“Calderón” di PPP a Firenze con il Teatro ‘O

Dalla prima metà del 1966 Pasolini  iniziò a progettare, delineare e scrivere alcuni copioni teatrali concepiti nella forma controcorrente di  tragedie in versi. Fu un punto di convergenza e di arrivo per Pasolini che vi coagulò un lungo e trasversale  interesse per la teatralità, come pratica sia drammaturgica che scenica  iniziata fin dagli anni friulani e allora particolarmente feconda e attiva. Nella ripresa degli anni Sessanta agirono  tuttavia anche nuove istanze, legate soprattutto alle aspettative, alla sperimentazione  e al dibattito teorico di cui la comunicazione teatrale era in quegli anni particolarmente investita. Anche nella volontà di “lasciare il segno” in quel vivace fermento intellettuale, come dice Stefano Casi (I teatri di Pasolini, Ubulibri 2005, p. 142), Pasolini concepì in ordine di tempo nel 1966  Orgia e Pilade,  e poi nel 1967 Affabulazione e Bestia da stile, a cui in autunno fecero seguito Porcile e Calderón. Tuttavia fu solo dopo la morte del loro autore che questi testi cominciarono a conoscere una chiara divulgazione, anche se alcuni di essi erano già stati pubblicati, come è il caso di Pilade e Affabulazione editi su rivista o di Calderón  in volume nel 1973). Il discorso vale anche per la fortuna scenica che infatti iniziò con maggiore evidenza dalla fine degli anni Settanta.
Inizia dunque da allora la storia dell’allestimento di una delle tragedie pasoliniane più frequentate, ossia  
Calderón, che ha attirato grandi registi anche in virtù dell’interrogazione sull’uso dello spazio e sulle  potenzialità della visione labirintica, centrale in un  testo che rinvia al gioco dei punti di vista de Las Meninas di Velasquez e alla frantumazione tra personaggi e epoche diverse. Autorevole fu nel 1977, per il Laboratorio del Teatro Metastasio di Prato, la messinscena di Luca Ronconi, cui fecero seguito  nel 1980 quella di Giorgio Pressburger, improntata allo stile naturalistico e all’approccio politico-culturale, e ancora nel 1989 di Rino Sudano e di Aldo Rostagno, di Mirko Artuso nel 1995, di Antonio Sixsty nel 2002  e di Roberta Nicolai nel 2009.
Buona ultima  viene ora la scuola di teatro “’Officina/Compagnia  Teatro ‘O” che, per la regia di Paolo Papini, si cimenterà a Firenze il 23  gennaio con Calderón, straordinario testo che investiga la relazione tra sogno e risveglio, tra la trasgressione e la sua impossibilità. Dal sito della compagnia riprendiamo qui di seguito la presentazione del lavoro.

www.officinateatroo.wordpress.com

A Firenze, venerdì 23 gennaio, alle ore 21.00, al Teatro delle Spiagge di Firenze, e domenica 25, alle 16.30, al Teatro l’Affratellamento,  la Compagnia “Teatro O” porta in scena Calderón,  dramma in cui l’autore Pier Paolo Pasolini mostra una visione preveggente della società e dell’uomo che pochi scrittori sono stati capaci di elaborare.
Calderón è una cupa, scabra parodia sull’impossibilità di evadere dall’universo costrittivo della propria condizione sociale. È una rappresentazione del potere che trasformandosi ritorna ad essere se stesso. È, soprattutto, una fotografia della condizione umana vincolata ai meccanismi sociali e psicologici della nostra esistenza.
Tre sogni (o realtà?) successivi, tre ambienti: aristocratico, proletario, borghese.
Una ragazza, una donna, una madre, Rosaura appunto, tenta ogni volta sognando di sottrarsi al codice oppressivo secondo cui è costretta a vivere.
L’amore impossibile, l’amore “diverso”, l’amore corporeo è l’unico possibile vettore di fuga.
Nel primo sogno Rosaura si innamora di un ex amante della madre. Nel secondo, nei panni di una prostituta, è gonfia di passione per un giovinetto di famiglia ricca. Nel terzo è una moglie rassegnata che, dopo non aver voluto accettare per un certo periodo la vita rigida contenuta tra le istituzioni, non sogna ormai più, ma cade periodicamente in preda a uno stato di delirio da malata, innamorandosi senza speranza di un ribelle che verrà arrestato.
Il potere, impersonato dalla figura di Basilio, è sempre presente in scena anche se agisce il meno possibile: lo stretto necessario affinché il dramma si compia e la trasformazione della società avvenga senza che nulla cambi.

"Calderon"  del Teatro 'O. Locandina
“Calderon” del Teatro ‘O. Locandina

Calderón
dramma in tre atti di Pier Paolo Pasolini
ideazione e regia di Paolo Papini
musiche di Marco Fontana
con Manuela Acquisti, Alice Capozza, Francesco Cappelli, Federica Fani, Francesca Giuliani, Paolo Papini, Alissa Zavanella
chitarra e voce Marco Fontana
violoncello Elettra Gallini

in collaborazione con Bubba di Puck.