertare le responsabilità penali, ma a far chiarezza sul piano storico-politico oltreché su quello giudiziario (necessariamente limitato ad affermare responsabilità personali in termini di certezza). Condivido, dunque, ancora una volta, come già fatto nel recente passato – con riguardo alle vittime romane della violenza terrorista di ogni forma e colore che ancora oggi attendono verità e giustizia – l’opportunità di guardarsi indietro, senza paura e senza reticenze, perché è questa l’unica strada coerente con i valori di una democrazia finalmente matura. Per questa ragione – pur non avendo, com’è noto, alcun potere diretto in ordine all’eventuale provvedimento di riapertura delle indagini – da Ministro della Giustizia raccolgo volentieri e senza riserve il Suo invito poiché ne condivido le ragioni e ritengo di rendere un buon servizio al mio Paese inoltrando al signor Procuratore della Repubblica di Roma un’apposita istanza in tal senso. Angelino Alfano, Ministro della Giustizia

4.”Veltroni : parole di Alfano importanti. E aggiunge: «Ora la verità»” 
“AGI” Roma – 26 marzo  2010

Walter Veltroni ha apprezzato la decisione del ministro della Giustizia Angelino Alfano di chiedere al procuratore della Repubblica di Roma di riaprire le indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini. «Le parole con cui il ministro Alfano ha risposto alla mia lettera sono importanti perché con queste si riapre il caso Pasolini: l’inchiesta per quella terribile morte – anche grazie alle nuove tecniche scientifiche – potrebbe finalmente avere una risposta convincente e definitiva», ha dichiarato l’ex segretario del Pd in una nota. «Su quell’omicidio abbiamo avuto molte verità tanto parziali e contraddittorie da lasciare un’ombra pesante che si allunga sulla storia difficile e a tratti tragica di quegli anni», ha ricordato. «Non ho in mente colpevoli e neppure versioni precostituite, ma è importante che per persone dalla diversa storia come me e Alfano sia importante oggi ricostruire una vicenda che non è solo giudiziaria», ha sottolineato. «Con lo stesso spirito credo sia venuto il momento di cercare di far luce su tutti quegli eventi che hanno segnato un momento particolarmente oscuro del nostro recente passato, una fase che con efficacia è stata definita la notte della Repubblica», ha concluso. «Alzare il velo da quella notte è una parte importante del percorso per restituire all’Italia certezze e fiducia».

5.”Il Comitato valorizzazione Beni Culturali chiede la riapertura
delle indagini sulla morte di Pasolini”
“AdnKronos” – 24 marzo 2010

Il comitato nazionale per la valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali, attualmente impegnato nella ricerca del luogo e dei resti mortali del Caravaggio, ritiene ci siano tutte le condizioni per la riapertura giudiziaria dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Silvano Vinceti, presidente del comitato, ha dichiarato in una nota: «Nel libro Delitti e misteri del passato uscito due anni fa, scritto assieme all’ex-comandante del R.I.S. di Parma, Generale Luciano Garofano e al professor Gruppioni del Dipartimento di Antropologia dell’Università di Bologna, dedicammo un capitolo al caso Pasolini e sostenemmo che, grazie alle attuali tecnologie del D.N.A., era possibile la ricostruzione delle dinamiche dell’omicidio. Con l’esame di altri aspetti trascurati o non sufficientemente esaminati, si poteva gettare nuova luce su quella ambigua vicenda. Dicemmo che l’omicidio Pasolini, come tanti altri misteri del passato, non può essere considerato chiuso».
«Il comitato – prosegue Vinceti – rivolge un appello al Ministro di Grazia e Giustizia Alfano e al Presidente della Repubblica perché si adoperino per fare piena luce sulla morte di uno dei più grandi intellettuali del secolo scorso».