Per Pasolini uno spettacolo con Herlitzka: “Una giovinezza enormemente giovane”

Dopo il debutto del luglio 2013 a Mittelfest di Cividale del Friuli, dal 24 al 31 ottobre 2013 è  di scena alla Sala Bartoli del Politeama Rossetti di Trieste lo spettacolo di Gianni Borgna “Una giovinezza enormemente giovane”, ispirato ai testi di Pier Paolo Pasolini e interpretato da Roberto Herlitzka, per la regia di Antonio Calenda.
Qui di seguito la scheda di presentazione dello spettacolo e due riflessioni a firma di Giuseppina Manin e di Angela Felice, scritte per il debutto a Mittelfest.

www.ilrossetti.it – ottobre 2013

Uno spettacolo singolare, costruito attorno a un monologo presago, quasi divinatorio che da un lato rende omaggio al pensiero di Pier Paolo Pasolini, attraverso l’evocazione della sua opera letteraria e poetica, e dall’altro sancisce la grande capacità profetica dello scrittore, sul piano sociale e politico.
Il progetto che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia costruisce su Pier Paolo Pasolini, si sviluppa attorno a questo nucleo concettuale, all’idea – condivisa dall’autore Gianni Borgna e dal regista Antonio Calenda – di riflettere, attraverso le parole di Pasolini, sul mondo attuale, che egli aveva già intuito e adombrato nei suoi scritti. Ne nasce una messinscena rievocativa ma anche profondamente evocativa della capacità pasoliniana di “vedere politicamente” la società ed i suoi mutamenti.
Un “vedere politicamente” di cui l’autore del monologo Gianni Borgna è un vero testimone culturale. Egli infatti – da segretario della FIGC romana – ebbe modo di essere molto vicino a Pasolini, di conoscerlo direttamente, di sperimentare la generosità con cui si dedicava ai giovani di sinistra, nei quali ravvedeva il virgulto di una realtà allora in forte divenire. Successivamente Borgna – che ha ricoperto la carica di Assessore alla Cultura del Comune di Roma per 12 anni ed è stato anche presidente dell’Auditorium della Musica nella capitale – si è dedicato con profonda attenzione allo studio della figura e del pensiero pasoliniano, di cui è profondamente competente (basti ricordare il saggio firmato a quattro mani con Adalberto Baldoni Una lunga incomprensione. Pasolini fra destra e sinistra e l’impegno recente teso a far riaprire il caso sulla morte dell’intellettuale presso la Procura della Repubblica di Roma).
E proprio dalla morte di Pasolini – sempre rimasta oscura – Antonio Calenda trae ispirazione per l’incipit dello spettacolo: rumori, un abbaiare di cani, un corpo a terra. Un’immagine forte che segna lo spettacolo e da cui il protagonista avvia il proprio monologare. Come se Pasolini stesso fosse testimone della propria fine e in quel misterioso istante si lasciasse andare a un flusso di riflessioni sul mondo che ha lasciato e sulle sue evoluzioni di cui non potrà più essere testimone critico e acuto, pur avendole intuite: l’immagine di una Roma così diversa dalla sua, città multietnica, con l’idea che il bene più grande sia la ricchezza, che la storia e la cultura non possano essere che quelle borghesi… Temi con cui oggi quotidianamente ci confrontiamo, entriamo in conflitto e che il suo pensiero, la sua ricchezza poetica ci insegnano ancora ad attraversare con la necessaria consapevolezza.
I riferimenti a questo pensiero pasoliniano e al corpo della sua opera letteraria pervadono dunque il monologo, che Antonio Calenda ha scelto di affidare a Roberto Herlitzka, uno degli interpreti di più intenso, misterioso spessore poetico e drammatico della scena italiana. Un attore che già nell’aspetto morfologico evoca un’appartenenza al mondo pasoliniano e che con lo Stabile del Friuli Venezia Giulia ha grande affinità: è infatti uno dei professionisti di riferimento, protagonista di alcuni fra i momenti più alti dell’attività di produzione (ricordiamo almeno i premiati ruoli di protagonista in spettacoli come La Mostra di Claudio Magris e Re Lear di Shakespeare).
Una giovinezza enormemente giovane, così concepita dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia, ha debuttato in prima mondiale nell’ambito di Mittelfest 2013, sancendo – nel nome di un intellettuale che tanto significativo è stato per il Friuli – una sinergia fra due eccellenze.

