Bill Viola e Pier Paolo Pasolini, due poeti dello schermo

di Maria Paola Forlani

www.estense.com – 12 marzo 2014

A Palazzo Strozzi, nel contesto della mostra Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “Maniera”, aperta fino al 20 luglio 2014, si può ammirare l’istallazione The Greeting, presentata per la prima volta dall’artista Bill Viola alla Biennale di Venezia del 1995 (poi, l’anno seguente, a Ferrara alle Gallerie di Arte Moderna a Palazzo Massari, per una mostra dedicata alla “Video Arte”). L’opera si ispira alla Visitazione del Pontormo conservata alla Pieve di San Michele Arcangelo a Carmignano. Questo grande maestro dell’arte contemporanea, descrivendo il suo lavoro come video artista ha dichiarato: “Uno degli eventi più decisivi degli ultimi centocinquanta anni è l’avvento dell’immagine in movimento. Questa introduzione del tempo nell’arte visiva può considerarsi tanto determinante quanto l’affermazione della prospettiva da parte di Brunelleschi”. Elemento caratteristico delle opere di Viola è l’utilizzo dello “slow motion” e il rallentamento dei movimenti diviene il tramite ideale per citare ed esaltare la “fissità” della tavola del Pontormo, creando però un “prima” e un “dopo” alla scena narrata. The Greeting estende i quarantacinque secondi reali dell’incontro di due donne fino a portarli a dieci minuti di proiezione. Ogni minima variazione, ogni soffio di vento sono esaminati nei più minuti particolari, moltiplicando la possibilità della loro osservazione e portando lo spettatore a entrare lentamente nei dettagli dei gesti e dell’espressività mimica dei personaggi.

"The Greeting". Bill Viola
“The Greeting”. Bill Viola

Viola è vissuto in Italia negli anni Settanta e a Firenze per diciotto mesi ed è stato direttore tecnico di produzione dello studio di video arte Art/Tapes/22. In un’intervista ha sottolineato come gli piacesse la sensazione che “la storia dell’arte balzasse fuori dalle pagine dei libri” e gli “impregnasse la pelle”. The Greeting rappresenta la prima creazione in cui l’artista si mette in diretto rapporto con grandi opere della storia dell’arte. Suo scopo non è ricreare la Visitazione del Pontormo (che raffigura l’incontro di Maria, in attesa di Gesù, e di santa Elisabetta, incinta di san Giovanni Battista), ma trovare in questo maestro “una guida per fare qualcosa di nuovo”. Come nel caso di Observance (presentato a Palazzo Strozzi nel 2002), ispirata alla Pala d’altare Die vier Apostel (1526) di Albert Dürer, Viola crea coreografie di personaggi contemporanei che interpretano scene tipiche dell’iconografia tradizionale cristiana, prendendo a modello grandi capolavori dell’arte del passato. Le figure vengono estrapolate da una simbologia religiosa e ricontestualizzate in una nuova dimensione. Quella che vediamo non è la traduzione letterale né della storia biblica di Luca, né della Visitazione del Pontormo, bensì l’emozionante e originale visione di un incontro che diviene metafora atemporale e universalmente poetica dell’essenza della condizione umana.

Attirato dalla infinita malinconia della Deposizione di Pontormo nella Cappella Capponi (Chiesa di Santa Felicita a Firenze), lo storico dell’arte Giulio Briganti scrive : “Chiarissimi e acerbi, colori d’erba spremuta e di succhi di fiori primaverili, pervinche, rose, violette, giallo di polline, verde di chiari steli”. Queste parole piene di poesia furono di ispirazione per un altro scrittore e cineasta, allievo di Roberto Longhi, il grande poeta Pier Paolo Pasolini. “Colori? Chiamarli colori …”, così inizia una delle più famose descrizioni dei colori mai composte per un dipinto italiano. Si tratta delle parole che Pasolini inserì nella sceneggiatura della Ricotta, suo film del 1963. Ispirato da Longhi e Briganti, Pasolini colse la bellezza dei colori selvatici dei fiori di campo della Deposizione del Pontormo come mai nessuno prima, proprio come colse la selvaggia bellezza delle sue figure, il cui naturalismo veniva trasfigurato, anche se non negato, dalla composizione e dal colore. Nel realismo in bianco e nero della Ricotta ci sono solo tre scene a colori: la natura morta caravaggesca in apertura, con il cibo di cui si ingozza l’affamato Stracci e, soprattutto, le ricostruzioni delle pale d’altare del Pontormo e del Rosso.

"La ricotta". Tableau vivant della "Deposizione" di Rosso Fiorentino
“La ricotta” di Pasolini. Tableau vivant della “Deposizione” di Rosso Fiorentino

Questi Tableau vivant sono estremamente precisi, fatta eccezione per le estensioni laterali: su entrambi i lati della Deposizione di Volterra appare un servitore nero, mentre su quelli della Deposizione di Pontormo sono inseriti un cane e due giovani adolescenti accovacciati, uno dei quali dondola la gamba dal piedistallo in pietra serena su cui è seduto. Le due figure alludono, neppure velatamente, agli affreschi del Pontormo per la residenza medicea di Poggio a Caiano.

