Pasolini, fu vera poesia? (dall’archivio storico de «La Repubblica», 30/06/94)

Pasolini, fu vera poesia?
Su «MicroMega» il bilancio di una discussione accesa

Archivio storico «la Repubblica», 30 giugno 1994

Fu vero poeta? Prima o poi il dubbio affiora, specie se sotto la lente di critici e accademici capita uno scrittore cui oggi viene attribuita (a torto? a ragione?) un’ aureola santificante. La pubblicazione di Bestemmia (Garzanti), massiccio corpus poetico in due volumi di Pier Paolo Pasolini, ha rilanciato la polemica sul più discusso intellettuale italiano di questo dopoguerra. Che Pasolini infiammi la critica non è novità recente. Pietro Citati parlò dei suoi libri come “di un grandioso fallimento” e Manganelli ne sublimò la liquidazione con la sprezzante definizione di “romanziere in similvita”. Un bilancio dell’ attuale discussione, nell’ ultimo numero di «MicroMega», è firmato Enzo Golino, pasoliniano aspramente critico verso “le attività del Premiato Pasolinificio s.p.a.”. Oggi, sintetizza Golino, circola nei suoi confronti una sorta di “maligna impazienza”. Una rivendicazione riassumibile in questi termini: hai voluto essere protagonista, combattere una guerra corsara, servirti strumentalmente dei mass media e al contempo condannarli, profetizzare l’Apocalisse, indossare le maschere del maudit e del compagno vicino al sottoproletariato? Ebbene, i tuoi testi dimostrino qui e ora, a diciannove anni circa dall’assassinio di Ostia, che l’etichetta di poeta non è caduca.
L’indirizzo “revisionista” ha le sue espressioni più autorevoli in Giovanni Raboni e Pier Vincenzo Mengaldo; sulla sponda opposta – incline a valorizzare la qualità poetica di Pasolini – Enzo Siciliano e Andrea Zanzotto. Il nodo centrale, che imbriglia la discussione, è indicato da Golino nell’incombere del personaggio sull’opera, quella tendenza spiegata efficacemente da Piergiorgio Bellocchio: “Pasolini è un caso di scrittore congenito. La sua vita è subito, nel bene e nel male, letteratura”. Ma è anche difficile, aggiunge Golino, cancellare un personaggio di tale forza profetica. Dunque: ancora Pasolini, sempre Pasolini, in un profluvio di iniziative, ristampe, opere – tra l’ altro la riproduzione anastatica delle riviste friulane pubblicate a Casarsa tra il 1944 e il 1947 (L’Academiuta friulana e le sue riviste, a cura di Nico Naldini, Neri Pozza editore, lire 32.000) – “che non può essere liquidato con superciliosi rifiuti”. “Sul vuoto che il poeta-profeta ha lasciato”, conclude Golino, “permane la difficoltà di cancellarne l’ombra. E più si tenta di cancellarla, più essa si proietta nella realtà che stiamo vivendo”.