Sullo scaffale. “Pier Paolo Pasolini. Prospettive Americane”

Un nuovo saggio critico su Pasolini incrocia diversi punti di vista non direttamente provenienti dalla cultura accademica italiana ed europea, i quali aprono a orizzonti meno scontati nell’interpretazione di un artista eccezionale e sprovincializzato. 

Un Pasolini diverso, visto da prospettive non europee
Una recensione di Paolo Montanari

www.viverepesaro.it – 2 ottobre 2015

Pier Paolo Pasolini. Prospettive Americane, a cura di Fulvio Orsitto e Federico Pacchioni (ed. Metauro), è un nuovo saggio uscito in questi giorni in libreria. Il libro, rientra nell’ambito delle celebrazioni pasoliniane, a 40 anni dalla morte del grande intellettuale, ed offre l’immagine di un Pasolini sia culturalmente che accademicamente sprovincializzato. La prospettiva internazionale dei vari contributi porta con sé anche un vigore demistificatorio, una capacità di svincolarsi dagli assunti legati all’aura mitica assurta dalla figura del poeta vate in Italia.
Il mito pasoliniano viene qui riesaminato con coerenza critica, tenendo conto delle contraddizioni e talvolta anche dei limiti artistici di questa figura. Con grande coraggio e generosità la Metauro edizioni, casa editoriale pesarese, per la prima volta in Italia  ci offre l’immagine di un Pasolini diverso, in una prospettiva periferica, esterna al nostro Paese: in fondo, proprio come Pasolini era solito andare in periferia alla ricerca di una purezza primigenia ormai perduta nel bulimico consumismo del centro. I saggi contenuti in questo volume, per il critico cinematografico Roberto Danese dell’Università di Urbino, intrecciano prospettive provenienti dalla critica statunitense, britannica e italiana, percorrendo nuove strade e mettendo in pratica metodologie libere e distaccate da questioni che spesso dominano specifiche politiche accademiche.

"Pier Paolo Pasolini. Prospettive americane" (Metauro ed. 2015). Copertina
“Pier Paolo Pasolini. Prospettive americane” (Metauro ed. 2015). Copertina

La prima parte del libro, intitolata “Percorsi cinematografici pasoliniani‘’e organizzata secondo un criterio cronologico, alterna pellicole più note e più esplorate dalla critica  a saggi su opere spesso definite minori, ma non per questo meno importanti e ricche di spunti, come il saggio Dalla sacralità tecnica al magma stilistico: il Cristo contraddittorio de Il Vangelo secondo Matteo.
Per il teologo e biblista pesarese don Giorgio Giorgetti il contributo degli studi oltre oceano sono importanti, perché svincolati dai reticolati della stessa chiesa ufficiale. D’altronde lo stesso Pasolini, quando lesse in Assisi il Vangelo di Matteo, ha sottolineato don Giorgio, rimase colpito dai versetti che si riferiscono al capitolo 37 del Vangelo sinottico, che generalmente non viene mai letto in chiesa. Una vera e propria invettiva contro i farisei e i sadducei, che Pasolini identificava nella borghesia italiana.
Per Roberto Danese, che è anche docente di Filologia classica all’Università di studi Carlo Bo di Urbino, in Edipo Re e Medea, il riferimento al classico, al recupero della tragedia greca, con le traduzioni plautine che Pasolini fece evidenziando il carattere popolare anche nella letteratura greca, segnano momenti di transizione dalla modernità alla post-modernità. Un pericolo che il grande intellettuale Pasolini capì, concependo un film dissacratorio come Salò, prima dell’incompiuto film su San Paolo.