“La lunga strada di sabbia” di PPP. Una recensione

Il progetto Pronews (www.pronews.it) è un esempio di comunicazione culturale in rete, ideato e promosso da un gruppo di giovani giornalisti e blogger che vivono in posti diversi d’Italia e d’Europa. Si sono conosciuti su Internet, in un gruppo LinkedIn,  e si sono scoperti accomunati  da una stessa passione: scrivere e raccontare la realtà che ci circonda”, specie intorno ai grandi temi di innovazione, cultura e società. E’ nata così una interessante “redazione diffusa” e dal basso di cui fa parte anche Paolo Minucci che così si autodescrive: “Ho monitorato programmi televisivi, collaborato con giornali online e con una ONG per contenuti web, e lavorato nel dipartimento comunicazione di una multinazionale dell’e-commerce. Napoletano a Madrid, sono laureato in Comunicazione Multimediale e prima o poi metterò su una casa editrice. Adoro i fumetti, italiani”. A lui si deve un’acuta scheda  del reportage pasoliniano del 1959 La lunga strada di sabbia, in cui l’analisi del testo si mescola alla radiografia dell’Italia deturpata di oggi o forse ancora viva,  ma “solo sotto la superficie” e negli angoli non toccati del tutto dalle “volgarità di certo progresso”.

 di Paolo Minucci
http://read-a-blog.pronews.it – 20 febbraio 2015

pasolini la lunga strada di sabbia

Lo confesso, ho sempre amato la gigantesca portata intellettuale di Pier Paolo Pasolini. L’ho amata sin da ragazzino, quando ho provato a recepirne i riflessi sparsi in tutti i suoi libri, quando ho trascorso ore ad ascoltare i suoi interventi televisivi, a cercare di capire (e carpire) l’audacia interpretativa dei suoi capolavori cinematografici.
Mi ha accompagnato sempre, in ogni momento di crescita fisica e intellettuale, e credo di poter affermare con certezza che il punto di svolta, di passaggio dall’età dell’adolescenza a quella adulta, sia stato un libro mai finito, un affresco nero e incompleto di quello che fummo e che probabilmente siamo, il libro  Petrolio. Con questo grosso volume, la cui stesura fu interrotta dall’uccisione del poeta Pasolini, ho compreso il peso che lo scrittore avvertiva su di sé, scevro e al tempo stesso impregnato sino al midollo dalle oscenità politiche e sociali del suo (nostro) tempo. Con Petrolio ho smesso definitivamente di cercare scappatoie alle schifezze del mondo: erano lì, davanti a me e a tutti noi, ed evitarle non sarebbe stato più possibile.
Qualche settimana fa, mi sono imbattuto in un libro fotografico composto dagli appunti elaborati in articoli per la rivista “Successo”, scritti da Pasolini nel 1959, per raccontare un viaggio lungo le coste italiane. La lunga strada di sabbia (pubblicato da Contrasto nel 2005) è un reportage del poeta romagnolo nato da un percorso poi ripreso dal fotografo Philippe Séclier, che a quarant’anni di distanza ne ha ritratto i luoghi e gli scenari sociali. È un libro, degli appunti (con tanto di manoscritti originali), che non avevo mai letto e che consiglierei a tutti.
Nelle pagine di questo lungo cammino, al volante di una Fiat Millecento, c’è l’Italia del boom economico ancora incerta, sincera eppure già corrotta in molti aspetti. Nelle migliaia di chilometri percorsi ci sono i locali alla moda e senz’anima della riviera romagnola (o meglio con un’anima venduta al progresso), la miseria di alcune periferie sociali e culturali dove si rincorre ancora il tozzo di pane per sopravvivere ma, soprattutto, c’è molto incanto.
L’Italia vista da Pasolini nel 1959 è tutto un susseguirsi di emozioni, come quando superata Roma, provenendo dalla Liguria, gli si dipana davanti l’affascinante Sud.  Pasolini è un bambino alla ricerca delle sensazioni di gioia e verità già perdute sul finire degli anni cinquanta e forse mai pienamente recuperate.
In quell’Italia Taranto è ancora un città antica e meravigliosa, il suo mare cristallino e la Puglia un paradiso di persone vere. L’Ilva è solo un fantasma, i mostri dell’Italia, di cui ci scandalizzeremo solo più avanti, sono tutti presenti in nuce negli angoli visitati dallo scrittore. Eppure tutto sembra avere ancora una speranza, derivante più che altro dal passato, dai contadini, dai ragazzi dai volti spigolosi del Sud, dalla passionale innocenza dei giovani del Nord.L’Italia mi è parsa un vero unico paese, leggendo il libro, ed era molto che non la vedevo così. Diversa, diversissima da costa a costa, da settentrione a meridione, passando per le borgate romane. Un paese di cui si fa presto a sentire la mancanza non appena lo si incontra, fosse anche attraverso le pagine di un libro, e che tuttavia è la stessa terra che abbiamo lasciato scivolare nell’indecenza dell’abuso, edilizio e non solo. Nel vandalismo della corruzione ad ogni costo.
Ho avuto voglia di ripercorrerla quella Italia, quella di oggi. Il viaggio continua ad essere la miglior forma di confrontarsi con la realtà, quella di un paese vivo, ma solo sotto la superficie, laddove le volgarità di certo progresso faticano ad attecchire e dove le differenze culturali si trasformano in opportunità.
È un libro che dovrebbero leggere tutti. Un viaggio per chi ha smesso di sognare per colpa di qualche euro in più.