“Solo l’amar conta”, messinscena di Renato Perina nel carcere di Verona

Venerdì 20 e sabato 21 gennaio 2017, alle ore 19.00, all’interno del penitenziario di Verona è andato in scena per invitati lo spettacolo  Solo l’amar conta, frutto del laboratorio teatrale in carcere condotto per il terzo anno da Renato Perina con un gruppo di quattordici detenuti, all’interno del progetto Contro ragione credere ancora – anno III.  Dopo l’attenzione alla parola di Baudelaire dell’esperienza precedente, questa volta è stata al centro del lavoro la poesia di Pasolini, di cui, già nel titolo, è richiamato il celebre incipit del poemetto Il piano della scavatrice.  Il progetto, interamente sostenuto dalla Fondazione San Zeno, si è avvalso della collaborazione di Lara Perbellini, Valentina Dal Mas e Stefano Zampini e, nella messinscena finale, ha visto la partecipazione dei detenuti-attori Matteo Tenan, Vincenzo Manduca, Daniele Scarpa, Lucio Niero, Mr. M., Simone lponti, Antonio La Rocca, Mirko Pagliarini, Vincenzo Casati, Daniel Marcel Stolnicu, Hector Jimenez Chimborazo, Mario Fazzi e Bouchib Graich. Pubblichiamo al riguardo una riflessione di Vittorio Zambaldo, che non manca di rimarcare la potenza liberatrice scatenata nei corpi dei carcerati dal pathos della  parola pasoliniana.

“Solo l’amar conta”, messinscena di Renato Perina nel carcere di Verona
di Vittorio Zambaldo

www.larena.it – 22 gennaio  2017

«Solo l’amare, solo il conoscere / conta, non l’aver amato, / non l’aver conosciuto. Dà angoscia / il vivere di un consumato / amore». Sono i versi con cui Pier Paolo Pasolini apre Il pianto della scavatrice e che fanno da guida e titolo al laboratorio teatrale che il regista Renato Perina ha condotto per il terzo anno con i detenuti della casa circondariale di Montorio.
Il saggio teatrale è il risultato del progetto Contro ragione credere ancora – anno III, avviato lo scorso maggio e che si concluderà a inizio marzo, dell’associazione culturale Bagliori, gestito in collaborazione con la direzione del carcere, l’egida del Ministero di Grazia e Giustizia, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale e il sostegno della Fondazione San Zeno.
Sono stati quattordici i detenuti coinvolti, tutti condannati a pene detentive lunghe e con differenti livelli di scolarità, affiancati nell’allestimento da Lara Perbellini, Valentina Dal Mas e Stefano Zampini: la potenza comunicativa è stata affidata esclusivamente alla parola e alla corporeità.

"Solo l'amor conta" nel carcere di Verona
“Solo l’amor conta” nel carcere di Verona

«Lavorare su Pasolini poeta, sulle sensazioni e le immagini suscitate dalla sua poesia è stato un azzardo», ammette Perina, «ma devo dire che non cambierei questi attori con nessun altro professionista, che al loro confronto trovo inespressivo: hanno una potenza straordinaria e gli stessi stranieri del gruppo hanno dato alle parole di Pasolini potenza e sorpresa».
Non c’era una trama, non c’era un racconto con un capo e una fine se non il filo rosso della critica che lo scrittore e regista, ucciso quarant’anni fa, ha sempre attribuito al mondo consumistico, espresso nel conflitto con il sacro, la corporeità, la sessualità, le classi sociali, «ma tutto in una dimensione onirica che si ottiene lavorando sulle parole, sul corpo e sul movimento», conclude Perina, autore del volume Per una pedagogia del teatro sociale (Franco Angeli editore) e che si divide tra insegnamento e teatro con predilezione per l’ambito del disagio.
«Ne sono uscita con le lacrime», racconta Margherita Forestan, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, «colpita dalla capacità del regista e degli attori di riuscire a tirar fuori il meglio da persone che scontano pene pesanti e che hanno ancora in corpo una carica di rabbia forte verso chi le ha denunciate e condannate. Perina ha centrato l’obiettivo costituzionale del senso riabilitativo della detenzione: gli attori non recitavano, lo si vedeva bene, ma partecipavano con una carica tale da togliere il fiato. Ho ritrovato il Pasolini che amo, ma ho ritrovato persone diverse e li incontrerò uno per uno per ringraziarli. Questa testimonianza di recupero non resti confinata fra le mura di Montorio: tutta la città deve vedere, sentire ed emozionarsi».