Subito dopo l’omicidio di Pasolini all’Idroscalo di Ostia, fu Oriana Fallaci a sollevare i primi dubbi sui retroscena poco chiari del delitto, pubblicando il 14 novembre 1975 sul settimanale “L’Europeo” un intervento che dette vita la settimana successiva a una celebre contro-inchiesta condotta da un gruppo di giornalisti (Paolo Berti, Duilio Pallottelli, Gian Carlo Mazzini) e da lei stessa. Qui di seguito pubblichiamo il primo celebre intervento della Fallaci, che “Pagine corsare” riprese dal volume collettivo Omicidio nella persona di Pasolini Pier Paolo (Kaos Edizioni, Milano 1992) in cui confluirono tutti gli articoli del dossier da contro-informazione attivato dall’ “Europeo”.
Pasolini ucciso da due motociclisti?
di Oriana Fallaci
“L’Europeo” n. 46 – 14 novembre 1975
Esiste un’altra versione della morte di Pasolini: una versione di cui, probabilmente, la polizia è già a conoscenza ma di cui non parla per poter condurre più comodamente le indagini. Essa si basa sulle testimonianze che hanno da offrire alcuni abitanti o frequentatori delle baracche che sorgono intorno allo spiazzato dove Pier Paolo Pasolini venne ucciso. In particolare, si basa su ciò che venne visto e udito per circa mezz’ora da un romano che si trovava in una di quelle baracche per un convegno amoroso con una donna che non è sua moglie. Ecco ciò che egli non dice, almeno per ora, ma che avrebbe da dire.
Pasolini non venne aggredito e ucciso soltanto da Giuseppe Pelosi, ma da lui e da altri due teppisti, che sembrano assai conosciuti nel mondo della droga. I due teppisti erano giunti a bordo di una motocicletta dopo mezzanotte, ed erano entrati insieme a Pasolini e al Pelosi in una baracca che lo scrittore era solito affittare per centomila lire ogni volta che vi si recava. Infatti non si tratta di baracche miserande come appare all’esterno: le assi esterne di legno fasciano villette vere e proprie, munite all’interno dei normali servizi igienici, di acqua corrente, a volte ben arredate e perfino con moquette. Le urla di un alterco violento cominciarono dopo qualche tempo che i quattro si trovarono dentro la baracca. A gridare: «Porco, brutto porco» non era Pasolini, ma erano i tre ragazzi. A un certo punto la porta della baracca si spalancò e Pasolini uscì correndo verso la sua automobile. Riuscì a raggiungerla e si apprestava a salirci quando i due giovanotti della motocicletta lo agguantarono e lo tirarono fuori. Pasolini si divincolò e riprese a fuggire. Ma i tre gli furono di nuovo addosso e continuarono a colpirlo. Stavolta con le tavolette di legno e anche con le catene. Ciascuno di loro aveva in mano una tavoletta e i due teppisti più grossi avevano in mano anche le catene. Il testimone che, terrorizzato, si rifiuta di raccontare la storia alla polizia, dice anche che, a un certo punto, vide i tre giovanotti in faccia.
Erano circa le una del mattino e le urla dell’alterco continuarono, udite da tutti, per quasi o circa mezz’ora. Vide anche che Pasolini cercava di difendersi. Quando Pasolini si abbatté esanime, i due ragazzi corsero verso la sua automobile, vi salirono sopra, e passarono due volte sopra il corpo dello scrittore, mentre Giuseppe Pelosi rimaneva a guardare. Poi i due scesero dall’automobile, salirono sulla motocicletta, partirono mentre Giuseppe Pelosi gridava: «Mo’ me lasciate solo, mo’ me lasciate qui». Continuò a gridare in quel modo anche dopo che i due si furono allontanati. Allora si diresse a sua volta verso l’automobile di Pasolini, vi salì e scappò.
La scena sarebbe stata vista non soltanto da chi era nelle “baracche” ma anche da una coppia appartata dentro un’automobile, poco lontano. E tale versione risolverebbe i dubbi che tutti hanno avanzato fino a oggi sulla possibilità che un uomo robusto e sportivo come Pasolini potesse essere sopraffatto da una persona sola, anzi da un ragazzo di diciassette anni, meno forte di lui. E il caso di sottolineare che in un primo tempo fu detto dalla polizia che nelle unghie di Pasolini erano stati trovati residui di pelle. Secondo la versione ora fornita, Pasolini tentò disperatamente di difendersi. Sul volto e sul corpo di Giuseppe Pelosi non esistono segni di una colluttazione. Tali segni, o tali graffi, si dovrebbero trovare sul volto o sul corpo degli altri due teppisti.
Perché il Pelosi non parla e si assume tutta la responsabilità? È legato anche lui al mondo della droga? Perché lui stesso ha messo sulla pista la polizia raccontando di avere perso un anello che nessuno, fino a quel momento, sapeva che fosse suo? È possibile perdere un anello durante una colluttazione? Oppure l’anello è stato gettato lì di proposito, e il Pelosi ha parlato, raccontando tutto, e la polizia non ce ne dà notizia?