Connessioni tra la tragica fine di Paolo e Francesca e quella di Diana e Dodi Al Fayed. Tra l’ultimo viaggio di Ulisse e la morte di Pier Paolo Pasolini. Tra il crollo delle Torri Gemelle e il fuoco della città di Dite. Ponti audaci lanciati tra il Trecento della Divina Commedia e la modernità. Si regge su questo vertiginoso strabismo temporale Inferno Novecento, lo spettacolo che in questi mesi è sulle scene italiane, protagonisti due maestri del teatro contemporaneo come Sandro Lombardi e David Riondino, diretti da Federico Tiezzi. Si tratta di una sorta di “ritorno al futuro” tra i canti danteschi, dopo il successo riscosso nel 2002 dal primo Inferno, sempre diretto da Tiezzi. Questa volta il poema viene raggiunto attraverso uno sguardo retrospettivo che poi lo trasporta fino al secolo appena trascorso, alternando l’interpretazione dei canti, popolati dai “dannati” più emblematici, alla lettura di brani giornalistici su personaggi che hanno segnato il Novecento, tramite un audace parallelismo frutto di un’idea del giovane drammaturgo Fabrizio Sinisi.
Dove, in apparenza, sembrerebbe assurdo pensare a un qualsivoglia tipo di relazione, la pièce messa in scena dalla compagnia Lombardi-Tiezzi svela le connessioni potenziali tra finzione narrativa e storia. L’eterno Dante, insomma, come lente d’ingrandimento anche dei nostri giorni. Anche perché – hanno dichiarato gli autori in un’intervista rilasciata a Daniele Montanari (http://gazzettadimodena.gelocal.it del 4 febbraio 2016) – pare proprio che il divino poema « sia emblema di situazioni che si ripetono nella storia». Da lì « l’idea di affiancare a Paolo e Francesca Diana e Dodi, di giustapporre la fine di Ulisse alla descrizione della morte di Pasolini, l’incontro con Brunetto Latini alle parole con cui Lou Reed, intervistato da Fernanda Pivano, racconta Andy Warhol, e così via, in un parallelismo continuo». Ma «attraverso l’emozione e il potere evocativo della parola il salto è possibile ».
