Consensi per il “Calderón” di PPP, regia di Francesco Saponaro

Sta riscuotendo consensi lo spettacolo con cui il regista Francesco Saponaro affronta la tragedia pasoliniana Calderón, labirintica metafora teatrale, sospesa tra sogno e veglia, sull’assolutezza del potere borghese. Una sfida complessa per gli allestitori, tra i quali, dopo Luca Ronconi nel 1978 o Giorgio Pressburger nel 1980, si colloca ora con efficacia Saponaro, che punta le sue carte anche sul pastiche linguistico. Qui di seguito una lusinghiera recensione di Enrico Groppali, in occasione delle repliche (fino al 21 febbraio 2016) allo Studio Melato del  Piccolo di Milano. (af)

“Calderón”, il testamento poetico di Pasolini
di Enrico Groppali

www.ilgiornale.it – 14 febbraio 2016

Anni fa Ronconi approfittò di questa curiosa pièce firmata da Pasolini per farne un trattato di illuminotecnica. Adesso un regista di talento come Francesco Saponaro rimette in scena Calderón. Un testo in cui l’autore, notoriamente ostile al teatro, si identificava nello svago principale dell’odiata borghesia. Anzi adeguava l’invettiva degli Scritti corsari al calco della Vita è sogno, il capolavoro del grande poeta spagnolo.
Con una protagonista, Rosaura (l’eccellente Maria Laila Fernandez), la quale, smarrita la propria identità, cade in una serie di sogni regressivi. Nel primo s’innamora del rivoluzionario Sigismondo (Andrea Renzi) prima di scoprire in lui il suo vero padre. Nel secondo diventa una misera prostituta, che accoglie nel suo grembo l’adolescente Pablito prima che la duplice figura dello psicologo e del prete (l’ispirato Francesco Maria Cordella) le riveli di averlo a suo tempo partorito. Mentre nell’ultimo spasimo la donna, ritrovata la ragione, sogna l’impossibile unione fra operai e intellettuali che sono il fulcro dell’ossessione pasoliniana.
Ne è nato uno spettacolo composito dove l’italiano, nell’ibrida mescolanza col castigliano e il napoletano, diventa una tristissima metafora della divisione linguistica e morale dell’Europa. Coacervo di un oggi che non riesce a fiorire nella felicità di un’unione. Cui presiede un filmato, di rara felicità espressiva, dove una splendida Anna Bonaiuto rivela tutte le ambiguità e i sotterfugi del franchismo.
Viva partecipazione e grande successo di pubblico.

"Calderòn" di Pasolini nella versione di Ronconi a Prato (1978)
“Calderòn” di Pasolini nella versione di Luca Ronconi a Prato (1978)