Amelia Rosselli, Panagulis e Cerquiglini: parole di poeti per PPP

PAGINE CORSARE

Fondo Angela Molteni

La vita

Tre poeti e tre anime tormentate ricordano Pasolini, dopo  la sua morte. Sono Amelia Rosselli, Alekos Panagulis e Enrico Cerquiglini, esemplificati su “Pagine corsare” dai testi che hanno scritto per il poeta assassinato nel 1975.

“A Pier Paolo Pasolini”
di Amelia Rosselli

E posso trasfigurarti,
passarti ad un altro
sino a quell’altare
della Patria che tu chiamasti
puro…

E v’è danza e gioia e vino
stasera: – per chi non pranza
nelle stanze abbuiate
del Vaticano.

Faticavo: ancora impegnata
ad imparare a vivere, senonché
tu tutto tremolante t’avvicinavi
ad indicarmi altra via.

Le tende sono tirate, il viola
dell’occhio è tondo, non è
triste, ma siccome pregavi
io chiusi la porta.

Non è entrata la cameriera;
è svenuta: rinvenendoti morto
s’assopì pallida.

S’assopì pazza, e sconvolta
nelle membra, raduna a sé
gli estremi.

Preferii dirlo ad un’altra infanzia
che non questo dondolarsi
su arsenali di parole!

Ma il resto tace: non odo suono
alcuno che non sia pace
mentre sul foglio trema la matita.

E arrossisco anch’io, di tanta esposizione
d’un nudo cadavere tramortito.

Amelia Rosselli nasce il 28 marzo 1930 a Parigi, figlia di Marion Cave, un’attivista del partito laburista britannico, e di Carlo Rosselli, esule antifascista, fondatore di “Giustizia e Libertà e teorico del Socialismo Liberale. Nel 1940, ancora bambina, è costretta a fuggire dalla Francia in seguito all’assassinio, compiuto dalle cagoulards (le milizie fasciste), del padre e dello zio Nello, voluto da Benito Mussolini e da Galeazzo Ciano. Il duplice omicidio la traumatizza dal punto di vista psicologico: da quel momento Amelia Rosselli comincia a soffrire di ossessioni persecutorie, convinta di essere seguita dai servizi segreti che hanno lo scopo di ucciderla. Esule con i suoi familiari, si trasferisce in un primo momento in Svizzera, per poi spostarsi negli Stati Uniti. Si cimenta in studi di carattere musicale, filosofico e letterario, pur senza regolarità; nel 1946 torna in Italia, ma i suoi studi non le vengono riconosciuti, e decide quindi di andare in Inghilterra per completarli. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta si dedica alla composizione, all’etnomusicologia e alla teoria musicale, non rinunciando a realizzare alcuni saggi sul tema. Nel frattempo nel 1948 inizia a lavorare per diverse case editrici di Firenze come traduttrice dall’inglese. In seguito prende a frequentare, tramite Rocco Scotellaro, incontrato nel 1950, e Carlo Levi, gli ambienti letterari romani, entrando in contatto con gli artisti che genereranno l’avanguardia del Gruppo 63. Negli anni Sessanta si iscrive al Partito Comunista Italiano, mentre i suoi testi attirano l’attenzione, tra gli altri, di Pasolini e di Zanzotto. Nel 1963 pubblica ventiquattro poesie su “Il Menabò”, mentre l’anno successivo dà alle stampe per Garzanti Variazioni belliche, la sua prima raccolta di poesie. In essa Amalia Rosselli mette in mostra il ritmo doloroso della sofferenza, senza nascondere la fatica di un’esistenza contrassegnata in maniera indelebile da un’infanzia di dolore. Nel 1966 inizia a dedicarsi alle recensioni letterarie, pubblicate su “Paese Sera”, e tre anni più tardi pubblica Serie ospedaliera, un’altra raccolta di versi. Nel frattempo si dedica alla scrittura di Appunti sparsi e spersi. Nel 1976 dà alle stampe per Garzanti Documento (1966-1973), per poi pubblicare con Guanda Primi scritti 1952-1963, all’inizio degli anni Ottanta. Nel 1981 pubblica un lungo poema suddiviso in tredici sezioni, intitolato Impromptu; due anni più tardi esce Appunti sparsi e spersi. Al 1985 risale La libellula, cui fanno seguito due anni più tardi Antologia poetica (Garzanti) e, nel 1989, Sonno-Sleep (1953-1966), per Rossi & Spera. Nel 1992 dà alle stampe per Garzanti Sleep. Poesie in inglese. Trascorre gli ultimi anni della sua esistenza a Roma, in un’abitazione in via del Corallo, non lontano da piazza Navona. Colpita da una grave depressione, che va a sovrapporsi a diverse altre patologie (il morbo di Parkinson in particolare, ma in diverse cliniche all’estero le avevano diagnosticato anche una schizofrenia paranoide), Amelia Rosselli muore suicida l’11 febbraio 1996 nella sua casa. In passato aveva già tentato in più occasioni di togliersi la vita, ed era reduce da un ricovero a Villa Giuseppina, una casa di cura in cui aveva provato a ritrovare la serenità, senza riuscirci.

