Casarsa

Casarsa della Delizia, via Risorgimento: il monumento ai caduti e la Chiesa di Santa Croce e Beata Vergine del Rosario

Ta la riva destra dal Tajamint, a sinc chilometros da l’aga, – che, tra li muntagnis e il mar, a è rivada uchi tal mies dal so cori, – a è par cas nassuda, forsi in antichissim timp, Ciasarsa. La campagna, dulà che chistis fumulis ciasis a si strensin sensa armonia intor da la glisia, e che cortis nulin tant di ledan [e di tiera] e di fen, a no [si disarès] pol essi dita biela. Morars, in granda quantitat, e vignis tai ( ) dai ciamps. Il [gra] frumint, la siala, e, massima, il granturc, a cressin abbundans, tai pissui ciamps, separas da un gran numer di rojs, rogiutis, fossals. Di Fevrar, che nissuna fueia a fa ombrena, la campagna a par infinida – coma ta li nos di luna –; [e] a riva fin dongia li muntagnis, e, ai pes di chistis; si iodin, coma filis di perlutis, i paesus dal Friul. Li aghis a corin plenis [di] e sglonfis, cun rumour. A tasin, inveci, di Estat. Alora li acassis, li saginis, li i tiglios, a son [plens] cuviars di fuejs; popolas da una quantitàt infinida di usielus in ciantu, a scundin la visual; il granturc al è alt e madur; i paesus, platas davour boscus, rojs e ciamps, a vivi cadaun na so vita [in apparensa misteriosa] antica c’a par misteriosa, cul sighess da li sos feminis, e i ciars che van e cha vegnin, col pacific ciaminà dai bous.

[idea]traduzione:
Nella riva destra del Tagliamento, a cinque chilometri dall’acqua, – che, tra le montagne e il mare, è qui giunta nel mezzo del suo correre, – è per caso nata, forse in un tempo antichissimo, Casarsa. La campagna, laddove queste case color del fumo si stringono senza armonia, intorno alla chiesa, e quei cortili odorano tanto di letame e di fieno, non può essere detta bella. Gelsi in grande quantità, e vigne nei ( ) dei campi. Il frumento, la segale, e, soprattutto, il granoturco, crescono abbondanti, nei piccoli campi, separati da un gran numero di rogge, roggette, fossati.
A Febbraio, quando nessuna foglia fa ombra, la campagna pare infinita – come nelle notti di luna –; arriva presso le montagne, e, ai piedi di queste si vedono, come fili di perline, i paesini del Friuli. Le acque scorrono piene e gonfie, con rumore. Tacciono, invece, di estate. Allora le acacie, le saggine, i tigli, sono coperti di foglie; popolati da una quantità infinita di uccellini in canto, nascondono la visuale; il granoturco è alto e maturo; i paesini, nascosti dietro boschetti, rogge e campi, vivono ciascuno una loro vita antica che sembra misteriosa, con il vociare delle sue donne, e i carri che vanno e che vengono, col pacifico camminare dei buoi.[/idea]

Con le parole del giovane Pier Paolo Pasolini iniziamo un percorso nel paese materno del poeta. Certo che la Casarsa che descrive Pasolini praticamente non esiste più: le «case color del fumo» si stringono ancora intorno alla chiesa ma hanno rinnovato il loro aspetto esterno, i muri sono colorati e i cortili non odorano più di letame, perché la natura rurale di questa comunità è stata modificata nel corso degli anni, facendo di questo paese un centro dinamico e vivace, sempre più al passo con la modernità. Nonostante tutto, la sua naturale e millenaria vocazione contadina è rimasta fino ad oggi, anche se trasformata con l’avvento della meccanica e della modernità nei lavori dei campi.

Ciasarsa

Ciasarsa a par messa propri tal mies di ducis chistus paesus. Coma tal centri di una circonferenza i ragios, tantis stradutis la lein a chei. Lunc il cors da Tajamint, par la strada di Spilumberg, vers li montagnis, eco Valvason. Antic pais, scur, cun biela e palida zent. Li ciasis vecis e tristis a an dutis i portics, pissuis e scurs. In mies, il castel, abitàt adess da puora zent, col fossal plen di erbatis. Pasin in mies a li plassutis, e aghis vierdis e vecis, ca passin ca e la, in stres canals tra li ciasis. Da Valvason, i jodin scuminsia il giru, che, avint par centri Ciàsarsa, al finiss, n’altra volta dòngia l’aga, a San Vit: e subit diciu chistis paesus a an la so strada ca li leia al nustri pais. […]
Il pais a si stend da Nord a sud perpendicular al stradon asfaltat ch’al mena a Udin, che, con na dopla curva a passa propit in miès da li dos plassis pi importans dal pais. Vignint da Udin si incuntra prima la plassa de la Bandiera, largia e grisa, e po, davour dal stradon asfaltat, si riva a la plassa dal Munisippi, dulà ca è ancia la Glisia, il monumint, la ciasa dai cons; il stradon, tajand il borc Pordenon, al va, propri, vers Pordenon e Venesia; il borc Pordenon a è un’unica strada, largia, cu lis ciasis vecis, grisis, stretis fracadis. Ma, se, rivàs alla plassa dal Munisipi, inveci di zi in devant, si va su a destra, si rivarà tal borc Valvason, ta la strada, appunt, ca va a chel pais. Il Borc al è puaret e scur, cun li ciasis forsi, pi vecis dal pais. Pi di là si va encia al cimiteri nouf. Fasin encia-mo un dusint pass in davour, vers Udin, e prima di rivà al Municipi, a si jodeva na strada cha va in so, encia ic, vers Pordenon: chiustu a è il Borc Segluzza, dula ca son la Lataria e il Forno. Sind enciamò indavour si tornarà ta la plassa da la Bandiera; ulì, ad angul ret cul stradon, e è una strada, «Via Roma», ca ni puartarà a la Stasion, l’Alberc “Leon d’Oro”, la ciasa dai feroviers. Da chistu piassal a si va – passant la ferovia – vers San Zuan. Pi in bas una straduta a va al Dopolavoro, al Cine. Tra la piassa da la Bandiera e il piassal da la Stasion, una strada squasi di ciampagna, a puarta vers la Glisiuta, – na vecia capela – li Scuelis, la Canonica. Prima di entra tal pais da la part di Udin i erin passas dongia il Borc da li Agussis, il pi grazious, vert e rustic di Ciasarsa, cun salici e aghis.

