«Il Vangelo secondo Matteo film d’inconscia religiosità»
6 aprile 2013 – da «Il Messaggero Veneto»
Il gesuita Virgilio Fantuzzi ieri agli incontri pasoliniani di Casarsa e Pordenone:
«Quando vidi la pellicola, mi parve inconciliabile con la mancanza di fede»
CASARSA. Virgilio Fantuzzi, gesuita e critico cinematografico de «La Civiltà Cattolica», era tra gli ospiti, ieri, del doppio incontro che il Centro Studi Pasolini di Casarsa ha organizzato nella propria sede prima e a Cinemazero di Pordenone in serata, per la proiezione del film Il Vangelo secondo Matteo. Il suo contatto con Pasolini nacque in modo quasi clandestino, consolidandosi nel tempo.
«All’epoca ero un seminarista, avrò avuto circa 26 anni, ero cresciuto in un ambiente religioso e forse ero più maturo dei miei coetanei, diciamo che mi sentivo quasi un fuori corso. Indossavano la veste talare e avevamo il divieto di andare al cinema. Avevo sentito parlare del Vangelo di Pasolini, ma lo vidi solo in occasione di una proiezione privata. Dire che ne rimasi impressionato è dir poco, soddisfaceva nella maniera più completa tutto quello che mi potevo aspettare dal mio concetto del Vangelo. Sapevo che Pasolini non faceva mistero della sua visione marxista e il fatto che non credesse nella divinità di Gesù Cristo era un dato per me inconciliabile con il film che avevo visto. Così decisi di incontrarlo per dirglielo».
E cosa successe?
«Pasolini mi ascoltò, mi lasciò dire tutto quello che pensavo e invece di darmi una risposta, con quell’attitudine didattica di cui era capace, fece in modo che la risposta al fatto se lui fosse credente o meno la trovassi da solo».
E quale fu la risposta?
«Glielo dico con le parole di Pasolini stesso, lui diceva di «non essere credente, almeno nella coscienza» e con questo inciso lasciava aperto un interrogativo su una possibile dimensione, al di là delle intenzioni esplicite, nella quale potesse esistere una forma di religiosità. Il suo film, per me, ne era la dimostrazione più evidente. Del resto, quelli che vogliono creare delle d’arte apertamente religiose spesso finiscono col fare porcherie».
Una religiosità inconscia, dunque?
«La dimensione religiosa, per dirla provocatoriamente, di quando dormiamo, come Rossellini, capace di immagini di un altissimo significato religioso che gli si formavano di notte, durante il sonno».
Riferimenti ormai perduti?
«Pasolini era un uomo di cultura completa, oggi non so. Da poco è stato eletto il nuovo Papa, è un mondo ancora tutto da scoprire. Certo è che già la sua elezione è una rivoluzione nel senso che mette la periferia al centro, e insieme mostra che il centro non è più “al centro”. Se i giovani di oggi, anziché chiudersi con la tecnologia, si mettessero ad ascoltare chi viene da lontano, comprendessero cioè che gli orizzonti del mondo sono ampi e altri, sarebbe già un bel passo avanti».