dal 24 al 31 ottobre 2013
Politeama Rossetti, Sala Bartoli
Una giovinezza enormemente giovane
di Gianni Borgna
ispirato ai testi di Pier Paolo Pasolini
interprete  Roberto Herlitzka
regia Antonio Calenda
scene Paolo Giovanazzi
luci Nino Napoletano
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con Mittelfest 2013
lo spettacolo va in scena grazie al sostegno della Fondazione CRTrieste

Roberto Herlitzka
Roberto Herlitzka

Questo direbbe Pasolini di noi, oggi
di Giuseppina Manin

“Corriere della Sera” – 11 luglio 2013

Fosse vivo, cosa direbbe oggi Pasolini? Cosa scriverebbe di questi nostri tempi oscuri e confusi? A quasi 40 anni dalla morte la sua assenza è più presente e dolorosa che mai. E più che mai si vorrebbe risentirne la voce, meditarne le parole, così acute, sorprendenti, preveggenti. Fosse vivo oggi, Pasolini avrebbe 91 anni. Età impossibile per uno come lui, destinato a una feroce giovinezza. Eppure non tutto è finito in quella notte tra i santi e i morti sul lido di Ostia. Le sua scandalosa, disperata vitalità non è stata straziata con lui. E difatti «Pasolini vivo» s’intitola l’omaggio che il Mittelfest rende nei prossimi giorni al poeta, regista, intellettuale friulano. Con uno spettacolo-lettura di Andrea Collavino, Dialogo immaginario tra Pasolini e Peter Handke sulla scomparsa delle lucciole, e due anteprime teatrali.
La prima, Vivo e Coscienza, l’unico progetto concepito da Pasolini per la danza, è riportato alla luce dal coreografo Luca Veggetti e interpretato dai giovani della Scuola Paolo Grassi di Milano (in coproduzione con il Mittelfest) e la voce registrata per l’occasione dello scrittore e poeta Francesco Leonetti, amico di Pasolini. Ideato nel 1963 per la Biennale, il «balletto-cantata» doveva essere musicato da Bruno Maderna, voce recitante di Laura Betti e coreografie di Maurice Béjart, ma il progetto non andò in porto: dell’opera sono rimasti quattro fogli dattiloscritti, di straordinaria chiarezza sulle sorti del nostro Paese.
La seconda anteprima, Una giovinezza enormemente giovane, prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, regia di Antonio Calenda, protagonista Roberto Herlitzka. A firmare il testo Gianni Borgna, ex assessore alla Cultura di Roma, molto vicino a Pasolini, mai convinto della versione ufficiale sull’omicidio e che di recente ha fatto riaprire il caso alla Procura della Repubblica di Roma. «Siamo partiti da lì, da quella notte di sangue, violenza, mistero ? spiega Borgna, che ha collaborato anche alla grande mostra su PPP in questi giorni a Barcellona e poi a Parigi, Roma, Berlino . Tutto comincia con in scena un corpo steso a terra e Pasolini, che osserva da fuori se stesso massacrato». Un’anima ormai fuori dal mondo, che dal mondo però non riesce a staccare lo sguardo. «Cosa direbbe oggi? Me lo sono chiesto tante volte» prosegue Borgna. «Rileggendo i suoi scritti, le sue riflessioni civili, ho cercato delle risposte oltre il tempo. Mi sono imposto di procedere con il massimo rigore, attingendo agli Scritti Corsari, alle Lettere luterane, a Petrolio, l’ultimo, rovente, incompiuto, romanzo. Ma anche alle sue poesie. Così strazianti come Patmos, scritta nell’isola dell’Apocalisse il giorno dopo le bombe di piazza Fontana. Evocando uno a uno, in modo preciso, ciascuno di quei morti dilaniati. Un’anticipazione puntuale delle stragi di stato e di come avrebbero influenzato la politica negli anni a venire». E così, quello che allora sembrava solo la provocazione visionaria di un testimone veggente, via via si è rivelata un’analisi spietata, una denuncia controcorrente di un’Italia prossima ventura destinata a un inarrestabile degrado. «A partire da quella che lui chiamava la “trasformazione antropologica” delle nuove generazioni. Non più simpatici malandrini, ma carnefici senz’anima. E ancora, ripensando all’aspra polemica con Italo Calvino, sostenitore di un antifascismo legato a vecchi schemi, ecco che Pasolini, uomo di sinistra, ha il coraggio di guardare oltre, alla violenza diffusa sia a destra sia a sinistra, tra i giovani borgatari come tra i facoltosi borghesi. Lui ha capito prima di tutti, ha colto la nostra deriva nel momento in cui è iniziata». Naturalmente, ai testi di Pasolini, Borgna aggiunge del suo. «Considerazioni vere o verosimili. Ma sempre sulla traccia del pensiero di Pier Paolo. Intellettuale anomalo, nostro contemporaneo, paradossalmente più amato nel mondo che in Italia. Dove era e resta scomodo. Perché la sua voce ancora oggi ci provoca e ci sollecita. Continuando ad additarci lo scandalo dei nostri tempi».

