Salò o le 120 giornate di Sodoma, metafora della violenza del potere attraverso la riattualizzazione della perversione sadiana, fu l’ultimo film diretto da Pier Paolo Pasolini nel 1975, presentato per la prima volta a Parigi poche settimane dopo la scomparsa del regista, di cui quest’anno si ricorda il 40.mo anniversario dalla morte.
Ora, in anteprima alla 72.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il nuovo restauro di Salò, promosso dalla Cineteca di Bologna e da CSC – Cineteca Nazionale, in collaborazione con Alberto Grimaldi, è stato presentato in Sala Volpi giovedì 10 settembre 2015, ore 14.45, e in replica venerdì 11, ore 9.00 ( con presentazione del restauro da parte del direttore della Cineteca bolognese Gianluca Farinelli). La proiezione è stata introdotta da una preziosa intervista a Pasolini – conservata e messa a disposizione da Cinemazero di Pordenone – che il giornalista e amico Gideon Bachmann gli fece durante le riprese di questa cruciale ultima opera, di cui dà una fondamentale chiave di lettura.
Il restauro del film-testamento di Pier Paolo Pasolini, accompagnato dalla voce dello stesso Pasolini, arriverà poi in prima visione nelle sale italiane (nell’ambito del progetto “Il Cinema Ritrovato. Al cinema”, per la distribuzione dei classici restaurati) e in DVD per le Edizioni Cineteca di Bologna, dal 2 novembre, anniversario della morte dell’autore.
Un unicum nella produzione cinematografica di Pasolini, che ha qui voluto abbandonare temi e modi dei precedenti della Trilogia della vita in favore di una vera e propria calata negli inferi del potere, Salò è suddiviso in una struttura dantesca che vede “Antinferno”, “Girone della Manie”, “Girone della Merda” e il “Girone del Sangue”.
Pasolini sceglie come di consueto degli attori presi dalla strada, soprattutto per le parti secondarie, e al loro fianco un articolato cast di attori professionisti: Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Uberto P. Quintavalle, Aldo Valletti, Caterina Boratto, Elsa De Giorgi, Anna Recchimuzzi.
Salò appare ancora – come nella definizione dell’autore – “un mistero medievale”, un film che anche oggi può risultare indigeribile. Da qui la scelta condivisa di Cinemazero, Cineteca di Bologna e CSC – Cineteca Nazionale di aprire il restauro con le parole dell’intervista fatta a Pasolini da Bachmann nel maggio 1975, a riprese praticamente concluse: con le parole di Pasolini a introdurlo, il film risulta fruibile e ancor più tremendamente attuale.
«[…] il film è preso da Le 120 giornate di Sodoma di De Sade, ma è ambientato durante la Repubblica di Salò, cioè tra il ’44 e il ’45. Quindi c’è molto sesso. Ma il sesso che c’è nel film è il tipico sesso di De Sade, la cui caratteristica è esclusivamente sadomasochistica, in tutta l’atrocità dei suoi dettagli e delle sue situazioni. A me questo sesso interessa, come interessa a De Sade, per quello che è, ma nel mio film tutto questo sesso assume un significato particolare ed è la metafora di ciò che il potere fa del corpo umano. La mercificazione del corpo umano, la riduzione del corpo umano, è tipica del potere, di qualsiasi potere. Quindi il mio film è un film contro qualsiasi forma di potere e precisamente contro quella che io chiamo l’anarchia del potere, ed è questa la ragione per cui ho scelto Salò e la Repubblica fascista di quel periodo, perché mai come in quel momento il potere è stato anarchico, arbitrario e gratuito, potendo fare qualsiasi cosa» (Pasolini intervistato da Gideon Bachmann, Fondo Pasolini Archivio Cinemazero).
Parole con cui Pasolini dimostra l’usuale lucidità d’analisi e la chiarezza di obiettivi per un’opera tuttora poco e mal vista in Italia, perché catalogata come “eccessiva”, mentre invece è enormemente complessa e del tutto attuale per l’analisi delle dinamiche del potere.