Un consiglio di Beppe Severgnini per gli amanti dei libri

La disposizione dei volumi nelle librerie di casa  rivela le persone. Non male come metodo spicciolo per capire con chi si ha a che fare. Sempre che possieda e ami i libri, con cui foderare le pareti domestiche. Se non è così, meglio lasciar perdere rapporti più ravvicinati.
In ogni caso è questo il consiglio suggerito dal giornalista Beppe Severgnini in un recente articolo intriso di ironia, scritto anche con il pensiero ai volumi ereditati da un parente bibliofilo, appassionato di squisitezze di carta. Tra esse anche una rara edizione per Meridiana del
Canto popolare di Pasolini.

I libri sono oggetti romantici, non metteteli in ordine alfabetico
di Beppe Severgnini

www.corriere.it/sette/outside-the-box – 19 ottobre 2017

Ho chiesto ad Ambrogio Borsani di raccontare le biblioteche domestiche su 7 (pag. 62-67). Lo spunto è un suo breve saggio, appena pubblicato: L’arte di governare la carta. Follia e disciplina nelle biblioteche di casa. Borsani è uno scrittore, un viaggiatore, ha fondato la rivista “Wuz”, ha insegnato all’Accademia di Brera e all’Orientale di Napoli. È un bibliofilo, non un feticista. C’è una differenza. Il primo ama i libri, e li legge; il secondo ne è ossessionato, e brama di mettere le mani sull’oggetto del desiderio.

Libri

Nel 1990 ho ricevuto in eredità la biblioteca di Aldo Borlenghi, poeta e critico letterario, fiorentino, classe 1913, amico di Ungaretti e Bacchelli. Aveva sposato una zia, Franca Severgnini. Ho capito subito che, da solo, non sarei stato in grado di valutarne l’importanza; e ho pensato di chiedere aiuto a un collega, esperto in materia. «Non farlo!», mi ha ammonito Montanelli. «Oppure perquisiscilo all’uscita. Quello ruba!». Perquisire M. sulla porta di casa non sarebbe stato elegante, e ho rinunciato alla consulenza. Qualche anno dopo ho chiesto aiuto ad Ambrogio Borsani, il gentleman degli scaffali.
Abbiamo ritrovato libri preziosi: Ossi di seppia di Eugenio Montale, nell’edizione Gobetti; la prima edizione di Il codice di Perelà di Aldo Palazzeschi; La Terra Promessa di Giuseppe Ungaretti con la dedica in inchiostro verde. Altri titoli li ho scoperti più avanti.
La sera, ogni tanto, metto le mani negli scaffali e pesco a caso. Una forma di serendipity domestica: la gioia di trovare quello che non cerco. Vittorio Sereni che parla di seduzione alla Buchmesse di Francoforte (L’opzione); Goffredo Parise che racconta l’arrivo dei militari Usa ad Aviano (Gli americani a Vicenza); Il canto popolare di Pier Paolo Pasolini, edizioni Meridiana («Improvviso il millenovecentocinquantadue passa sull’Italia, / solo il popolo ne ha un sentimento»); Tu sei Pietro di Alda Merini, che abbiamo letto in pubblico nel ventennale del Festivaletteratura di Mantova. Alcuni di questi volumi li ho conservati, altri li ho regalati. Mi piacciono i libri; ma si regalano le cose che piacciono, se no che senso ha?
Mi ha sempre affascinato il rapporto tra le persone e i libri. Quando entro in casa di gente che non conosco, faccio finta di niente e mi dirigo verso la biblioteca (se c’è; se non c’è, vorrei andarmene subito). La disposizione dei volumi rivela le famiglie e le persone. Come Borsani, disapprovo chi sceglie l’ordine alfabetico. Diffido di chi dispone i volumi secondo le collane. Mi spaventano quanti li dispongono in ordine d’altezza.
Il mio criterio? Divisione per nazioni, saggi e romanzi insieme (certo, non è facile piazzare Stefan Zweig, Nabokov o Lin Yutang). Viva i libri, oggetti romantici. Un buon settimanale, se ci pensate, è un lontano parente. D’accordo, non lo conservate per una vita; ma per un po’ gira per le stanze: lo guardate, lo leggete, lo chiudete, lo riaprite. Ecco perché, quando vedo spuntare le copertine colorate di 7 in qualche casa – un’unica immagine e un unico titolo, come un libro – sono contento. Rinuncio perfino a psicanalizzare le librerie, pensate un po’.