“Pasolini a Villa Ada”, un racconto del poeta Giorgio Manacorda, di Patrizio J. Macci

di Patrizio J. Macci

www.affaritaliani.it – 3 luglio 2014

Il protagonista/autore corre tranquillamente in un parco romano, ma viene chiamato al telefono da un altro scrittore, Renzo Paris, il quale gli comunica che è uscito sulla prima pagina di “Repubblica” una lettera inedita di P.P.P. Lettera da cui si capisce che loro due (Manacorda e Pasolini) erano amici. Inizia così un dialogo esasperante, ma anche comico, in cui Paris tenta di estorcere al vecchio amico ricordi e confessioni relative al suo rapporto con il grande poeta friulano. Alla fine – dopo un tormentato percorso di emancipazione dalla paterna figura del maestro – verrà fuori un inedito ritratto di Pasolini.
E’ questa la trama del racconto Pasolini a Villa Ada (ed. Voland, febbraio 2014) in cui il poeta e germanista Giorgio Manacorda rievoca con delicatezza l’amicizia che negli anni Sessanta lo legò a Pasolini, in un dialogo da maestro ad allievo e da poeta a poeta.

La copertina di "Pasolini a Villa Ada" di Giorgio Manacorda
La copertina di “Pasolini a Villa Ada” di Giorgio Manacorda

Sul libro, una scheda di Patrizio J. Macci.

Un cortocircuito, una molestia scherzosa che viaggia sui virtuali fili del telefono cellulare e che riesce a raggiungere Giorgio Manacorda a Villa Ada alle sette del mattino, mentre corre per mantenersi in forma in una mattina romana fino a quel momento esente da eventi inaspettati. L’aver dimenticato di spegnere il telefono si rivela un errore fatale e un dono inaspettato per il lettore.
È il libretto Pasolini a Villa Ada, pubblicato da Voland editore e scritto da Giorgio Manacorda, a narrare gli eventi che si scatenano in seguito.

L’autore della telefonata è Renzo Paris, il pretesto per la tentata intervista-molestia in formato gsm è un articolo uscito sulle pagine di un quotidiano circa una lettera dove viene ricordato l’incontro del “corridore” con Pier Paolo Pasolini nel 1963, quando  Manacorda aveva poco più di vent’anni. In quel momento Pasolini ha da poco superato i “quaranta” ma è già un gigante, un monumento in vita nel panorama degli intellettuali italiani. Ha scritto il romanzo Ragazzi di vita e i versi de Le ceneri di Gramsci, per il cinema ha firmato e diretto Accattone e Mamma Roma. Ignora di avere davanti solamente poco più di dieci anni di vita, ricostruita post mortem come meglio non si potrebbe da Walter Siti: l’opera omnia dei suoi scritti raggiungerà la cifra di oltre diecimila pagine.
Manacorda è un giovane poeta esordiente, che nei primi Anni Sessanta, come Dario Bellezza e altri nomi destinati a restare sulla pagina delle antologie, si reca in pellegrinaggio nella casa dell’Eur di Pasolini a Via Eufrate alla ricerca di una critica che lo possa illuminare sul proprio destino di poeta. Manacorda ricorda durante la telefonata come abbia sempre opposto un netto rifiuto alla possibilità di scrivere un volume con il suo Pasolini scolpito a uso e consumo dei media, ma si è battuto per conservare il ricordo dell’amicizia con il maestro come una gemma preziosa all’interno dello scrigno dei ricordi più amati. Manacorda ne avrebbe parecchi di eventi da raccontare, che sbozzano alla perfezione luoghi e persone vicine al poeta friulano in quegli anni romani dolci ma crudeli. Uno fra tutti l’intervento propiziatorio nella scelta del Cristo de Il Vangelo Secondo Matteo, il giovane e poco conosciuto Enrique Irazoqui.
Il battibecco telefonico ne resuscita alcuni gustosissimi che non racconteremo con dovizia di particolari.
Il racconto scivola nella nostalgia della mancanza, Pasolini a Sabaudia oppure a Chia nella campagna del viterbese fotografato davanti alla grande vetrata nella torre dello studio dove avrebbe voluto essere sepolto, come un faraone. Affiora il sentimento della mancanza, di qualcosa che è passato e, proprio perché interrotto da una fine misteriosa e violenta, è confinato alle parole e alla loro forza.
Chiudono il volume le poesie che l’autore scrisse per Pasolini nel 1963. Al lettore curioso rimane la ricerca della lettera che ha innescato la nascita del libro, sapientemente nascosta nella narrazione e mai esibita integralmente. Pasolini ci ha lasciato ancora qualcosa da scoprire.

[info_box title=”Giorgio Manacorda” image=”” animate=””]Figlio di Gastone, grande studioso di storia, Manacorda, romano, germanista e docente di letteratura tedesca all’Università della Tuscia (Viterbo), intrattenne un importante rapporto personale con Pier Paolo Pasolini che presentò le sue opere su “Paragone”, scoprendolo come poeta. Lo stesso Pier Paolo Pasolini descrive in una lettera a Nenni il rapporto con Manacorda, fondamentale anche per la lavorazione de Il Vangelo secondo Matteo. Finalista Premio Strega 2012 con Il corridoio di legno edito dalla Voland, ha al suo attivo un nutrito corpus di libri, tra saggi critici, traduzioni, opere di narrativa e di poesia. Come giornalista ha collaborato con “La Stampa”, “la Repubblica” e altri quotidiani e settimanali. Ha condotto alcuni programmi radiofonici di Radio Rai, come Il Paginone, Note azzurre, Lampi. Dal 2012 è presidente dell’Istituto Italiano di Studi Germanici.[/info_box]

*Foto in copertina: © Vittorio La Verde