A Parigi una grande mostra sul mito Maria Callas, divina anche per Pasolini

Tra libri, mostre, film, non si contano gli omaggi a Maria Callas a  quarant’anni dalla morte, avvenuta a Parigi il 16 settembre 1977.  Tra gli avvenimenti più degni di rilievo si segnala l’esposizione Maria by Callas inaugurata il 16 settembre 2017 alla  Seine Musicale, nuovo spazio parigino della musica, nel quale rimarrà fino al 14 dicembre. Ottocento metri quadrati per raccontare la cantante più sublime e appassionata del Novecento attraverso le sue stesse parole: «Bisogna saper dire di no». Tra la ricchissima documentazione di una carriera e di una vita d’artista leggendaria,  tutt’oggi insuperata,  non manca anche il richiamo al personaggio di Medea, che la Callas  interpretò per l’amico Pasolini nel 1969 in quella che fu la sua unica interpretazione per il cinema.
Sulla mostra parigina e sulla grandezza della Callas, soprano assoluto, si sofferma Laura Putti, autrice di un bell’articolo uscito su “Repubblica” del 16 settembre 2017.

Maria secondo Callas, una mostra per il soprano assoluto
di Laura Putti

www.repubblica.it – 16 settembre 2017

Maria Callas si racconta. È lì. La vedi con le sue pettinature esagerate, con i suoi abiti eleganti, sempre perfetti per la sua epoca, gli occhiali scuri. Negli anni ‘50 o nei ‘70 ripete sempre la stessa cosa: «Bisogna sapere dire di no. Io non ho mai fatto concessioni, per questo hanno sempre detto che ho un cattivo carattere». È stata la cantante più sublime del secolo scorso. Voce come nessuna, quasi tre ottave. Presenza imponente, sulla scena come nella vita. La follia della sua Lucia era assoluta, così come la libertà della sua Carmen. Con Violetta, Mimì o Cio-Cio-San moriva per davvero ogni sera. E ora la vedi parlare di sé, molto, con veemenza, ma allo stesso tempo con pudore; del suo lavoro in maniera tecnica, ma anche umanissima.

Maria Callas in "Medea" di Pasolini (1969)
Maria Callas in “Medea” di Pasolini (1969)

A quaranta anni esatti dalla morte, Maria Callas si affaccia da decine di schermi disseminati lungo ottocento metri quadrati, e sembra che quelle interviste siano state fatte ieri. Non a caso il titolo della mostra è Maria by Callas. Si apre oggi, prima grande esposizione nella Seine Musicale, nuovo spazio parigino della musica, nel quale rimarrà fino al 14 dicembre. Curatore è il giovanissimo Tom Volf – «sua umile ancella» si definisce – autore anche di una ponderosa biografia e di un film documentario che presto vedremo anche in Italia. Così, oltre che a concerti e spettacoli musicali, l’edificio che pare un’astronave atterrata su un’isola in mezzo alla Senna (l’Ile Seguin, a Boulogne-Billancourt), ospita il mito del “soprano assoluto”, della divina del belcanto, della diva che per decenni riempì i giornali – soprattutto quelli di gossip – di tutto il mondo.
La mostra racconta che il 2 dicembre del 1923 a New York – dove da tre soli mesi i suoi genitori erano emigrati dalla Grecia – la Callas non nacque diva. Maria Anna Sophia Cecilia Kalogeropoulos era una ragazzina grassa e impacciata quando a 9 anni sua madre le impose di imparare a cantare. Tornata ad Atene a 13 anni studiò al conservatorio con Elvira de Hidalgo che ne comprese l’impressionante estensione vocale e l’ambizione, e le rimase amica per tutta la vita. Nel ’47 canta in La gioconda di Ponchielli, diretta da Tullio Serafin, all’Arena di Verona. Non è il suo debutto – aveva già cantato in Grecia – ma è la consacrazione, l’inizio del suo mito. Nello stesso anno incontra l’industriale veneto Giovanni Battista Meneghini, 28 anni più di lei, che sposerà nel ’49 e con il quale resterà fino al ’59, quando si innamorerà di Aristotele Onassis. Nove anni dopo, appreso dalla televisione che Onassis avrebbe sposato Jacqueline Kennedy, Maria Callas inizia a sprofondare lentamente verso la depressione e la solitudine. Morirà il 16 settembre 1977 nella sua casa di Parigi per arresto cardiaco, definizione universale per una morte ancora poco chiara.
Maria by Callas 
ripercorre le tappe professionali e umane in egual misura. Gli anni di Meneghini furono i più importanti per la sua carriera, gli anni della Scala (ma anche della Fenice, dell’Opera di Roma…), quelli in cui divenne il “soprano assoluto”, “la” Callas, e quindi la meravigliosa Elvira dei Puritani di Bellini, la Lucia di Donizetti, la Traviata di Verdi, l’Armida di Rossini, l’Anna Bolena sempre di Donizetti, la Vestale di Spontini, la Sonnambula sempre di Bellini e la indimenticabile Medea di Ponchielli. L’ambizioso e generoso Meneghini fu il suo mentore, l’impresario, il marito, l’amico. Accanto a lui si trasformerà in donna elegante e bellissima quando nel ’54 perderà quaranta chili e la sua voce inizierà a soffrire. Meneghini le spianerà la strada, amerà quella donna difficile come mai nessuno prima e neanche dopo. In un video americano del 1958 si vede la Callas, vestita di velluto rosso con infiniti fili di perle al collo, nella suite del Waldorf Astoria nella quale viveva quando era a New York. Mostra un piccolo quadro: è una Madonna con Bambino di Giambettino Cignaroli, veronese del ‘700, che Meneghini le regalò quando la conobbe nel ’47. «Mi accompagna dappertutto» dice il soprano. «Guai se non l’ho in camerino».  E il quadretto è adesso lì davanti ai nostri occhi. Ma in quello stesso anno, il ’58, all’Opera di Roma davanti all’allora presidente Gronchi, Maria Callas sparì dopo il primo atto di una Norma. Le mancò la voce. La fama di diva imprevedibile e capricciosa non la lasciò più.  

Maria Callas e Pasolini al tempo di "Medea" (1969)
Maria Callas e Pasolini al tempo di “Medea” (1969)

 Su un grande schermo passano le immagini amatoriali e rubate di una Norma interpretata a Trieste nel 1953. È in assoluto il primo film in cui si veda cantare la Callas. In una teca c’è il costume di un’altra Norma e, accanto, le immagini del  soprano con quello stesso abito nelle ultime rappresentazioni dell’opera di Bellini a Parigi nel ’63. Poi con Visconti che la diresse in cinque opere, con Pasolini con il quale nel ’69, dopo l’abbandono di Onassis, girò Medea, suo unico film. In una grande sala passano immagini di opere e recital a 360 gradi; in un’altra ci sono gli ultimi concerti degli anni ‘70 accanto al tenore Giuseppe Di Stefano, il compagno di allora. C’è la ricostruzione del suo salone parigino nella avenue Georges Mandel con due video che ipnotizzano: un’intervista a Luchino Visconti, una delle sue ultime, in cui parla solo di lei, e l’ultima della Callas in assoluto, in italiano, seduta nello stesso salone. Onassis era morto nel ’75, Visconti nel ’76. Lei se ne sarebbe andata l’anno dopo. Ma già da tempo aveva iniziato a morire.