A Verona, fino al 18 settembre 2016,  una mostra su Maria Callas

A Verona, al Museo AMO (Arena Museo Opera )  di Palazzo Forti in via  Massalongo  7,  è in corso una splendida mostra dedicata a Maria Callas, che, dopo l’apertura dell’11 marzo, chiuderà i battenti il 18 settembre 2016. L’occasione spinge Mario Dal Bello a scrivere un appassionato  ritratto della Callas, donna di forti passioni e interprete “divina” di eroine tragiche, come in fondo  fu lei stessa, che intrecciò la sua vita anche con Pasolini, in un sodalizio d’arte e, insieme,  di intensa sintonia affettiva.
L’articolo è uscito nel numero 41 / luglio 2016 del mensile  online “Diari di Cineclub” (p.40), diretto da Angelo Tantaro.

Maria Callas tra cinema e teatro
di Mario Dal Bello

www.cineclubromafedic.it  – luglio 2016

La mostra  "Maria Callas. Exhibition" a Verona (2016)
La mostra “Maria Callas. The Exhibition” a Verona (2016)

Maria Callas non è mai morta. Ufficialmente, certo, è scomparsa nel 1977 e le sue ceneri sono state sparse nell’Egeo. Ma il suo mito, la sua ruggente personalità, il fascino di una voce dal timbro unico sono rimasti e continuano a vivere. A Verona, al Museo AMO (Arena Museo Opera), si è aperta forse la migliore mostra dedicata a lei negli ultimi anni, a 69 anni dal suo debutto in Gioconda all’Arena. Foto, oggetti, lettere, abiti di scena e personali, filmati, tutto è esposto e consente di rivivere o meglio di conversare con una donna tragica: dolce e fiera, fragile e forte; una tigre sul palco, una indifesa nella vita. La mondanità l’ha vista celebrare la vita nel jet set internazionale, la lunga relazione con Onassis, la solitudine conclusiva, la faticosa e inutile ripresa nel 1975 del canto con tournèe trionfali più per quello che era stata che per quello che ormai era diventata la sua voce. E poi il film con Pasolini, l’amicizia con un intellettuale grande che lei invano ha cercato di far suo.
Cosa rimane della sua arte? Le incisioni, molte e con un repertorio vastissimo, su cui trionfavano le eroine tragiche: Norma, Lady Macbeth, Anna Bolena, Medea. Ma anche Violetta e Amina. Non però Puccini, musicista estraneo alle sue corde, e nemmeno Mozart. Maria era un animale da palcoscenico. Non esagerava nella gestualità, i gesti erano l’espressione della sua anima completamente inabissata nel personaggio che “creava” nello stesso istante in cui gli ridava vita sul palco, unendo corpo e voce in una performance fascinosa e unica. Maria ridava vita a chi interpretava, con passione feroce: capace di furori da tragedia greca, di dolcezze sentimentali, e anche di guizzi comici inattesi, come successe interpretando la Rosina del Barbiere rossiniano.
Il teatro musicale, cioè l’opera lirica, Maria ce l’aveva nel sangue. Di qui la cura della parola; la sua arte emerge nei recitativi, dove ogni sillaba è scandita con un tono musicale rivelatore che ha dello straordinario: la Callas aveva capito la funzione sonora del verbo, la musicalità insita in esso, e per questo rivelò al pubblico, dopo decenni, la musica di Verdi, di Donizetti e di Bellini, in particolare, fondata sul suono del verso. Nessuno dopo di lei è riuscito a dar vita alla parola in modo tanto pregnante, unendola ad una voce che cambiava colore a seconda del significato espressivo della frase. Grande fraseggiatrice forse più che grande cantante di arie o cabalette? Un esempio per tutti: si ascolti, anche su Google, la preghiera finale dall’Anna Bolena: anche senza vederla, la Callas porta alla nostra immagine la dolorosissima melodia donizettiana con un precisione e una fedeltà non solo alle note ma all’anima, commovente.

Pasolini e Maria Callas sul set di "Medea" (1969). Foto di Mimmo Cattarinich
Pasolini e Maria Callas sul set di “Medea” (1969). Foto di Mimmo Cattarinich

In effetti, il teatro della Callas è teatro dell’anima, la sua voce esprime il sentimento in modo pieno. Quando poi Pasolini l’ha voluta in Medea, l’unico film girato nel 1969, la cantante si è rivelata attrice statuaria, appesantita dai costumi, ma dallo sguardo magnetico. Parla con i grandi occhi neri, il volto segnato da una amarezza tragica, l’andamento di una divinità misteriosa. Manca solo la sua voce metallica, l’acuto stridente che impersona la disperazione. Manca molto, a dire il vero. La Callas tuttavia pare che in questo film concentri o meglio riassuma tutte le forme espressive della sua arte mimetica: ogni sentimento – quello espresso sul palco dei teatri mondiali innumerevoli volte nella sua pur breve carriera, dal 1946 al 1957, gli anni d’oro – viene assunta e si direbbe trasumanata in una maschera facciale trapassata dalle sfumature più varie. Si attende solo che arrivi la voce, e allora, non udendola, si va con la memoria alla celebre incisione discografica che riporta a noi il suo fuoco interpretativo.
Attrice del corpo – misurato – e della voce- intensissima -, la Callas è donna di grandi passioni. La mostra veronese le rende ragione e continua a mantenere in vita la donna travagliata e l’artista immensa che ha segnato un’epoca e creato uno stile tale che dopo, nulla è stato più come prima, né potrà esserlo.

[idea]Info[/idea]AMO-Arena Museo Opera
via Abramo Massalongo
tel. 045 8030461
www.arenamuseopera.it

apertura
lunedì dalle 14.30 alle 19.30 / da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30

Dopo la chiusura del 18 settembre 2016, la mostra proseguirà in tour in varie capitali europee.