[idea]traduzione:
Casarsa sembra messa proprio nel mezzo di tutti questi paesini. Come nel centro di una circonferenza i raggi, tante stradine la legano a quelli. Lungo il corso del Tagliamento, per la strada di Spilimbergo, verso le montagne, ecco Valvasone. Antico paese, scuro, con bella e pallida gente. Le case vecchie e tristi hanno tutte i portici, piccoli e scuri. In mezzo, il castello, abitato adesso da povera gente, con il fossato pieno di erbacce. Passiamo in mezzo alle piazzette, e acque verdi e vecchie, che passano qua e là, in stretti canalli fra le case. Da Valvasone, vediamo cominciare il giro, che, avendo per centro Casarsa, finisce, un’altra volta vicino l’acqua, a San Vito: e tutti questi paesini hanno la loro strada che li lega al nostro paese.
Il paese si stende da Nord a sud perpendicolare allo stradone asfaltato che porta ad Udine, che, con una doppia curva passa proprio in mezzo alle due piazze più importanti del paese. Arrivando da Udine si incontra prima la piazza della Bandiera, larga e grigia, e poi dietro lo stradone asfaltato, si arriva alla piazza del Municipio, dove c’è anche la Chiesa, il monumento, la casa dei conti; lo stradone, tagliando il borgo Pordenone, va, proprio, verso Pordenone e dopo Venezia; il borgo Pordenone è un’unica strada, larga, con le case vecchie, grigie, schiacciate. Ma, se, arrivati alla piazza del Municipio, invece di andare avanti, si va su a destra, si arriverà al Borgo Valvasone, nella strada, appunto, che va a quel paese. Il borgo è povero e scuro, con le case forse, più vecchie del paese. Più in là si arriva anche al cimitero nuovo. Facciamo ancora un duecento passi indietro, verso Udine, e prima di arrivare al municipio, si vedeva una strada che va in giù, anche essa verso Pordenone: questo è il Borgo Segluzza, dove ci sono la Latteria e il Forno.
Andando ancora indietro si tornerà nella piazza della Bandiera; lì, ad angolo retto con lo stradone, c’è una strada, “Via Roma”, che ci porterà alla Stazione, con un grande piazzale davanti e con grandi case abbastanza nuove: la Stazione, l’Albergo “Leon d’Oro”, la casa dei ferrovieri. Da questo piazzale, si va – passando la ferrovia – verso San Giovanni. Più in basso una stradina va al dopolavoro, al Cinema. Tra la piazza della Bandiera e il piazzale della Stazione, una strada quasi di campagna, porta verso la chiesetta – una vecchia cappella – le Scuole, la Canonica. Prima di entrare nel paese dalla parte di Udine eravamo passati vicino il borgo delle Aguzze, il più grazioso, verde e rustico di Casarsa, con salici e acque.[/idea]

Se si guarda la mappa  si comprende facilmente che il nostro comune è praticamente formato dall’unione di due comunità in mezzo alle quali passano la strada statale n. 13, detta “Pontebbana”, e la ferrovia che unisce Venezia con Udine. A nord, infatti, di quest’asse mediana si trova Casarsa, mentre più a sud si sviluppa la comunità di San Giovanni.

San Zuan a è il fradi di Ciasarsa, – lontan nencia mill metros -; e, coma sempri, i doi paìs a son plens di gelosiis e di rancour. A si parla di antichis barufis fra i nustris omps e chei. A si cianta enciamò – e, sensa dubi al timp ch’jo i eri frut – Venesia biela, Ciasarsa so sour, San Vit un flour, San Zuan un cagadour. Ma jô ricuardi li barufis tra di nu putelus. Finidis li sassadis “Turc” nu i sigavin, Baludars, baludars, rispondevin.

[idea]traduzione:
San Giovanni è il fratello di Casarsa, – lontano neanche mille metri -; e, come sempre, i due paesi sono pieni di gelosie e di rancore. Si parla di antiche baruffe tra i nostri uomini e quelli. Si canta ancora – e, senza dubbio al tempo che ero bambino – Venezia è bella, Casarsa sua sorella, San Vito un fiore, San Giovanni un ‘cacatore’. Ma io ricordo le baruffe tra noi bambini. Finite le sassate “Turco”, noi gridavamo, Bugiardi, bugiardi, rispondevano.[/idea]