Amelia Rosselli
Amelia Rosselli

“A Pier Paolo Pasolini” 
di Alekos Panagulis

Voce umana
vestita di bellezza
era quella che ci davi
umana e bella
anche se duramente accusava

Amore semplice umano
la tua vita
amore e paura per l’uomo
per il progresso fede
e lo sviluppo insopportabile per te

V’erano momenti in cui ascoltando
le parole scorrere dalle tua labbra
riudivo i versi di Rimbaud
“Sono nato troppo presto o troppo tardi?
Cosa sto a fare qui?
Ah, tutti voi,
pregate Iddio per l’infelice”

No Pier Paolo
non sei nato né presto né tardi
ma peccato che tu sia partito
mentre la verità si combatte
mentre tanti si scontrano
senza sapere perché
senza sapere dove vanno

Mentre le religioni cambiano faccia
e le ideologie diventano religioni
e molti vestono paraocchi di nuovo
tu non dovevi andar via.

Alekos Panagulis (1939-1976), poeta e uomo politico greco, nel 1967 entrò nella resistenza per liberare la Grecia dal regime militare guidato da George Papadopoulos, la famigerata “giunta dei colonnelli” che allora dominava il suo Paese. Dopo essere stato arrestato, processato e condannato a morte, in seguito a pressioni internazionali, non fu ucciso ma incarcerato e torturato. Nel 1973 venne scarcerato grazie a un’amnistia e nel 1974, dopo che la giunta ebbe abdicato e furono indette in Grecia elezioni democratiche, venne eletto deputato. Minacciato di morte da avversari politici, il 1° maggio 1976 Panagulis rimase vittima di un misterioso incidente automobilistico. Il suo funerale, avvenuto nella Cattedrale di Atene, divenne la più grande manifestazione di popolo della storia greca.

Alekos Panagulis al momentodell'arresto
Alekos Panagulis al momento dell’arresto

“Appunti e riflessioni”
di Enrico Cerquiglini

Pasolini non è un mito: è diventato il simbolo di una nazione senza verità. La sua morte è la morte di centinaia di persone che sono state uccise per mano dei soliti “ignoti”. Nessun mito, solo l’indignazione e la necessità della verità tiene vivo il Pasolini-corpo in chi ha bisogno che la verità emerga, in chi non si rassegna a convivere riverentemente con coloro che hanno ancora le mani grondanti di sangue. La verità storica è un’esigenza, non un optional.
Quando parlando dell’opera di Pasolini la si decontestualizza, si cerca inevitabilmente di ridurla a frammento, magari altissimo, magari sublime, ma sempre frammento. Non vorrei che si ricadesse, come a volte mi sembra succeda in questi ultimi tempi, nella mania crociana di separare ciò che è poesia da ciò che non lo è, perché filosofia, politica, ecc. Sarebbe il classico regredire e chiamarlo progresso. Pasolini, che piaccia o meno, ha aperto una strada: ha saputo entrare nella vita, fin nei suoi gradi più infimi (non è un valore morale che si esprime), e coglierne un sacro respiro. Che i suoi toni spazino dall’oratoria alla “profezia” all’idillio mi sembra assolutamente normale (se non sbaglio anche un tale Alighieri…), che abbia cercato di utilizzare la poesia per commentare il reale, o come strumento di indagine, credo che sia quanto di meglio ci ha lasciato il Novecento. Meglio forse il ritiro formalismo di taluni ermetici? O il rifugio in un sogno-eros penniano o la speculazione delle avanguardie?
Quello che Pasolini ci ha involontariamente insegnato è che in questo paese dire la verità può costare caro. E questo credo che in troppi, non solo tra gli intellettuali, l’abbiano imparato.
[da interventi su blog]

Enrico Cerquiglini (1962), poeta, è tra gli organizzatori del Premio Nazionale di Poesia “Sandro Penna”. Suoi scritti sono apparsi in diverse riviste, anche straniere, e in atti di convegni. In poesia ho pubblicato Le correnti della landa (Roma, Gabrieli, 1982), Vendette azteche (Udine, Campanotto, 1994), Ballate B.I.T., (Perugia, Grafiche 84, 1997) e Tra nebbia e fango (Udine, Campanotto, 2006). Altre pubblicazioni, Pier Paolo Pasolini – Uccellacci e uccellini (Dalla sceneggiatura alla realizzazione cinematografica) [Udine, Campanotto, 1996 (saggistica)], La voce dolce di resa (Ascoli Piceno, Stamperia dell’Arancio, 2000). Ha un suo  blog dedicato prevalentemente alla poesia.

Cerquiglini
Enrico Cerquiglini