Pasolini sul set de "La ricotta" (1963)
Pasolini sul set de “La ricotta” (1963)

La sintesi in trentaquattro minuti, che ne La ricotta Pasolini fece delle sue idee in fatto di politica, religione e arte, comprende la lettura di una delle sue poesie, Un solo rudere, sogno di un arco, durante la quale Orson Welles mostra la copertina di Mamma Roma (1962) […]. Tra i ruderi della campagna romana, sopraffatto dalla nostalgia, Pasolini ricorda:

Io sono una forza del passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi delle Chiese,
delle pale d’altare, dai borghi
dimenticati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.

Nato dalle viscere dei morti in un presente senza storia, il poeta è un viandante in questo mondo, “più moderno di ogni moderno / a cercare fratelli che non sono più”. Nel ricostruire le due pale d’altare, che catturano la sofferenza di Cristo per mezzo della bellezza del colore, e nel cercare di renderle contemporanee, Pasolini corse un grande rischio, che in effetti pagò a caro prezzo. La “maniera italiana” di Briganti fu certamente tra le sue fonti di ispirazione, come pure lo furono l’insegnamento di Roberto Longhi e gli altri studi sul manierismo che mettevano in relazione il Rosso e il Pontormo. Ma fu la sua personale capacità di comprendere l’essenza radicale di queste opere a spingerlo a cogliere l’istante in cui la vita può diventare arte: anche nel film l’attenzione per l’arte, piuttosto che per la vita, conduce il povero Stracci, il ladruncolo affamato e caritatevole, a morire dimenticato sulla croce. Pasolini sfidò il pubblico a guardare con occhi nuovi quei grandi dipinti, che a lui avevano parlato non come reperti di un antico passato o come segni di una fiera malinconica. La sua visione di una lingua vernacolare viva e ribelle, sempre sul punto di spegnersi o sparire, e perciò avida di bellezza della tradizione, era moderna e attuale, ma era anche vicina allo spirito in cui il Rosso e il Pontormo si trovarono a operare.

Pier Paolo Pasolini e Bill Viola: due poeti che hanno reso sullo schermo, in tempi diversi, la magia della vita-Visitazione e della morte-Deposizione in uno strepitoso gioco di luce, di colori e di speranza.

 [info_box title=”Bill Viola” image=”” animate=””]Bill Viola  (New York 1951)  è un videoartista che da oltre 30 anni crea video installazioni architettoniche: ambienti totali che avvolgono la visione nell’immagine e nel suono impiegando le tecnologie più avanzate. Reinterpretando anche capolavori presi in prestito dalla storia dell’arte, le sue opere sono meditazioni sull’essere umano, sulla barriera illusoria che separa la nascita dalla morte. Figlio di un italiano originario di Pavia, nel 1973 si laurea in Visual e Performing Arts al College of Visual and Performing Arts della Syracuse University di New York. Nei primi anni 70 inizia a realizzare videoarte lavorando per artisti come Bruce Nauman e Nam June Paik. Nel 1975 si trasferisce per un anno e mezzo a Firenze come direttore tecnico di produzione di Art/Tapes/22, uno dei primi studi europei di videoarte. Nel 1977 è invitato ad esporre le sue opere alla Trobe University di Melbourne dalla direttrice artistica Kira Perov, che sposerà Viola l’anno successivo trasferendosi a New York e diventando in seguito direttore esecutivo del suo studio. A partire dal 1980 Viola vive per diciotto mesi in Giappone studiandone la cultura e la religione e avvicinandosi al buddismo zen; quindi lavora per sei mesi nel centro ricerche della Sony sperimentando le più avanzate tecnologie del tempo. Nel 1995 rappresenta gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia con cinque opere intitolate Buried secrets, mentre la Syracuse University è la prima di una lunga lista di atenei ad assegnargli una laurea ad honorem. Nel 1997 gli viene dedicata una retrospettiva itinerante dal Whitney Museum di New York che ottiene un grande successo anche in Europa. Il 2000 segna l’inizio dell’uso di schermi al plasma e a cristalli liquidi per le sue videoinstallazioni. Nel 2002 completa l’ambizioso progetto Going Forth By Day, un ciclo di video ad alta definizione commissionato dal Guggenheim di New York e Berlino. L’anno dopo il J. Paul Getty Museum di Los Angeles realizza la sua personale The Passions (una serie di opere sulle emozioni umane) che ottiene uno straordinario consenso di critica e pubblico anche nelle successive tappe di Londra, Canberra e Madrid. Nel biennio 2004-2005 ha inizio la collaborazione con il regista Peter Sellars per una nuova produzione del Tristano e Isotta di Wagner, andata in scena all`Opéra di Parigi. Dopo le mostre di Tokyo nel 2006 e di Granada nel 2007, e la sua partecipazione alla Biennale di Venezia con Ocean without a shore, da ottobre 2008 a gennaio 2009 il Palazzo delle Esposizioni di Roma gli dedica la mostra Visioni interiori.[/info_box]