Un gioiello di passione pasoliniana
di Angela Felice

“Il Gazzettino” – 20 luglio 2013

Sul palco del Ristori, spezzato dal sordo abbaiare di cani randagi, è steso un corpo, quasi uno straccio rasoterra. E’ il corpo di Pasolini, ucciso tra il 1 e il 2 novembre 1975 nello squallore notturno dell’Idroscalo di Ostia. Con questa tragica icona, tuttora insostenibile, si apre a Mittelfest lo spettacolo Una giovinezza enormemente giovane, lancinante pagina di grande teatro in cui Antonio Calenda rilegge con pudore il tormento dello scrittore di Casarsa, ne srotola il percorso da quello choc estremo, ne visualizza il possibile senso.
Poteva venirne un requiem retrospettivo, anche con retorica agiografica, e invece ne esce un folgorante gioiello di passione e ideologia, raro per pathos e confezione. La chiave sta nella grammatica del montaggio che qui, su testi dello stesso Pasolini cuciti con perizia da Gianni Borgna, impagina con occhio cinematografico parole, posizioni spaziali, parche suggestioni video e soprattutto rimescola i tempi, alternando al passato novecentesco del poeta flash del nostro immiserito presente.
Prospettive da mise en abyme che sono rese possibile dalla geniale idea del fantasma del poeta, angelo disincarnato che, da un aldilà surreale, contempla il proprio cadavere, racconta il proprio destino agonistico, ne riverifica il significato. Incarna questo spirito un sublime Roberto Herlitzka, con la mitezza disincantata di chi ha già visto, sofferto e soprattutto capito non per misticismo profetico, ma per straordinaria lucidità intellettuale. Ed ecco, nella denuncia di quel malinconico testimone postumo dal volto incavato, la mappa dell’italietta da genocidio culturale, con le sue stragi, l’assurdo di opposti estremismi, la corruzione del Palazzo, il cieco edonismo, l’estinzione della pietà, anche verso i tanti Alì dagli occhi azzurri di cui un visionario Pasolini presagì il disperato esodo per mare.
È la giovinezza il sismografo del disastro, nel suo passaggio dall’innocenza all’infelice cinismo borghese. Una giovinezza inseguita invano come mito e utopia, da cui alla fine sbucò non un Gennariello, ma un Pino la Rana, esca per un delitto di gruppo di cui, a chiusura circolare, lo spettro Pier Paolo racconta senza acredine la ferocia. Lì il capolinea di un pensiero irripetibile, marchiato dalla solitudine e dall’eccesso di amore. E, mentre infine su musica di Bach si vede la Passione del Vangelo, con l’urlo muto della Madonna-Susanna, il pubblico libera in piedi il suo prolungato applauso commosso.