I versi di Filippo La Porta dopo la visione della “Ricotta” di Pasolini

Filippo La Porta, critico letterario di spicco, attento in particolare alle espressioni e tendenze della letteratura contemporanea, è anche autore di molti saggi e di monografie sull’opera e sulla figura di Pasolini, sempre emozionante intellettuale di riferimento. Proprio la recente visione in compagnia del figlio  del  film  La ricotta, perla cinematografica pasoliniana incastonata nel film a episodi Ro.Go.Pa.G. (1963), ha sollecitato in La Porta una insolita vena poetica e lo ha spinto a scrivere alcuni versi in cui la riflessione su quel gioiello filmico di Pasolini si intrecciano con l’affiorare delle memorie personali e affettive.
Pubblichiamo qui questi versi con il consenso dell’autore, che ringraziamo vivamente
.

"La ricotta". Una scena
“La ricotta”. Una scena

Rivedendo il film  “La ricotta” con mio figlio
di Filippo La Porta

Ballano  il twist
sul set polveroso,
(in modo naturale e stralunato),
le comparse di periferia:
recitano la vita, buttandola via.
Pasolini ha inventato un popolo,
feroce e gioioso,
che non sapeva  di esistere.
Stracci corre a comprare  la ricotta,
come Charlot,
e muore in croce, dopo l’indigestione  nella grotta,
dopo i pianti e lo sfottò.
La linea dei palazzi, lontano,
dove finisce la città, e ogni cosa.
Il bianco e nero fissa
la realtà, che riposa
in una luce senza tempo.
E’ il  sogno di un aldilà,
dove tutti ci ritroviamo:
i vivi e i morti,
mio figlio, mia madre,
la mia adolescenza nebbiosa.