Sullo scaffale. “Pier Paolo, un figlio, un fratello”. Un racconto di Francesco Ricci sul giovane PPP

In uscita una nuova opera che, tra biografia e adesione personale, ripercorre la vita di Pier Paolo Pasolini, specie per la fase della giovinezza, trascorsa  a Bologna e poi a  Casarsa fino al doloroso distacco e alla “fuga” verso Roma a seguito del cosiddetto scandalo di Ramuscello.  Si tratta del volume Pier Paolo, un figlio, un fratello (ed. Nuova Immagine, Siena) di Francesco Ricci, docente di Lettere al Liceo classico “Piccolomini” di Siena ma anche poeta, saggista e scrittore, non nuovo a confrontarsi con la figura e la sensibilità del poeta friulano.
Il volume  si presenta come una sorta di monologo, scandito dalle “intermittenze del cuore”, nel corso del quale Pier Paolo Pasolini ripensa a quelli che erano stati gli episodi più importanti dei suoi primi ventotto anni di vita: le varie e spensierate estati trascorse a Casarsa, i corsi all’università nella città felsinea e l’incontro con Roberto Longhi, la pubblicazione nel 1942 di Poesie a Casarsa, apprezzate e presto recensite da Gianfranco Contini, l’impegno politico con l’iscrizione al PCI, la partecipazione a convegni e dibattiti, la scoperta della propria omosessualità e la sua conseguente e faticosa accettazione, l’esperienza nell’arte dell’insegnamento, l’amore per la pittura.

"Pier Paolo, un figlio, un fratello" di Francesco Ricci. Copertina
“Pier Paolo, un figlio, un fratello” di Francesco Ricci. Copertina

«Nel volume – dice Ricci – ho voluto ricostruire i pensieri e i sentimenti che accompagnarono il viaggio di Pasolini (assieme alla madre Susanna) da Casarsa a Roma. Alle sue spalle si lasciava una brutta denuncia per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico e, soprattutto, le forti conseguenze di quella denuncia: l’allontanamento dall’insegnamento e l’espulsione dal PCI. Ma a dare tormento allo scrittore erano, da un lato, l’impossibilità di vivere con serenità la propria omosessualità, dall’altro, la triste consapevolezza che una stagione esaltante della giovinezza friulana era ormai volta al termine, mostrandogli che non nel restare, ma nel dire addio consiste il senso più autentico del nostro vivere».