La musica di Ennio Morricone e il cinema di PPP

L’“Huffingtonpost.it” ha ripreso da “Repubblica” un’intervista al compositore Ennio Morricone, che nella sua lunga e strabiliante carriera ha collaborato con i  grandi maestri del cinema italiano del Novecento. Tra questi anche Pasolini, per il quale Morricone ha scritto le musiche per vari film, da Uccellacci e uccellini a Salò.   Per l’etichetta GDM quelle partiture sono state pubblicate nel 2004 nel CD Le musiche di Ennio Morricone per il cinema di Pier Paolo Pasolini.
Da ricordare che oggi, a 87 anni,  dopo pochi giorni dalla vittoria del Golden Globe, Ennio Morricone ha conquistato  la sua sesta nomination agli Oscar per la musica del film di Quentin Tarantino The Hateful Eight.  Una collaborazione con il compositore, corteggiato da Tarantino per anni, che sta macinando un riconoscimento dietro l’altro.
Morricone è già stato insignito di un Oscar onorario alla carriera nel 2007
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Ennio Morricone: «Pier Paolo Pasolini mi diede una lista di brani da inserire e gli dissi:
è venuto dalla persona sbagliata!»

www.huffingtonpost.it – 14 febbraio 2016

Ha composto le musiche per film di Pier Paolo Pasolini, Sergio Leone, Dario Argento (solo per citarne alcuni) e ora è candidato all’Oscar per il suo primo film con Quentin Tarantino The Hateful Eight. Ennio Morricone ha raccontato in un’intervista al quotidiano “la Repubblica” il suo rapporto con il cinema e con i registi.
Parla, ad esempio, del confronto con Pasolini:
«Arrivò da me per Uccellacci e uccellini, il film con Totò. Mi diede una lista di brani da inserire e io gli dissi: mi diverto ancora a scrivere la mia musica, è venuto dalla persona sbagliata! Poi mi lasciò libero di comporre. Abbiamo fatto insieme cinque film. Però voleva che ci mettessi, per questioni scaramantiche, una musica persistente. In Uccellacci e uccellini fu il tema di un’opera di Mozart, e lo inclusi eseguito da un’ocarina. Gli bastava che ci fosse. In Teorema, sempre per superstizione, volle il Requiem mozartiano e io ne misi una citazione nascosta nelle dissonanze».
Poi parla degli altri registi con cui si è trovato a lavorare.

Come procede di volta in volta con i registi?
La musica dev’essere autonoma e acquisire importanza di per sé, senza confondersi con il resto. D’altra parte l’orecchio umano, per sua natura, non può ascoltare due segnali diversi, cioè il dialogo e la musica, oppure la musica e i rumori. Ho cercato sempre di comunicare ai registi questa mia convinzione. Di solito lavoro sull’idea narrativa e poi scrivo, e al regista spiego quella che sarà la strumentazione, per quanto mi è possibile. Ma tutto dipende dal mio rapporto con lui. Con Tornatore, per esempio, ho fatto dodici film, e dunque con lui c’è una particolare intesa e so già cosa vuole. Così come lo sapevo con Montaldo e Bolognini. Se hai familiarità con uno stile cinematografico, la sintonia scatta dall’inizio, mentre il primo film con un regista di solito è complicato.

Ennio Morricone
Ennio Morricone

Come infatti complicato è stato l’approccio con Tarantino: la difficoltà è stata nel fatto che non si conoscevano e che non parlava l’inglese, ha raccontato a “la Repubblica”. Continua poi:

Di solito i registi le impongono indicazioni precise? 
Sono più tranquillo se il regista mi lascia fare ed evita di darmi consigli. Mi è anche capitato di registrare tutta la musica prima delle riprese: lo feci per C’era una volta in America. Volevo che Sergio Leone s’innamorasse subito della colonna sonora, e lui la usò sul set, mentre girava. A volte invece è il regista a scegliere tra cose diverse. […]

Infine svela al quotidiano com’era lavorare con Sergio Leone:
«Avevamo fatto le elementari insieme. La prima volta che entrò a casa mia, chiedendomi la colonna sonora di Per un pugno di dollari, glielo ricordai ma non ci credeva. Allora gli mostrai la foto della terza elementare. Nacque subito un feeling. Tendevo a fargli sentire una monodia con accompagnamento, armonie essenziali. Di solito ci intendevamo, però poteva essere insicuro. Ascoltava i temi al pianoforte e poi, dopo una settimana, tornava con la moglie o altri familiari per risentirli. Voleva anche i temi scartati dai registi con cui avevo lavorato. Non hanno capito niente, diceva, li prendo io».