Sullo scaffale. “Pasolini e l’Etna” di Sebastiano Gesù

Esce in questi giorni in libreria, per le edi­zioni 40due di Palermo, il libro di Sebastiano Gesù Pier Paolo Pasolini e l’Etna sottotitolo Il Deserto e il Grido, con ricche immagini, alcu­ne delle quali inedite, scattate dal fotografo Salvato­re Tomarchio, padre del giornalista televisivo Giovanni Tomarchio, spesso impegnato in servizi sull’Etna. Il libro contiene una presentazione della scrittrice siciliana Silvana Grasso, una prefazione dello studioso Elio Girlanda e una postfazione del regista Nello Correale, tra gli organizzatori del Festival Internaziona­le del Cinema di Frontiera a Marzamemi.
Il saggio è composto da capitoletti su
Il primo viaggio di Pasolini in Sicilia, sui quattro film girati da Pasolini sull’Etna, con relative schede e sinos­si, e da un “Dialoghetto sul cinema e il teatro” scrit­to da Pasolini sull’Etna in conclusione del film Porcile. Inoltre il libro contiene delle bellissi­me immagini di Pasolini a Zafferana Etnea, paese ai piedi del vulcano, dove egli faceva parte della giuria del premio letterario Branca­ti-Zafferana, unitamente a una importante schiera di intellettuali italiani tra cui Moravia, Dacia Maraini, Bonaviri, Lucio Piccolo, Leonardo Sciascia, Vanni Ronsisvalle.  Personag­gi tutti fotografati da Salvatore Tomarchio,  fo­tografo ufficiale del Premio e autore di scatti che  arricchisco­no il libro. Il volume ha anche una versione in inglese.
Qui di seguito pubblichiamo un breve appunto dell’autore Sebastiano Gesù, che con intensità racconta il significato del vulcano per la sensibilità di Pasolini, che lo scelse come location di quattro tra i suoi film. Il testo è uscito nella rivista online “Diari di Cineclub”( n. 43, ottobre 2016) diretta da Angelo Tantaro.
 

"Pier Paolo Pasolini e l'Etna" di Sebastiano Gesù. Copertina
“Pier Paolo Pasolini e l’Etna” di Sebastiano Gesù. Copertina

Il deserto e il grido
di Sebastiano Gesù

www.cineclubromafedic.it – ottobre 2016

L’Etna, evocatore da sempre di miti pagani e religiosi, per Pier Pa­olo Pasolini non è una semplice location ci­nematografica, bensì un luogo dell’anima che parla al suo sub­conscio. L’Etna è fonte inesauribile di duali­smi e di antitesi, l’u­nione dei contrari: morte e fecondità, sacro e profano, neve e fuoco, luce e tenebra, paradi­so e inferno. Il suo paesaggio scarno, ma im­ponente, lunare, orrifico e misterico, ma di profonda bellezza, non poteva, dunque, non soggiogare Pasolini, che nell’arco di otto anni vi ambienta alcune significative sequenze di quattro dei suoi film, tra i più importanti della sua carriera cinematografica e rivelatori della profondità del suo pensiero. L’Etna parla allo scrittore-regista un linguaggio intriso di in­fluenze culturali e mitologiche che superano il dato prettamente realistico e l’elemento na­turalistico, quello che egli chiama «orrendo na­turalismo». Per Pasolini il Vulcano ha un signi­ficato atavico, intriso di rimandi preistorici, diremmo ancestrali. Il suo paesaggio brullo, desertico, forma preistorica della solitudine e del silenzio, ricco di contrasti, rimanda a una barbarie primigenia da Pasolini tanto amata perché si contrappone alla società moderna piena di opulenza, di conforto e di falsa cer­tezza, che stride al cospetto della nudità vergi­nale del paesaggio vulcanico. La barbarie pri­mitiva ha qualcosa di puro, di buono, «la ferocia vi compare solo in rari casi ecceziona­li».

Massimo Girotti in "Teorema" (1968)
Massimo Girotti in “Teorema” (1968)

Il rapporto di Pasolini con l’Etna coincide con la parabola esistenziale del poeta-regista che con l’andare degli anni diventa sempre più cu­pa e pessimistica. L’Etna luogo della spiritualità ne Il Vangelo secondo Matteo, luogo dell’inquie­tudine nel ricercarsi tra il silenzio e il grido di disperazione o di aiuto in Teorema, della pu­rezza barbarica e cannibalica in Porcile, divie­ne nel suo penultimo film I racconti di Canter­bury, il regno del Maligno, avvolto da un’atmosfera tragica: siamo nell’umbilicus inferni, dove, con immagini fosche e allarmanti, greve aleggia un senso di morte e di dannazione. La “mon­tagna sacra”, luogo del mito ancestrale, dove un tempo era possibile purificarsi, incontrare un Dio liberatore, ora diviene scenario infer­nale, orrendo universo di caligine, abitato esclusivamente da Satana.

Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini